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Sto caricando le informazioni... El Perseguidor (originale 1958; edizione 1996)di Julio Cortázar (Autore)
Informazioni sull'operaThe Pursuer di Julio Cortázar (1958)
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Lo si deve ascoltare, per rendersene conto. Oppure leggere "Il persecutore".
Cortazar ha tradotto in parole la musica e ha reso omaggio al genio nell'arte, non solo a quello di Charlie Parker ma anche al proprio.
Il genio non può essere né inquadrato né costretto nelle categorie dell'immaginario comune - sognatore, visionario, sbandato, sregolato, tossico, alcolizzato, inaffidabile, imprevedibile, folle, originale, poeta, creativo, maledetto. E' un sovvertimento delle leggi della fisica, una condizione per la quale si avverte diversamente la concezione di spazio e tempo.
Quando suona, Johnny sente che la musica lo "tira via" dal tempo. Il suo è un tempo dilatato, distorto, elastico. In due minuti, gli si ammassano in testa quindici minuti di pensieri. Lui stesso non riesce ad afferrarne il motivo, però avverte nettamente quando è in stato di grazia "E proprio in quell'istante, quando Johnny era come sperduto nella sua letizia, di colpo smise di suonare e lasciando andare un pugno non so a chi, disse: - Questo lo sto suonando domani".
Fatica anche a percepire le coordinate convenzionali dello spazio; come entrare in ascensore e dopo poco ritrovarsi al cinquantaduesimo piano "e la città è rimasta laggiù"; come avvertire che lo studio di registrazione si dissolve durante un'improvvisazione.
Può essere che sia Johnny in anticipo o la gente comune che non vuole "ragioni profonde" ad essere in ritardo, certo che sono il desiderio e la ricerca a spingere Johnny sempre oltre, non il piacere o il raggiungimento di qualcosa. E soprattutto Johnny non conosce le parole utile/inutile e non ha né certezze né convinzioni.
"Ed era proprio quello che mi imbestialiva, Bruno, che si sentissero sicuri. Sicuri di che, dimmelo un poco, quando io, un povero diavolo con più accidenti del demonio sotto la pelle, avevo sufficiente coscienza per rendermi conto che tutto era come una gelatina, che tutto tremava attorno, che bastava solo osservarsi un poco, sentirsi un poco, tacere un poco, per scoprire buchi. Sulla porta, nel letto: buchi. Nella mano, nel giornale, nel tempo, nell'aria: tutto pieno di buchi, tutto una spugna, tutto come un colabrodo che va scolandosi da sé... Ma loro erano la scienza americana, capisci, Bruno? Il camice li proteggeva dai buchi; non vedevano nulla, accettavano quello che gli altri avevano visto, s'immaginavano di star vedendo. E naturalmente non potevano vedere i buchi, ed erano perfettamente sicuri di se stessi, arciconvinti delle loro ricette, delle loro siringhe, della loro maledetta psicanalisi, dei loro non fumi e non beva..."
"Il persecutore" Cortazar lo sta scrivendo domani.
Per leggere ottanta pagine può bastare un pomeriggio ma, durante la lettura, le ore si dilatano e diventano giorni, riaffiorano alla mente ricordi, sensazioni, pensieri, idee dimenticate oppure nuove. Non è spiegabile, però Cortazar mi perseguita, mi fa vedere il mondo con occhi diversi, mi porta fuori dalla realtà, mi inquieta. Cortazar mi "lascia in pegno quei fantasmi, me li infila in tasca come altrettanti fazzoletti, finché venga l'ora di riprenderseli." E mentre leggo, con i suoi fantasmi addosso, spero che si apra "quella porta", che arrivi l'istante in cui "non ci fu altro che sempre" prima di precipitare di nuovo "a testa in giù in me" stessa. ( )