Un'opera emblematica nel vasto panorama della produzione narrativa dell'India. Due le ragioni per cui questo libro va letto:l'autrice e il messaggio etico. Kamala Markandaya è una scrittrice di inaudita modernità nonostante l'epoca (era nata nel 1924) e la sua condizione di donna del sud dell'India. Certamente l'appartenere ad una famiglia bramina le consentì piena emancipazione, una formazione universitaria a Madras e la carriera a Londra. Ma Kamala non racconta dell'Europa, nè dei valori religiosi o dei ritmi cadenzati e tranquilli della casta dei bramini. Il suo sguardo invece si posa sui milioni di poveri, sui contadini in lotta costante contro la fame, le calamità, le malattie.
La figura centrale del romanzo è Rukumani che ha lasciato la sua famiglia di nobili origini per un matrimonio d'amore con un misero lavoratore. Rukumani lotta incessantemente contro le avversità, incapace di rinunciare a sperare, fermamente decisa a non lasciarsi travolgere dalla disperazione o dal vittimismo. I versi di Coleridge in epigrafe, "Lavoro senza speranza versa nettare in un setaccio. Nè vive la speranza senza uno scopo", riassumono il concetto e sciolgono il nodo del titolo.
E' un libro in grado di lasciare una traccia indelebile in noi occidentali abituati al superfluo, senza scorie di retorica o facili sentimentalismi. L'amore che ci rende forti e che ci porta a combattere è un tema validissimo se raccontato in India, attualissimo se pensiamo per un attimo a quanta speranza portino con sè i disperati del nostro tempo, voglia di riscattarsi e di ricominciare mille volte, spesso questa speranza è l'unico bagaglio dei migranti in fuga attraverso il nostro mare. ( )