La didascalia nella quarta di copertina è “un libro che accompagna altri libri”. E probabilmente ho preso in mano questo libro troppo presto, in quanto i primi tre libri della Ferrante non li ho letti; ma mi rifarò. Il libro raccoglie i carteggi e le lettere tra l’autrice ed i suoi editori ed i registi che hanno portato al cinema i suoi libri, Martone e Faenza; le lettere con alcuni giornalisti italiani, tra cui Goffredo Fofi; e alcune interviste su importanti riviste nazionali e internazionali rilasciate sempre ed esclusivamente per e-mail. La prima evidenza è la straordinaria capacità di utilizzo della lingua italiana della Ferrante; scrivere bene è frutto di esercizio, di impegno, costanza, letture; scrivere così è un dono, la manifestazione di un talento. Nel libro tre sono gli elementi prevalenti: il ruolo delle donne nella letteratura, con un approccio interessante, ma che alla fine risente della cultura femminista che ancora non riusciamo a lasciarci alle spalle; Napoli, l’odio e l’amore per una madre terribile e generosa al tempo stesso, attraente nella sua repellenza, assorbente nelle sue asperità; il terzo tema, alla fine quello prevalente, è il rapporto tra l’autore e l’opera. La Ferrante ha scelto di non apparire e di lasciare che i suoi libri vivano di vita propria. Il mistero sul nome dell’autrice, sulla sua identità è, a mio avviso, argomento da salotti letterari e supermercati. Per chi legge il piacere è nelle pagine. ( )