Leggo per la prima volta un romanzo di Paul Auster e proprio nei giorni in cui lo scrittore americano lascia il palcoscenico. Nessuna correlazione, non sono corso in libreria fingendo spaesamento per la scomparsa del mio autore preferito. Questo libro era in attesa del suo turno da qualche mese. E l’impressione che ho avuto sin dalle prime pagine del libro è che Auster meriti la fama che ha e mi devo assumere in pieno la responsabilità di non averlo mai letto. “Baumgartner” è il suo ultimo romanzo, intriso di infinita dolcezza. Il protagonista è un anziano professore che vive con grande difficoltà il vuoto lasciato dalla moglie, morta a mare per un’onda anomala. Auster ci fa entrare nella mente del professore Baumgartner e delle sue amare riflessioni. La memoria e la mancanza unite dalla fallacità del ricordo che fugge più velocemente della nostra capacità di riviverlo. Anna è morta in un incidente a mare, in maniera banale, ma, d’altronde, la morte è sempre banale. Non lo è mai, invece, la sofferenza di chi rimane, di chi sopravvive sapendo che la vera eredità che la persona amata lascia è il dolore. Il protagonista alterna ai ricordi, talmente pesanti da fargli perdere il fiato, il desiderio di vivere il presente, provando anche ad intessere una nuova relazione con una vecchia amica. Ma il sentimento che prova per Judith, donna decisamente più giovane, è diverso da quello che provava per Anna, è razionale, logico. Come spunto narrativo Auster introduce anche la corrispondenza intercorsa tra Seymar ed Anna durante il loro rapporto ed il risultato è sotto il profilo narrativo eccezionale. Da grande ho incontrato un grande autore contemporaneo. ( )