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The Lying Life of Adults di Elena Ferrante
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The Lying Life of Adults (edizione 2020)

di Elena Ferrante (Autore), Ann Goldstein (Traduttore)

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1,2295415,943 (3.58)21
Due anni prima di andarsene di casa mio padre disse a mia madre che ero molto brutta. La frase fu pronunciata sottovoce, nellappartamento che, appena sposati, i miei genitori avevano acquistato al Rione Alto, in cima a San Giacomo dei Capri. Tutto - gli spazi di Napoli, la luce blu di un febbraio gelido, quelle parole - rimasto fermo. Io invece sono scivolata via e continuo a scivolare anche adesso, dentro queste righe che vogliono darmi una storia mentre in effetti non sono niente, niente di mio, niente che sia davvero cominciato o sia davvero arrivato a compimento: solo un garbuglio che nessuno, nemmeno chi in questo momento sta scrivendo, sa se contiene il filo giusto di un racconto o soltanto un dolore arruffato, senza redenzione.… (altro)
Utente:womanhouse
Titolo:The Lying Life of Adults
Autori:Elena Ferrante (Autore)
Altri autori:Ann Goldstein (Traduttore)
Info:Europa Editions (2020), Edition: Reprint, Translation, 324 pages
Collezioni:La tua biblioteca
Voto:
Etichette:Nessuno

Informazioni sull'opera

La vita bugiarda degli adulti di Elena Ferrante

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C’è una Napoli che si percepisce appena, a far da sfondo a questo romanzo di Elena Ferrante. Non è una scenografia con le tinte forti dell’acrilico cui l’autrice ci aveva abituato in altri suoi lavori, assomiglia più ad un acquerello in cui il quartiere “alto” del Vomero plana, senza mai veramente posarsi, su quella napoletanità più dialettale, diretta, talvolta gretta, sempre impegnata a campa' a groliapate. C’è pathos nella scrittura, ma pare un tratto di penna diluito che forse accusa un poco il colpo e la pressione della tetralogia de “L’amica geniale”, successo planetario in libreria (12 milioni di copie vendute e traduzione in 50 nazioni) ed in televisione con la serie che ne è derivata.

“La vita bugiarda degli adulti” ha la voce e il pensiero di un ragazza adolescente che pare proprio tale anche nella scrittura di un’autrice che resta, per tutti noi, un fantasma, non essendo mai stato rivelato chi veramente si cela dietro lo pseudonimo di chi scrive. E questo saper entrare nel personaggio non è comunque cosa da poco. Accanto alla crisi adolescenziale c’è il dramma familiare di una separazione, del tradimento. Parallelamente all’emersione del proprio io di giovane donna in piena esplosione ormonale e di quella necessità generazionale di prendere le distanze dagli adulti, ci sono le bugie di questi ultimi, c’è il gioco di una dialettica della menzogna cui banalmente ci siamo abituati. E tutto ciò pesa, eccome se pesa. C’è persino una sorta di maledizione familiare che il padre della protagonista si porta appresso come un macigno, che collega quella Napoli borghese, ma di sinistra, colta ma bugiarda, intellettuale, ma serva del proprio protagonismo, alla Napoli dei quartieri bassi dove qualcuno tenta il riscatto dall’ignoranza aggrappandosi ad uno status sociale non suo, dove altri fuggono ed altri ancora più semplicemente si adattano, imparano a trovare un punto di equilibrio.

Per Giovanna, figlia unica dodicenne di buona famiglia, studentessa modello, genitori entrambi professori ed una bella casa tappezzata di libri, il mondo subisce una frattura quando, da una porta lasciata aperta, capta una frase del padre, sino a quel momento modello indiscusso cui ispirarsi. Ma non sarà tanto scoprire di “essere brutta” che cambierà tutta la sua vita (siamo però lontani anni luce da “La vita accanto” della Veladiano), sarà di apprendere da quella frase buttata nell’aria di esserlo brutta come Vittoria, la zia che nemmeno sapeva di avere, la sorella del padre, l’oscuro segreto, l’innominabile.

Giovanna a quel punto si trova a cavallo tra due esistenze, quella della bambina non più giocosa, coccolata ed inconsapevole e quella della donna, non ancora tale, ma fragile anima in metamorfosi. Vittoria, questa zia dipinta come gretta, volgare, cattiva e falsa, soprattutto terribilmente bugiarda, è il vaso di pandora che Giovanna scoperchia e dal quale, così come nella mitologia greca, tutti i mali fuoriescono e si riversano nel mondo. Quel suo mondo di adolescente in cui si fatica a contenere l’emozione, si fatica a contenere bene e male, a dividere amore e odio e in cui la protagonista ora nuota tra la vita bugiarda degli adulti che la circondano.

Come in ogni saga mitologica e familiare c'è persino l'oggetto magico, un braccialetto, che passa di polso in polso e sconvolge gli equilibri di chi lo indossa e, in fondo, nella sua circonferenza delimita il recinto relazionale del romanzo alla dimensione familiare, con qualche eccezione per gli amici altolocati e altrettanto ipocriti dei genitori e per la selva di adolescenti in piena tempesta ormonale che frequenta la protagonista.

Ora, dopo l’incontro con la zia “brutta e cattiva”, Giovanna è in bilico tra due mondi, tra due Napoli. Quello borghese, colto, in cui le bugie sono fraseggi edulcorati da un italiano perfetto, dietro cui si nascondono miserie, tradimenti un po' scontati, compassioni e amori dei genitori, e quello di un mondo partenopeo plebeo, in cui si dibatte la zia serva ed ignorante, sboccato e volgare, dove la menzogna è diretta, pungente, ma aiuta a sopravvivere. Quella dimensione da cui il padre della protagonista si è affrancato grazie alla cultura, ma cui resta legato, suo malgrado, da un cordone ombelicale familiare inscindibile.

“Lo spazio dentro cui risiedevano i parenti di mio padre era indefinito, senza nome. Avevo un’unica certezza: per andare da loro bisognava calare giù, più giù, sempre più giù, nel fondo del fondo di Napoli”.

In queste sfere sociali in cui tutti mentono, in cui ognuno racconta una propria verità, in questi mondi contrapposti che però si trovano uniti nel camuffare la realtà, Giovanna impara a sopravvivere. Anzi, impara a mentire, quasi che il farlo sia il modo migliore per proteggersi dalle bugie degli adulti, sia la medicina per lenire il dolore che la affligge, per invocare un mondo migliore di quello che ha appena visto andare in frantumi, ricercare una bellezza perduta insieme alle certezze dell’infanzia, per sperare in un amore che la tocchi dentro, per esorcizzare un sessualità tanto desiderata, quanto ignota. Insomma trova una strada, che non può essere che la sua, per diventare grande. La bugia è un peccato, ma fisiologicamente connesso all’animo umano e, un po’ come anche Chiara Gamberale ci fa notare nel suo “I fratelli mezzaluna”, l’infanzia finisce quando chi cresce vede i propri genitori come persone. E le persone, si sa, mentono.

A contraltare a chi lo ha definito un romanzo adolescenziale un po’ troppo scontato se raffrontato ad altri lavori dell’autrice, ho apprezzato nella scrittura la capacità di mettere a nudo i personaggi, tanto che si crea quasi un’inversione di empatia e si finisce per compatire i genitori di Giovanna, il cui ritratto della famiglia perfetta è spazzato via da un’adultera passione giovanile, e provare simpatia per quella zia volgare e contaminante che domina, nel libro, un panorama di donne ingannate, abbandonate, fragili per molti aspetti.

C’è, in questo “La vita bugiarda degli adulti”, anche un passaggio di testimone generazionale, la fine del ventennio Settanta/Ottanta (Giovanna è nata il 3 giugno del 1979), un periodo che Elena Ferrante, da perfetta archeologa, ci fa riscoprire rovistando nei ricordi dei personaggi che popolano il libro, frugando nell’intimo familiare, tra le vecchie fotografie in bianco e nero conservate con cura. L’inizio e la fine di un viaggio, un treno diretto ad un’età nuova della propria vita. Senza mai perdere la speranza.

“Il giorno seguente partii per Venezia insieme a Ida. In treno ci ripromettemmo di diventare adulte come a nessuna era mai successo”.

Pubblicato su: https://www.territoridicarta.com/blog/la-vita-bugiarda-degli-adulti-nella-napoli...
https://creativecommons.org/licenses/by-sa/4.0/ ( )
  Sagitta61 | Jul 8, 2023 |
Mi aspettavo molto di più dalla Ferrante, dopo il grande successo della quadrilogia de L'amica geniale. La voce narrante è riconoscibile, molto simile nei toni a quella che conduce il lettore ne L'amica geniale, ma qui il romanzo non riserva grossi colpi di scena e l'evoluzione dei personaggi è minima, sicuramente anche in ragione del fatto che il lasso di tempo in cui la storia si dipana è molto più breve. ( )
  Claudy73 | Mar 16, 2022 |
L’ultimo libro della Ferrante è stato un caso editoriale, file davanti alle librerie, prenotazioni obbligatorie per un Paese in cui ci si occupa più di discutere dell’identità dell’autore che del piacere di gustare la lettura. Paola mi ha tolto dagli imbarazzi e mi ha regalato subito subito questo libro, era la fine del 2019. Ho un mio ordine di lettura e l’ordine stesso ha prevalso sull’istinto, che era quello di prenderlo subito in mano, e così mi sono trovato ad affrontare l’ultimo lavoro della Ferrante in piena tempesta anale: una ragade curabile solo con una pomata alla nitroglicerina contraddistingue questa mia estate; negli stessi giorni in cui muore la madre di Daniela e l’infortunio mi impedisce di partecipare al funerale. Ma passiamo al libro, altrimenti faccio come quelli che guardano al dito, ma si dimenticano della luna. L’impostazione è la stessa, Napoli e le sue adolescenti grandi protagoniste. Ma mentre ne “l’amica geniale” la direzione è da giù Napoli verso la normalità piccolo borghese di Chiaia e del Vomero, in viaggio verso un riscatto sociale, ne “La vita bugiarda degli adulti”, la sedicenne Giannina fa il percorso inverso. Vive a San Giacomo dei Capri, i genitori sono insegnanti, il padre è un’intellettuale, la madre corregge le bozze di romanzi rosa. Frequenta l’ambiente della media borghesia napoletana. Ma improvvisamente una frase buttata lì dal padre, “assomiglia a mia sorella Vittoria”, la proietta verso le origini del padre, il Pascone, a Poggioreale, ancora più giù di giù Napoli. E la scoperta di un mondo diverso, di una Napoli sconosciuta, è la partenza per una vita diversa, reale, in cui la separazione dei genitori è il corollario per comprendere la vita bugiarda degli adulti. Non c’è la complessità delle storie de l’amica bugiarda, è un libro essenziale, quasi un racconto breve rispetto alla quadrilogia. Ma la Ferrante ha un merito, scrive benissimo e capisce la Napoli di oggi, il suo spaesamento morale, le sue contraddizioni e riesce a mettere a nudo le nostre fragilità, le cose non dette, il moralismo ed il cinismo. Perché le sue storie sono le storie delle nostre vite, a prescindere dalla direzione, da giù Napoli a su, e viceversa. Dopo la Fallaci c’è lei, finissimi critici e successi popolari a parte. ( )
  grandeghi | Aug 28, 2020 |
Il bel viso della bambina Giovanna si è trasformato, sta diventando quello di una brutta malvagia adolescente. Ma le cose stanno proprio così? E in quale specchio bisogna guardare per ritrovarsi e salvarsi? La ricerca di un nuovo volto, dopo quello felice dell’infanzia, oscilla tra due Napoli consanguinee che però si temono e si detestano: la Napoli di sopra, che s’è attribuita una maschera fine, e quella di sotto, che si finge smodata, triviale. Giovanna oscilla tra alto e basso, ora precipitando ora inerpicandosi, disorientata dal fatto che, su o giù, la città pare senza risposta e senza scampo.

L'estratto
1 vota | kikka62 | Feb 4, 2020 |
Mostra 5 di 5
Sterker dan ooit schreef Ferrante dit boek alsof ze al schrijvend zit te vissen in haar eigen geheugen, met tussenzinnen als: ‘Hij zei, maar ik vat het hier samen…’. Daarbij dreigt ze soms te ontsporen, en is het of ze wordt overmand door haar herinneringen.

Werkelijk mis gaat het net niet, het is deel van Ferrantes literaire spel. Wie dat niet meespeelt moet dat zelf weten, die krijgt het moeilijk met dit boek. Vertalers Miriam Bunnik en Mara Schepers houden het gewiekst in ere. Ze vertalen de lange, soms gekunstelde, altijd interessante zinnen van Elena Ferrante in galopperend Nederlands, met behoud van Ferrantes kenmerkende, houterige Schwung. (****)
aggiunto da Jozefus | modificaNRC Handelsblad, Joyce Roodnat (sito a pagamento) (Sep 3, 2020)
 

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Nome dell'autoreRuoloTipo di autoreOpera?Stato
Ferrante, Elenaautore primariotutte le edizioniconfermato
Bunnik, MiriamTraduttoreautore secondarioalcune edizioniconfermato
Damien,ElsaTraductionautore secondarioalcune edizioniconfermato
Filipetto, CeliaTraductorautore secondarioalcune edizioniconfermato
Goldstein, AnnTraduttoreautore secondarioalcune edizioniconfermato
Krieger, KarinÜbersetzerautore secondarioalcune edizioniconfermato
Marder, RebeccaNarratoreautore secondarioalcune edizioniconfermato
Schepers, MaraTraduttoreautore secondarioalcune edizioniconfermato
Tomei, MarisaReaderautore secondarioalcune edizioniconfermato

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Epigrafe
Dedica
Incipit
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Two years before leaving home my father said to my mother that I was very ugly.
Citazioni
Ultime parole
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Due anni prima di andarsene di casa mio padre disse a mia madre che ero molto brutta. La frase fu pronunciata sottovoce, nellappartamento che, appena sposati, i miei genitori avevano acquistato al Rione Alto, in cima a San Giacomo dei Capri. Tutto - gli spazi di Napoli, la luce blu di un febbraio gelido, quelle parole - rimasto fermo. Io invece sono scivolata via e continuo a scivolare anche adesso, dentro queste righe che vogliono darmi una storia mentre in effetti non sono niente, niente di mio, niente che sia davvero cominciato o sia davvero arrivato a compimento: solo un garbuglio che nessuno, nemmeno chi in questo momento sta scrivendo, sa se contiene il filo giusto di un racconto o soltanto un dolore arruffato, senza redenzione.

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