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Sto caricando le informazioni... Il freddo: una segregazione (1981)di Thomas Bernhard
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Selvbiografisk roman om den østrigske forfatter Thomas Bernhards (1931-89) liv, især om hans år på tuberkulosesanatorium med inkompetente, halvfascistiske læger som billede på et samfund, der holder borgerne spærret inde i autoritære strukturer med store skel mellem rig og fattig. Non sono state trovate descrizioni di biblioteche |
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Google Books — Sto caricando le informazioni... GeneriSistema Decimale Melvil (DDC)833Literature German literature and literatures of related languages German fictionClassificazione LCVotoMedia:
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Ne “Il freddo”, Bernhard, racconta le proprie disavventure giovanili con la grave malattia che lo afflisse e la relativa obbligata permanenza nel sanatorio di cura.
Le accurate descrizioni delle schermaglie di adattamento dei malati e delle rigide gerarchie interne che si creavano tra gli ospiti della struttura sono al centro delle ficcanti osservazioni dello scrittore, che ne riporta una cronaca aspra e cruda, incentrata soprattutto sulla reazioni umane a un percorso che spesso finiva con la morte del paziente. A incidere sullo stato d’animo dello scrittore è in generale l’ambiente del sanatorio stesso fortemente influenzato anche dallo staff sanitario che dispensa, in un clima di assoluto disfacimento morale, vita e morte a proprio piacimento. È in questo contesto che racconta, anche e soprattutto, del suo personale impatto con la malattia e della caparbietà con la quale venne affrontata per sconfiggerla, il tutto reso più difficile dalla madre morente e dai difficili rapporti con i familiari.
Stile di Thomas Bernhard che rispecchia pienamente quello che mi aspettavo, senza concessioni nel suo modo estremamente realistico di raccontare i fatti, in questo caso i propri. “Il freddo” fa appunto parte di una serie di scritti che compongono la sua autobiografia e di cui comunque si dovrebbe avere cognizione prima di formulare giudizi su quello che realmente lo scrittore voglia comunicare con il suo disfattismo sociale e la scarsa fiducia nella ragione umana che sembrano emergere da queste pagine, infatti se da una parte il negativismo è giustificato dall’alienante e cupo racconto dei giorni passati nel sanatorio, persiste comunque un forte richiamo alla vita rappresentato dalla sua ostinazione nel non cedere alla malattia, una condizione mentale questa che sembrerebbe qualcosa di più ricercato, che soltanto una mera lotta per la sopravvivenza…
Qualche pillola…
“Spesso lasciamo perdere, spesso rinunciamo, per pura comodità. Ma a prezzo della vita, dell’intera esistenza, e io allora non potevo certo sapere quanto la vita fosse preziosa e quanto forse avrà ancora occasione di esserlo.”
“Il linguaggio non serve quando si tratta di dire la verità, di comunicare qualcosa, il linguaggio permette a chi scrive soltanto l’approssimazione, sempre e soltanto la disperata e quindi anche dubbia approssimazione all’oggetto, il linguaggio non riproduce che una autenticità contraffatta. E sulla carta trasforma la verità assoluta in menzogna.”
“Teniamo in serbo le nostre domande perché noi stessi ne abbiamo paura, poi ad un tratto è troppo tardi per porle.” ( )