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Bored with their work, three Milanese editors cook up "the Plan," a hoax that connects the medieval Knights Templar with other occult groups from ancient to modern times. This produces a map indicating the geographical point from which all the powers of the earth can be controlled-a point located in Paris, France, at Foucault's Pendulum. But in a fateful turn the joke becomes all too real, and when occult groups, including Satanists, get wind of the Plan, they go so far as to kill one of the editors in their quest to gain control of the earth. Orchestrating these and other diverse characters into his multilayered semiotic adventure, Eco has created a superb cerebral entertainment.… (altro)
P_S_Patrick: These books have a fair bit in common. They are both intense and thrilling mysteries, involving the occult, conspiracies, books, murders, and are both set mainly in Europe. What The Club Dumas does, Foucalt's Pendulum does better, but that is just my opinion. I have known people give up on reading Foucalt's Pendulum because of its length, its abundance of complicated detail, and its demands on the readers concentration, but any serious reader who enjoyed the Club Dumas should enjoy this more. Anyone who enjoyed Eco's story, likewise, should enjoy the other book, but don't expect it to be quite as good, though I don't think there is a surplus of work in this genre that can compare, with this being more or less the next best thing that I have read.… (altro)
freddlerabbit: See the Name of the Rose recommendation above - I find Foucault's even more analogous here because Name of the Rose is a bit more plot-driven than the other two, where Foucault's and Anathem both have as much as 40% pure theory-disguised-as-dialogue.… (altro)
ursula: Alamut tells the story of the assassins of the Alamut fortress reference in Foucault's Pendulum. It also has a philosophical bent that will probably appeal.
P_S_Patrick: These two books have a fair bit in common. Both are dense, demanding, historical, and are thick with intrigue, conspiracy, and foul play. Thrilling stuff.
È stato più forte di me: mentre leggevo Il Pendolo di Foucault, continuavo a immaginarmi il povero Umberto Eco “costretto” a sorbirsi Il codice Da Vinci perché tutti si ostinavano a paragonare i due romanzi, mettendoli sullo stesso piano. Avrà prevalso il fastidio o la scrollata di spalle? Per me si è fatto delle grasse risate – e si è riletto Il Pendolo di Foucault alla faccia di Dan Brown!
Sì perché Il Pendolo di Foucault è il romanzo degli scettici, quelli che quando sentono gridare al complotto non possono fare a meno di alzare le sopracciglia; quelli che guardano con sgomento alla credulità condivisa sui social; quelli che cercano le fonti delle notizie e fanno gentilmente notare ai creduli il loro diffondere scemenze – e che spesso vengono poco gentilmente liquidati da questi ultimi.
Il Pendolo di Foucault è un campionario di teorie sul Grande Piano e sul Disegno Intelligente che guida le genti verso un destino glorioso, ancorché sconosciuto ai più. Sono ammirata dalla vastità delle conoscenze di Umberto Eco, ma ancora di più dalla sua ironia, che attraversa più o meno sottilmente l'intero romanzo ed è in definitiva l'arma principale da opporre ai creduli.
Allo stesso tempo, però, Eco ci mette in guardia dalla pericolosità del Piano, dal rischio che diventi reale. Infatti, il mondo pare pieno di tizi pronti a credere alle teorie più strampalate pur di continuare a campare tranquilli al riparo della verità, che, guarda un po', non offre alcuna consolazione.
Eco ha scritto un gran bel romanzo: l'unica pecca, per quanto mi riguarda, è che ho iniziato a cedere verso pagina quattrocento. Insomma, cinquecento pagine di Piano e Oscuri Segreti Potenzialmente Mortali sono troppe per la mia povera mente e ho iniziato a desiderare una lavanda cerebrale per tutti. Il finale, però, è grandioso: quindi se come me date segno di cedimento, reggete fino alla fine e godetevi il botto. Ve lo sarete meritato. ( )
Anni '70. Casaubon, Diotallevi e Belbo lavorano in una piccola casa editrice milanese, che inizia a specializzarsi in pubblicazioni esoteriche. E così un po' per lavoro, un po' per scherzo, i tre iniziano un curioso gioco, che definiscono "il Piano": reinterpretare gli ultimi sei secoli di storia nell'ottica del misterioso complotto che avrebbe avuto origine con Cavalieri Templari, ai tempi delle Crociate. Ma, iniziato come scherzo goliardico, il Piano inizia gradualmente a diventare qualcosa di più; ogni nuovo pezzo del puzzle che trova un suo posto nel disegno globale della storia, non fa che aumentare l'irrequietezza dei tre amici, che cominciano a temere di essersi infilati in un affare più grande di loro...
macchinoso e complicato; meccanismo perfetto peccato però che dopo averci portato ad alte vette di difficoltà cali troppo e diventi inspiegabilmente semplice ____________________________________________________________________________________________
Stefania86 ha scritto il 12 Feb 2013, 09:22 : Una delle mie opere preferite, anche se è vero che è complicato e macchinoso. ;)
Umberto Eco has launched a novel that is even more intricate and absorbing than his international best seller The Name of the Rose. Unlike its predecessor, Foucault's Pendulum does not restrict its range of interests to monastic, medieval arcana. This time Eco's framework is vast -- capacious enough to embrace reams of ancient, abstruse writings and a host of contemporary references or allusions... True believers, skeptics, those waffling in between: all are in for a scarifying shock of recognition.
You may call the book an intellectual triumph, if not a fictional one. No man should know so much. It is the work not of a literary man but of one who accepts the democracy of signs. .... To see what Mr. Eco is really getting at, the reader of his fiction or pseudofiction should consult his scholarly works, where observation and interpretation are not disguised as entertainment. I don't think ''Foucault's Pendulum'' is entertainment any more than was ''The Name of the Rose.'' It will appeal to readers who have a puritanical tinge - those who think they are vaguely sinning if they are having a good time with a book. To be informed, however, is holy.
I doubt if we will see a more exhilarating novel published this year, and you don't have to take a reviewer's word for it: can 600,000 Italians be wrong?
U ovom delu Eko se lucidno podsmehnuo svim teorijama zavere od srednjeg veka do danas. Posle čitanja ovog romana sigurno je da će mnogi čitaoci pohrliti da obogate svoja saznanja o alhemiji, kabali i srednjovekovnim tajnim društvima. U ovom romanu Eko se lucidno podsmehnuo svim teorijama zavere od srednjeg veka do danas.
U ovom delu Eko se lucidno podsmehnuo svim teorijama zavere od srednjeg veka do danas. Posle čitanja ovog romana sigurno je da će mnogi čitaoci pohrliti da obogate svoja saznanja o alhemiji, kabali i srednjovekovnim tajnim društvima. U ovom romanu Eko se lucidno podsmehnuo svim teorijama zavere od srednjeg veka do danas.
Solo per voi, figli della dottrina e della sapienza, abbiamo scritto quest'opera. Scrutate il libro, raccoglietevi in quella intenzione che abbiamo dispersa e collocata in più luoghi; ciò che abbiamo occultato in un luogo, l'abbiamo manifestato in un altro, affinche' possa essere compreso dalla vostra saggezza. (Heinrich Cornelius Agrippa von Nettesheim, De occulta philosophia, 3, 65)
La superstizione porta sfortuna. (Raymond Smullyan, 5000 B.C., 1.3.8)
Dedica
Incipit
Fu allora che vidi il Pendolo. La sfera, mobile all'estremità di un lungo filo fissato alla volta del coro, descriveva le sue ampie oscillazioni con isocrona maestà.
Citazioni
Fu allora che vidi il Pendolo. La sfera, mobile all'estremità di un lungo filo fissato alla volta del coro, descriveva le sue ampie oscillazioni con isocrona maestà. Io sapevo – ma chiunque avrebbe dovuto avvertire nell'incanto di quel placido respiro – che il periodo era regolato dal rapporto tra la radice quadrata della lunghezza del filo e quel numero π che, irrazionale alle menti sublunari, per divina ragione lega necessariamente la circonferenza al diametro di tutti i cerchi possibili – così che il tempo di quel vagare di una sfera dall'uno all'altro polo era effetto di una arcana cospirazione tra le più intemporali delle misure, l'unità del punto di sospensione, la dualità di una astratta dimensione, la natura ternaria di π, il tetragono segreto della radice, la perfezione del cerchio. Ancora sapevo che sulla verticale del punto di sospensione, alla base, un dispositivo magnetico, comunicando il suo richiamo a un cilindro nascosto nel cuore della sfera, garantiva la costanza del moto, artificio disposto a contrastare le resistenze della materia, ma che non si opponeva alla legge del Pendolo, anzi le permetteva di manifestarsi, perché nel vuoto qualsiasi punto materiale pesante, sospeso all'estremità di un filo inestensibile e senza peso, che non subisse la resistenza dell'aria, e non facesse attrito col suo punto d'appoggio, avrebbe oscillato in modo regolare per l'eternità.
Iniziare l'università due anni dopo il sessantotto è come essere ammessi all'Accademia di Saint-Cyr nel novantatré. Si ha l'impressione di avere sbagliato anno di nascita. D'altra parte Jacopo Belbo, che aveva almeno quindici anni più di me, mi convinse più tardi che questa è una sensazione che provano tutte le generazioni. Si nasce sempre sotto il segno sbagliato e stare al mondo in modo dignitoso vuol dire correggere giorno per giorno il proprio oroscopo. Credo che si diventi quel che nostro padre ci ha insegnato nei tempi morti, mentre non si preoccupava di educarci. Ci si forma su scarti di saggezza.
Non è che l'incredulo non debba credere a nulla. Non crede a tutto. Crede a una cosa per volta, e a una seconda solo se in qualche modo discende dalla prima. Procede in modo miope, metodico, non azzarda orizzonti. Di due cose che non stiano insieme, crederle tutte e due, e con l'idea che da qualche parte ve ne sia una terza, occulta, che le unisce questa è la credulità. L'incredulità non esclude la curiosità, la conforta.
Più tardi Lia mi avrebbe detto: "Tu vivi di superfici. Quando sembri profondo è perché ne incastri molte, e combini l'apparenza di un solido – un solido che se fosse solido non potrebbe stare in piedi." "Stai dicendo che sono superficiale?" "No" mi aveva risposto, "quello che gli altri chiamano profondità è solo un tesseract, un cubo tetradimensionale. Entri da un lato, esci dall'altro, e ti trovi in un universo che non può coesistere col tuo."
[...] la creazione, anche se produce l'errore, si dà sempre per amore di qualcuno che non siamo noi.
Popolare il mondo di figli che andranno sotto un altro nome, e nessuno saprà che sono tuoi. Come essere Dio in borghese. Tu sei Dio, giri per la città, senti la gente che parla di te, e Dio qua e Dio là, e che mirabile universo è questo, e che eleganza la gravitazione universale, e tu sorridi sotto i baffi (bisogna girare con una barba finta, oppure no, senza barba, perché dalla barba Dio lo riconosci subito), e dici fra te e te (il solipsismo di Dio è drammatico): "Ecco, questo sono io e loro non lo sanno." E qualcuno ti urta per strada, magari ti insulta, e tu umile dici scusi, e via, tanto sei Dio e se tu volessi, uno schiocco di dita, e il mondo sarebbe cenere. Ma tu sei così infinitamente potente da permetterti di esser buono.
"O basta là," disse Belbo. Solo un piemontese può capire l'animo con cui si pronuncia questa espressione di educata stupefazione. Nessuno dei suoi equivalenti in altra lingua o dialetto (non mi dica, dis donc, are you kidding?) può rendere il sovrano senso di disinteresse, il fatalismo con cui essa riconferma l'indefettibile persuasione che gli altri siano, e irrimediabilmente, figli di una divinità maldestra.
Così l'altra sera dovevo credere che il Piano fosse vero, altrimenti negli ultimi due anni sarei stato l'architetto onnipossente di un incubo maligno. Meglio che l'incubo fosse realtà, se una cosa è vera è vera, e tu non c'entri.
Sa che si può essere ossessionati dal rimorso tutta la vita, non per aver scelto l'errore, di cui almeno ci si può pentire, ma per essersi trovati nell'impossibilità di provare a se stessi che non si sarebbe scelto l'errore...
Il criterio era rigoroso, e credo sia lo stesso seguito dai servizi segreti: non ci sono informazioni migliori delle altre, il potere sta nello schedarle tutte, e poi cercare le connessioni. Le connessioni ci sono sempre, basta volerle trovare.
L'umanità non sopporta il pensiero che il mondo sia nato per caso, per sbaglio, solo perché quattro atomi scriteriati si sono tamponati sull'autostrada bagnata. E allora occorre trovare un complotto cosmico, Dio, gli angeli o i diavoli.
Aveva ragione lei. Qualsiasi dato diventa importante se è connesso a un altro. La connessione cambia la prospettiva. Induce a pensare che ogni parvenza del mondo, ogni voce, ogni parola scritta o detta non abbia il senso che appare, ma ci parli di un Segreto. Il criterio è semplice: sospettare, sospettare sempre. Si può leggere in trasparenza anche un cartello di senso vietato.
Guai a fare finta, ti credono tutti.
C'era un tale, forse Rubinstein, che quando gli avevano chiesto se credeva in Dio aveva risposto: "Oh no, io credo... in qualcosa di molto più grande..." Ma c'era un altro (forse Chesterton?) che aveva detto: da quando gli uomini non credono più in Dio, non è che non credano più a nulla, credono a tutto.
L'ho capito io questa sera: occorre che l'autore muoia perché il lettore si accorga della sua verità.
Diotallevi e Belbo erano entrambi di origine piemontese e dissertavano sovente su quella capacità, che hanno i piemontesi perbene, di ascoltarti con cortesia, di guardarti negli occhi, e di dire "Lei dice?" In un tono che sembra di edicato interesse ma che in verità ti fa sentire oggetto di profonda disapprovazione.
Diotallevi me lo aveva detto, la prima sefirah è Keter, la Corona, l'origine, il vuoto primordiale. Egli creò dapprima un punto, che divenne il Pensiero, ove disegnò tutte le figure... Era e non era, chiuso nel nome e sfuggito al nome, non aveva ancora altro nome che "Chi?", puro desiderio di essere chiamato con un nome... In principio egli tracciò dei segni nell'aura, una vampa scura scaturì dal suo fondo più segreto, come una nebbia senza colore che dia forma all'informe, e non appena essa cominciò a distendersi, al suo centro si formò una scaturigine di fiamme che si riversarono a illuminare le sefirot inferiori, giù sino al Regno. Ma forse in questo tsimtsum, in questo ritiro, in questa solitudine, diceva Diotallevi, c'era già la promessa del tiqqun, la promessa del ritorno.
Sapevo che Diotallevi diffidava di Abulafia Aveva sentito dire che ci si poteva alterare l'ordine delle lettere, così che un testo avrebbe potuto generare il proprio contrario e promettere oscuri vaticini. Belbo tentava di spiegargli. "Sono giochi di permutazione", gli diceva, "non si chiama Temurah? Non è così che procede il rabbino devoto per ascendere alle porte dello Splendore?" "Amico mio," gli diceva Diotallevi, "non capirai mai nulla. È vero che la Torah, dico quella visibile, è solo una delle possibili permutazioni delle lettere della Torah eterna, quale Dio la concepì e la consegnò ad Adamo. E permutando nel corso dei secoli le lettere del libro si potrebbe arrivare a ritrovare la Torah originaria. ma non è il risultato quello che conta. È il processo, la fedeltà con cui farai girare all'infinito il mulino della preghiera e della scrittura, scoprendo la verità a poco a poco. Se questa macchina ti desse subito la verità non la riconosceresti, perchè il tuo cuore non sarebbe stato purificato da una lunga interrogazione. E poi, in un ufficio! Il Libro deve essere mormorato in una piccola stamberga del ghetto dove giorno per giorno apprendi a incurvarti e a muovere le braccia strette sulle anche, e tra la mano che tiene il Libro e quella che lo sfoglia non deve esserci quasi spazio, e se ti umetti le dita le devi portare verticalmente alle labbra, come se smozzicassi pane azzimo, attento a non perderne una briciola. La parola va mangiata lentissimamente, puoi dissolverla e ricombinarla solo se la lasci sciogliere sulla lingua, e attento a non sbavarla sul caffettano, perchè se una lettera evapora si spezza il filo che sta per unirti alle sefirot superiori. A questo ha dedicato la vita Abraham Abulafia, mentre il vostro santo Tommaso si affannava a trovare Dio con i suoi cinque viottoli. La sua Hokmath ha-Zeruf era al tempo stesso scienza della combinazione delle lettere e scienza della purificazione dei cuori. Logica mistica, il mondo delle lettere e del loro vorticare in permutazioni infinite è il mondo della beatitudine, la scienza della combinazione e musica del pensiero, ma attento a muoverti con lentezza, e con cautela, perchè la tua macchina potrebbe darti il delirio, e non l'estasi. Molti dei discepoli di Abulafia non hanno saputo trattenersi su quella soglia esilissima che separa la contemplazione dei nomi di Dio dalla pratica magica, dalla manipolazione dei nomi onde farne talismano, strumento di dominio sulla natura. E non sapevano, come tu non sai - e non sa la tua machina - che ogni lettera è legata a una delle membra del corpo, e se sposti una consonate senza conoscerne il potere, uno dei tuoi arti potrebbe mutar posizione, o natura, e ti troveresti bestialmente storpiato, di fuori, per la vita, e di dentro, per l'eternità."
Non è in gioco la Temurah, che ti insegna a permutare, ma la Gematria, che trova sublimi affinità tra la parola e il suo valore numerico.
La Macchina esiste, certo, ma non è stata prodotta nella tua valle del silicone, è la santa Cabala o Tradizione, e i rabbini stanno facendo da secoli quello che nessuna macchina potrà mai fare e speriamo non faccia mai. Perché quando la combinatoria fosse esaurita, il risultato dovrebbe rimanere segreto e in ogni caso l'universo avrebbe cessato il suo ciclo - e noi sfogoreremmo immemori nella gloria del grande Metatron.
Mi ero fatto prendere da una passione della mente. Tale è la credulità. Non è che l'incredulo non debba credere a nulla. Non crede a tutto. Crede a una cosa per volta, e a una seconda solo se in qualche modo discende dalla prima. Procede in modo miope, metodico, non azzarda orizzonti. Di due cose che non stiano insieme, crederle tutte e due, e con l'idea che da qualche parte ve ne sia una terza, occulta, che le unisce, questa è la credulità. L'incredulità non esclude la curiosità, la conforta. Diffidente delle catene di idee, delle idee amavo la polifonia. Basta non crederci e due idee - entrambe false - possono collidere creando un buon intervallo o un diabolico in musica.Non rispettavo le idee su cui altri scommettevano la vita, ma due o tre idee che non rispettavo potevano fare melodia. O ritmo, meglio se jazz.
Che cosa davvero pensavo quindici anni fa? Conscio di non credere, mi sentivo colpevole fra tanti che credevano. Siccome sentivo che erano nel giusto, mi decisi di credere così come si prende un'aspirina. Male non fa, e si diventa migliori. Mi trovai in mezzo alla Rivoluzione, o almeno alla più stupenda simulazione che mai ne sia stata fatta, cercando una fede onorevole. Giudicai onorevole partecipare alle assemblee e ai cortei, gridai con gli altri "Fascisti, borghesi, ancora pochi mesi!", non tirai cubetti di porfido o biglie di metallo perchè ho sempre avuto paura che gli altri facessero a me quello che io facevo a loro, ma provavo una sorta di eccitazione morale nel fuggire lungo le vie del centro, quando la polizia caricava. Tornavo a casa col senso di aver compiuto un qualche dovere. Nelle assemblee non riuscivo ad appassionarmi ai contrasti che dividevano i vari gruppi: sospettavo che sarebbe bastato trovare la citazione giusta per passare dall'uno all'altro. Mi divertivo a trovare le citazioni giuste. Modulavo.
Pensavo che il problema fondamentale, se si cita "Io sono colui che è", fosse decidere dove va il segno d'interpunzione, se fuori o dentro le virgolette. Per questo la mia scelta politica fu la filologia.
Credevo anch'io che fosse alle porte una società di uguali, ma mi dicevo che in quella società avrebbero dovuto funzionare (meglio di prima) i treni, per esempio, e i sanculotti che mi attorniavano non stavano affatto imparando a dosare il carbone nella caldaia, ad azionare gli scambi, a stendere una tabella degli orari. Bisognava pure che qualcuno si tenesse pronto per i treni.
Talora, qua d'erba al colmo dell'indignazione, reagiva scompostamente. Siccome la sola cosa che lo indignasse era la scompostezza altrui, la sua scompostezza di ritorno era tutta interiore, e regionale. Stringeva le labbra, volgeva prima gli occhi al cielo, poi piegava lo sguardo, e la testa, a sinistra verso il basso, e diceva a mazza voce: "Ma gavte la nata." A chi non conoscesse quell'espressione piemontese, qualche volta spiegava: "Ma gavte la nata, levati il tappo. Si dice a chi sia enfiato di sè. Si suppone si regga in questa condizione posturalmente abnorme per la pressione di un tappo che porta infitto nel sedere. Se se lo toglie, pffffiisch, ritorna a condizione umana."
Solo ora, dopo che ho violato, con i segreti di Abulafia, anche l'animo di Belbo, so che quella che a me pareva disincanto, e che io stavo elevando a principio di vita, per lui era una forma della melanconia. Quel suo depresso libertinismo intellettuale celava una disperata sete di assoluto. Difficile capirlo, a prima vista, perché Belbo compensava i momenti di fuga, esitazione, distacco, con momenti di distesa consapevolezza, in cui si divertiva a produrre assoluti alternativi, con ilare miscredenza. Era quando con Diotallevi costruiva manuali dell'impossibile, mondi alla rovescia, teratologie bibliografiche. E vederlo così entusiasticamente loquace nel costruire la sua Sorbona rabelaisiana impediva di capire come egli soffrisse il suo esilio dalla facoltà di teologia, quella vera. Capii dopo che io ne avevo cancellato l'indirizzo, mentre lui l'aveva smarrito, e non se ne dava pace.
Ai miei tempi chi sapeva il tedesco non si laureava più. Passava la vita a sapere il tedesco. Credo che oggi succeda col cinese.
Ma insomma, chiunque, a ben vedere, partecipa di una di queste categorie. Ciascuno di noi ogni tanto è cretino, imbecille, stupido o matto. Diciamo che la persona normale è quella che mescola in misura ragionevole tutte queste componenti, questi tipi ideali. [...]Il genio è quello che fa giocare una componente in modo vertiginoso, nutrendola con le altre.
[...] la stupidità ci circonda. E forse per un sistema logico diverso dal nostro, la nostra stupidità è la loro saggezza. Tutta la storia della logica consiste nel definire una nozione accettabile di stuoidità. Troppo immenso. Ogni grande pensatore è lo stupido di un altro. Il pensiero come forma coerente di stupidità. No. La stupidità di un pensiero è l'incoerenza di un altro pensiero. [...]Il matto lo riconosci subito. È uno stupido che non conosce i trucchi. Lo stupido la sua tesi cerca di dimostrala, ha una logica sbilenca ma c'è l'ha. Il matto invece non si preoccupa di avere una logica, procede per cortocircuiti. Tutto per lui dimostra tutto. Il matto ha un'idea fissa, e tutto quel che trova gli va bene per confermarla. Il matto lo riconosci dalla libertà che si prende nei confronti del dovere di prova, della disponibilità a trovare illuminazioni. E le parrà strano, ma il matto prima o poi tira fuori i Tamplari.
Ultime parole
E allora tanto vale star qui, attendere, e guardare la collina. E' così bella.
Dati dalle informazioni generali inglesi.Modifica per tradurlo nella tua lingua.
ISBN 9781593972165 is an abridged audiobook edition of Foucault's Pendulum narrated by Tim Curry. It is 6 hours and 38 minutes long which is approximately only 1/3rd of the original work. This edition should not be combined with unabridged editions of Foucault's Pendulum. Thank you.
Redattore editoriale
Elogi
Dati dalle informazioni generali inglesi.Modifica per tradurlo nella tua lingua.
Bored with their work, three Milanese editors cook up "the Plan," a hoax that connects the medieval Knights Templar with other occult groups from ancient to modern times. This produces a map indicating the geographical point from which all the powers of the earth can be controlled-a point located in Paris, France, at Foucault's Pendulum. But in a fateful turn the joke becomes all too real, and when occult groups, including Satanists, get wind of the Plan, they go so far as to kill one of the editors in their quest to gain control of the earth. Orchestrating these and other diverse characters into his multilayered semiotic adventure, Eco has created a superb cerebral entertainment.
Sì perché Il Pendolo di Foucault è il romanzo degli scettici, quelli che quando sentono gridare al complotto non possono fare a meno di alzare le sopracciglia; quelli che guardano con sgomento alla credulità condivisa sui social; quelli che cercano le fonti delle notizie e fanno gentilmente notare ai creduli il loro diffondere scemenze – e che spesso vengono poco gentilmente liquidati da questi ultimi.
Il Pendolo di Foucault è un campionario di teorie sul Grande Piano e sul Disegno Intelligente che guida le genti verso un destino glorioso, ancorché sconosciuto ai più. Sono ammirata dalla vastità delle conoscenze di Umberto Eco, ma ancora di più dalla sua ironia, che attraversa più o meno sottilmente l'intero romanzo ed è in definitiva l'arma principale da opporre ai creduli.
Allo stesso tempo, però, Eco ci mette in guardia dalla pericolosità del Piano, dal rischio che diventi reale. Infatti, il mondo pare pieno di tizi pronti a credere alle teorie più strampalate pur di continuare a campare tranquilli al riparo della verità, che, guarda un po', non offre alcuna consolazione.
Eco ha scritto un gran bel romanzo: l'unica pecca, per quanto mi riguarda, è che ho iniziato a cedere verso pagina quattrocento. Insomma, cinquecento pagine di Piano e Oscuri Segreti Potenzialmente Mortali sono troppe per la mia povera mente e ho iniziato a desiderare una lavanda cerebrale per tutti. Il finale, però, è grandioso: quindi se come me date segno di cedimento, reggete fino alla fine e godetevi il botto. Ve lo sarete meritato. ( )