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Sto caricando le informazioni... La luna e i falò (1949)di Cesare Pavese
Italian Literature (46) » 8 altro Sto caricando le informazioni...
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In copertina, in basso, è evidenziato: “il capolavoro di Cesare Pavese”. Non mi sembra, oggettivamente, un capolavoro. La luna ed i falò è un romanzo breve ambientato nelle langhe dell’immediato dopoguerra e racconta in ritorno in patria di Anguilla. I temi sono arcinoti, al punto da essere triti e ritriti, quelli della liberazione, della lotta partigiana, delle tensioni civili. Ciò detto a me questo libro davvero non è piaciuto. Partendo dalla prosa che, curata al minimo dettaglio, risulta estremante pedante costringendo il lettore ad uno sforzo inutile rispetto al risultato raggiunto. Certo Pavese è un poeta e, pertanto, le licenze gli sono dovute. Ma il lettore affronta un romanzo: e d’altronde se così non fosse, come possibile, siamo lontani da livelli alti di prosa che possano indurre alla poesia. La storia, alla fine, si intreccia, perde fluidità e, per me, è stata una lettura difficile e che non mi ha dato piacere. E di questo libro non mi è rimasto nulla. Sono passati più di 40 anni dalla prima lettura di questo libro e il tempo ha lasciato le sue tracce sia sul libro che sul suo lettore. Mi piaceva Pavese. Ritrovavo nei suoi personaggi la mia sensibilità asciutta, le mie poche parole, la curiosità per un mondo da capire. Ma facevo fatica a capire la disillusione, il disincanto, la malinconia della mancanza e della perdita. Ora alcune frasi le sento più vicine: i luoghi che conservano tracce di noi; il cambiare di tutto che poi resta tutto lo stesso; il qualcosa che manca, sempre; la voglia irrisolta di cambiare il mondo; la voglia di scavalcare la collina per trovare un mondo diverso, ma scoprire che è sempre lo stesso mondo di qua e di là; scoprire che passata la collina non si è più a casa propria, mai più, neanche a tornare indietro. E chiedersi allora che cosa è rimasto? Se una traccia è rimasta davvero. Se davvero valeva la pena o se non sarebbe stato più facile altrimenti. nessuna recensione | aggiungi una recensione
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Ristampa dell'edizione del 1950. Copertina flessibile. Cesare Pavese scrive La luna e i falò tra il 18 settembre e il 9 novembre del 1949. La luna e i falò e' il più importante romanzo di Cesare Pavese ed una delle ultime opere dello scrittore, che morirà suicida nell'agosto del 1950. Il protagonista del romanzo è Anguilla, un uomo che decide di tornare nel suo paese natale sulle colline piemontesi dopo aver vissuto per molti anni in America e aver fatto fortuna lì. La storia, raccontata in prima persona, non concerne solo il protagonista, di cui viene detto solo il soprannome Anguilla, ma tanti altri personaggi che entrano in relazione con lui, in un paese della valle del Belbo che non viene mai nominato. Il romanzo è un misto tra passato e presente e proprio per questo non è narrato nei minimi dettagli, ma vengono raccontati eventi che non sono (apparentemente) collegati tra loro, se non dai pensieri e dalle riflessioni del protagonista. L'evocazione dei ricordi è vissuta insieme e attraverso il vecchio amico falegname Nuto, che era stato per Anguilla una figura paterna e che è sempre rimasto nel paese, vivendo i cambiamenti determinati dalla guerra partigiana. La luna e i falò riassume tutte le tematiche più care a Pavese: mito, paesaggio rurale, ricerca delle origini e distruzione portata dalla Guerra. "The nameless narrator of The Moon and the Bonfires, Cesare Pavese's last and greatest novel, returns to Italy from California after the Second World War. He has done well in America, but success hasn't taken the edge off his memories of childhood, when he was an orphan living at the mercy of a bitterly poor farmer. He wants to learn what happened in his native village over the long, terrible years of Fascism; perhaps, he even thinks, he will settle down. And yet as he uncovers a secret and savage history from the war - a tale of betrayal and reprisal, sex and death - he finds that the past still haunts the present." "The Moon and the Bonfires is a novel of intense lyricism and tragic import, a masterpiece of twentieth-century literature that has been unavailable to American readers for close to fifty years. Here it appears in a vigorous new English version by R.W. Flint, whose earlier translations of Pavese's fiction were acclaimed by Leslie Fiedler as "absolutely lucid and completely incantatory.""--Jacket. Non sono state trovate descrizioni di biblioteche
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Google Books — Sto caricando le informazioni... GeneriSistema Decimale Melvil (DDC)853.912Literature Italian Italian fiction 1900- 20th Century 1900-1945Classificazione LCVotoMedia:
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Ci sono, infatti, in questo romanzo un aspetto fanciullesco della campagna e un aspetto più adulto, a tratti oscuro. Quando il protagonista ritorna in campagna, si tratta di un ritorno nei luoghi della sua giovinezza, con gli occhi della quale tutto gli sembrava luminoso e pieno di vita. Il suo sguardo di adulto, invece, coglie le ombre di questo mondo apparentemente bucolico e semplice.
De La luna e i falò, poi, mi ha colpito moltissimo la solitudine che traspare dalle pagine. Il protagonista, orfano ed emigrato in cerca di fortuna, ritorna nella sua terra natale in cerca delle sue radici. Tuttavia, ben presto si renderà conto di essere troppo cambiato per trovare alcunché nella campagna dov'è cresciuto: il suo vecchio amico Nuto gli dirà, infatti, che, prima di pontificare sull'ininfluenza delle fasi lunari e dei falò propiziatori, avrebbe dovuto tornare a essere un contadino. Così il protagonista si ritroverà incapace di riadattarsi alla vita di campagna, pur non essendo del tutto a suo agio nella vita di città: la sua solitudine sarà tanto profonda proprio per il suo essere sradicato, per la sua condizione esule senza una famiglia dalla quale partire e ritornare.
Sapendo che La luna e i falò fu scritto da Pavese tra settembre e novembre 1949 e che nell'agosto 1950 l'autore si sarebbe suicidato in una stanza d'albergo, questo senso di solitudine incolmabile mi ha scosso parecchio. Forse mi sono autosuggestionata, ma l'idea che qualcuno di senta così solo da non poter essere raggiunto da nessuno dei suoi affetti mi ha dato molto da pensare. “Perdono a tutti e a tutti chiedo perdono. Va bene? Non fate troppi pettegolezzi”: questo è stato il biglietto di addio di Pavese, sulla falsariga di quello di Majakovskij. Come a dire, sono passato, ho rotto le scatole a qualcuno e qualcuno le ha rotte a me: abbiate pazienza, ora levo le tende e amici come prima. ( )