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Il castello di Otranto di Horace Walpole
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Il castello di Otranto (originale 1764; edizione 1969)

di Horace Walpole

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3,6831253,408 (3.11)2 / 479
Il castello di Otranto considerato il primo romanzo gotico ed ambientato nella citt© salentina di Otranto, nell'Italia meridionale, ©· l'opera che diede l'avvio al genere letterario poi diffusosi tra il tardo '700 e l'inizio del '900. Manfred, signore di Otranto, nipote dell'usurpatore del regno che ha avvelenato Alfonso, il legittimo sovrano, vive sotto l'incubo di una profezia, secondo la quale la stirpe dell'usurpatore continuer© a regnare finch©♭ il legittimo sovrano non sia divenuto troppo grosso per abitare il castello e finch©♭ discendenti maschi dell'usurpatore lo occupino. Proprio quando la profezia sembra avverarsi, Manfredo, terrorizzato, confessa le fasi dell'usurpazione ritirandosi in un monastero.… (altro)
Utente:ShanaPat
Titolo:Il castello di Otranto
Autori:Horace Walpole
Info:l'Unità / Theoria (1969), Paperback, 142 pages
Collezioni:La tua biblioteca
Voto:
Etichette:Nessuno

Informazioni sull'opera

Il castello di Otranto di Horace Walpole (1764)

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Ho letto questo libro per obbligo scolastico e mi aspettavo qualcosa di molto diverso: fantasmi, omicidi, apparizioni e sparizioni in ogni pagina del libro (è il primo romanzo gotico che leggo), le mie aspettative sono state parzialmente deluse, non mi aspettavo una storia d'amore, tuttavia ho terminato il libro in 3-4 ore. Non fa paura, il mistero c'è, ma fa solo venire voglia di continuare a leggere. Alcune parole sono un po' "arcaiche" e alcuni passi leggermente intricati (a volte non si capisce di chi si stia parlando) senza però avere contenuti filosofici. Le prime 46 pagine sono occupate da bibliografia, giudizi critici, un paio di immagini e ben 2 prefazioni, la lettura del romanzo si riduce quindi a poco più di 120 pagine. Libro che comunque consiglio di leggere poiché considerato come uno dei primi, se non il primo romanzo gotico mai scritto. ( )
1 vota Aimapotis | Apr 7, 2017 |
Romanzo gotico sì, romanzo gotico no. Di sicuro, con i parametri attuali, la seconda che ho scritto: abituati ad ogni sorta di spaventi e malefiche presenze, al giorno d’oggi vediamo in questo breve romanzo nulla più di una storia di gusto medioevale (tra cavalieri in incognito, tiranni felloni e principesse integerrime) il cui svolgimento è condizionato dalle apparizioni – anche abbastanza goffe – di uno spettro. Quando il libro uscì per la prima volta, però, la situazione era differente: nella seconda metà del Settecento, lo scrittore era così poco sicuro della sua materia da mascherare il tutto da manoscritto ritrovato e pubblicato da un curatore di fantasia. Il successo fu invece immediato e, in qualche modo, il semino gettato dall’ingombrante fantasma del prode Alfonso ha ispirato una moda per la minaccia sovrannaturale che ha ben presto dato origine a riconosciuti capolavori. I cui autori hanno sovente indicato Walpole come fonte di ispirazione e quindi, a noi scettici contemporanei, non resta che accettare il dato di fatto, per quanto possa risultarci strano. A prescindere dall’importanza storica, resta la lettura di una favola (per adulti) ambientata nell’Età di Mezzo e disseminata di stilemi propri dell’epopea cavalleresca. Più che gli accenni gotici, è questa parte ad essere davvero godibile: in essa si segnalano in special modo le figure maschili che mostrano maggiori sfumature – il vendicatore Federico è disposto a barattare la questione d’onore per le grazie della bella Matilda – e la vivacità dei personaggi di contorno, come l’impertinente damigella Bianca. ( )
  catcarlo | Oct 8, 2014 |
E sì che ero così curiosa di leggere il primo romanzo gotico della storia...
Proprio non mi è andato giù.
Troppi giorni per leggere le poche pagine, in una lettura quasi affannosa.
Si vede che io con la scrittura settecentesca proprio non vado d'accordo. Ho odiato tutti i personaggi dalla loro prima apparizione (o comunque non appena aprivano bocca).
Niente da fare. ( )
  VAle_ | Feb 19, 2014 |
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Ci sono due modi per accostarsi a questa pietra miliare del gotico.

Leggerlo e goderne la bellezza, pur dopo 250 anni dalla stesura.

Il Castello di Otranto è infatti del 1764 ed è considerato universalmente il capostipite dei romanzi gotici, genere letterario che si è diffuso fra la fine del Settecento e l’inizio dell’Ottocento.

La trama così, semplicemente a riassumerla, ha dell’assurdo e del raccapricciante: un principe che è anche un usurpatore ed un tiranno in seno alla propria famiglia e al proprio popolo, intrighi che si dipanano uno via l’altro, eroine vergini che difenderanno il proprio onore a costo della vita, mogli troppo acquiescenti e sante, padri e frati che si mescolano, santi, villains, incesti sui generis, fantomatici giganti, apparizioni e prodigi di ogni sorta.

Del resto, “verso la metà del XVIII secolo, Gotick (come spesso veniva scritto nell’inglese settecentesco), non era più un generico sinonimo di teutonico o germanico, ma significava semplicemente medievale – quindi un termine da poter usare in contrapposizione a classico – da associarsi quindi a eccessivo, pittoresco, romantico”.

A volerlo riassumere, il romanzo narra della vita di un principe, il cui avo ha usurpato il trono di Otranto, che in attesa che l’erede maschio sposi la figlia del principe di Vicenza, attende con timore l’avverarsi della profezia che vagheggia della perdita del reame usurpato quando l’usurpatore stesso sarà diventato troppo grande per regnare ed al contempo perderà l’erede maschio. Quindi, seppur giovane, l’unico figlio maschio, secondogenito rispetto alla bellissima sorella Matilda, verrà immolato dal padre, per assicurare la dinastia.

Ma proprio il giorno del matrimonio, questo povero giovane imberbe morirà, schiacciato da un elmo gigantesco. Il principe Manfredi allora, in preda a pruderie e a visioni catastrofiche sul suo regno in pericolo, tenta in ogni modo di impossessarsi di Isabella, la giovane principessa, promessa sposa di suo figlio.

La quale, essendo orfana di madre ed avendo trovato nella principessa Ippolita, moglie del principe di Otranto, un surrogato di madre, fugge dinanzi al vecchio satiro e si rifugia nel vicino convento. Nel frattempo un villain che tenta di spiegare la presenza del gigantesco elmo e cerca poi di aiutare la dolce e virginale giovane Isabella a fuggire, viene incarcerato dall’oramai incontenibile Manfredi, che minaccia perfino di togliergli la vita.

Da qui in poi è un carosello in crescendo di riconoscimento tra pii frati e villain che discendono da antiche casate nobiliari, con servitù che continua ad avvistare nel castello pezzi del gigantesco essere che sembra essersi materializzato per portare a conclusione l’antica profezia.

In queste fosche e complicate circostanze, nelle quali il principe di Otranto è sempre più deciso a perseguire i suoi pruriginosi propositi con la giovane ed indifesa innocente, tanto da voler divorziare dalla integerrima e dolce moglie Ippolita, con la scusa che non potrà mai dargli un altro erede maschio, ecco comparire all’orizzonte anche un misterioso cavaliere con tutto il suo seguito, che arriva alle porte del Castello di Otranto per rivendicare il suo legittimo trono. Nel frattempo la figlia del principe di Otranto, la bella Matilda, di cui il padre si è sempre disinteressato in quanto femmina, incontra del tutto casualmente il giovane villain che si è scoperto essere in realtà il vero pretendente al trono di Otranto.

Non proseguiremo in questa ribalda cavalcata per non anticipare al lettore chi vivrà e chi morrà, chi sarà il vero principe di Otranto, chi è il gigante venuto a sistemare la questione della successione al trono e che fine faranno le tre protagoniste femminili di questa anche esilarante – da un certo punto di vista – suggestiva commedia drammatica.

Parlavamo di due modi di leggere questo incredibile romanzo pittoresco, che scomoda finanche il sommo bardo.

Essere curiosi. Leggere le prefazioni alle due edizioni e frugare tra le notizie perché in questo romanzo dove anche la dualità è fondamentale, ci sono simbologie che a conoscerle in anticipo, rendono ancora più godibile la lettura di questo romanzo.

Innanzitutto la scelta di Walpole, nella prima edizione – escamotage del resto già utilizzato – di presentare il testo come la traduzione di un manoscritto stampato a Napoli nel 1529 e ritrovato poi nella biblioteca di un’antica dimora del nord dell’Inghilterra.

Nella seconda edizione, d’altronde, visto il consenso del pubblico, Walpole svela la paternità dell’opera e rende necessaria da parte dell’autore una spiegazione sul perché e da quale humus egli l’abbia composta. Ma mentre con la prima stesura, il romanzo era stato inserito nel filone del romanzo medievale, una volta scoperte le carte da parte di Walpole, gli stessi critici ed una parte del pubblico ribaltarono il proprio gradimento dell’opera, dichiarandola, o meglio, riducendola ad una semplice prosa romantica, troppo assurda e rocambolesca.

Per sua stessa ammissione, Walpole aveva cercato di scrivere ciò che doveva essere il trait d’union tra il novel e il romance, visto anche l’acceso dibattito del tempo su cosa dovesse essere la letteratura. Se cioè i romanzi dovessero essere o meno rappresentativi della vita o più puramente immaginari (naturale contro romantico).

Sia quel che sia, Walpole con il suo Il Castello d’Otranto delineò e fissò ciò che da qual momento in poi divennero caratteristiche comuni per i romanzi gotici e di cui abbiamo già accennato poc’anzi: il castello con annessa foresta, finanche grotte, abbazie o santuari, il vile tiranno persecutore, la vergine perseguitata e l’eroe integerrimo, in un ambiente fosco e abitato da oscure presenze.

Per concludere, una commistione tra ricerca e lettura del romanzo, come di consueto, risulterà essere la più confacente a questo romanzo che, per proseguire sul concetto di dualità, si diletta fra bianco e nero, tra buono e cattivo, tra principe e villain, tra virginale e depravato, tra santo e demoniaco, quasi a ricalcare la tragedia comica o la tragica commedia che Shakespeare, ammirato grandemente da Walpole, ha lasciato ai posteri.

A cura di Marina Morassut
aggiunto da AntonioGallo | modificaThrillernord.it, Morassut Marina
 

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Nome dell'autoreRuoloTipo di autoreOpera?Stato
Walpole, Horaceautore primariotutte le edizioniconfermato
Brilli, AttilioCollaboratoreautore secondarioalcune edizioniconfermato
Del Buono, OresteTraduttoreautore secondarioalcune edizioniconfermato
Fuseli, HenryImmagine di copertinaautore secondarioalcune edizioniconfermato
Gamer, MichaelA cura diautore secondarioalcune edizioniconfermato
Groom, NickA cura diautore secondarioalcune edizioniconfermato
Guth, Karl-MariaA cura diautore secondarioalcune edizioniconfermato
Jason, NevilleNarratoreautore secondarioalcune edizioniconfermato
Keeping, CharlesIllustratoreautore secondarioalcune edizioniconfermato
Mudrick, MarvinIntroduzioneautore secondarioalcune edizioniconfermato
Praz, MarioPrefazioneautore secondarioalcune edizioniconfermato
Scott, Sir WalterIntroduzioneautore secondarioalcune edizioniconfermato
Varma, Devendra P.Introduzioneautore secondarioalcune edizioniconfermato
Zanolli, ChiaraTraduttoreautore secondarioalcune edizioniconfermato

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Luoghi significativi
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Epigrafe
... Vanae
Fingentur species, tamen ut pes, et caput uni
Reddantur formae (Horaz)
Dedica
Sonetto alla molto onorevole Lady Mary Coke

La gentile dama, della cui triste storia
Narrano queste pagine devote;
Dimmi, bella signora, mancherà
Di far scorrere una lacrima lungo le tue gote?

No; mai il tuo cuore compassionevole è stato
Insensibile all'umana tristezza;
Dolce, benché fermo, dalle pene è toccato
Ma non conosce mai la debolezza.

Oh! difendi le meraviglie di cui dico
Di un'ambizione che il fato ha punto,
Dai biasimi della ragione, bizzosi.
Benedici col tuo sorriso la mia intrepida traversata;
Che io spiegar le vele della mia fantasia osi,
Sicuro che dai tuoi sorrisi la fama è procurata.


H.W.
Incipit
Manfredi, principe di Otranto, aveva un figlio e una figlia.
Citazioni
Ultime parole
(Click per vedere. Attenzione: può contenere anticipazioni.)
Nota di disambiguazione
Redattore editoriale
Elogi
Lingua originale
DDC/MDS Canonico
LCC canonico

Risorse esterne che parlano di questo libro

Wikipedia in inglese (1)

Il castello di Otranto considerato il primo romanzo gotico ed ambientato nella citt© salentina di Otranto, nell'Italia meridionale, ©· l'opera che diede l'avvio al genere letterario poi diffusosi tra il tardo '700 e l'inizio del '900. Manfred, signore di Otranto, nipote dell'usurpatore del regno che ha avvelenato Alfonso, il legittimo sovrano, vive sotto l'incubo di una profezia, secondo la quale la stirpe dell'usurpatore continuer© a regnare finch©♭ il legittimo sovrano non sia divenuto troppo grosso per abitare il castello e finch©♭ discendenti maschi dell'usurpatore lo occupino. Proprio quando la profezia sembra avverarsi, Manfredo, terrorizzato, confessa le fasi dell'usurpazione ritirandosi in un monastero.

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Descrizione del libro
Si suppone che gli avvenimenti si svolgano nel Duecento. Manfredo, signore di Otranto, nipote dell’usurpatore del regno che ha avvelenato Alfonso, il legittimo sovrano, vive sotto l’incubo di una profezia, secondo cui la stirpe dell’usurpatore continuerà a regnare, finché il legittimo sovrano non sia divenuto troppo grosso per abitare il castello e finché i discendenti maschi dell’usurpatore lo occupino. Quando la profezia sembra avverarsi, Manfredo atterrito confessa il modo dell’usurpazione e si ritira in un monastero con la moglie. Il romanzo fu pubblicato nel 1764 e, nella prima edizione, era descritto come una versione dall’italiano.
Riassunto haiku

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