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La vedova Couderc

di Georges Simenon

Serie: Non-Maigret (46)

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Un giovane ricco esce di prigione, non sa dove andare: si ritrova a convivere con una matura vedova in una casa di campagna lungo un canale. E' un rifugio, la promessa di una stasi biologica, di un auspicato torpore della mente. Ma altre donne interverranno a turbare quel precario equilibrio. Si scatena un inferno provinciale e insieme si accende l'occasione demoniaca per tornare al delitto.… (altro)
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Ambientata nel mondo rurale, la campagna francese dove uomini donne e animali sono simili nei bisogni primordiali e negli istinti, la vicenda ruota attorno a Jean e Tati. Lui è uscito di prigione per omicidio, lei è una vedova non più giovane e non bella, "solida e tozza". Si incontrano casualmente su un autobus che collega i villaggi disseminati nella campagna e
Jean si piazza a casa di Tati mosso dalla voglia di una vita normale. Si piega volentieri alla quotidianità rustica e alla fatica delle stalle e dell'orto
ma scopre ben presto il lato gretto, l'avidità, il torbido.
I rapporti umani sono più carnali che amorosi, la famiglia è un covo di rancori e come in una tragedia antica, i protagonisti si ritroveranno incapaci di sfuggire ad un destino stabilito da sempre.
C'è tutta la grandezza di Simenon in queste pagine, soprattutto nella descrizione del paesaggio e degli ambienti tanto che al lettore pare di cogliere i suoni nelle campagne intorno alla cascina, l'odore di muffa e fieno, la pioggia e il sole abbacinante, il respiro animalesco dettato dal desiderio carnale. Libro indimenticabile da cui nel 1971 è stato tratto il film "L'evaso" con Simon Signoret (Tatì) e Alain Delon (Jean). ( )
  cometahalley | Apr 2, 2019 |
Se la grande borghesia è marcia, come la famiglia d’origine del protagonista maschile, la piccola è un nido di vipere che farebbero qualsiasi cosa per riuscuire a mettere le mani sulla ‘roba’. E’ questo un tema costante nei romanzi di Simenon in cui non compare Maigret (ma anche quando in scena c’è il suo personaggio più conosciuto, lo stesso motivo di fondo viene assai spesso rieccheggiato): in una provincia ottusa – qui siamo dalle parti di Montluçon, nel bel mezzo della Francia – ad essere dominatrice incondizionata è la grettezza, trionfante su di un panorama umano senza possibilità di redenzione. Jean, appena scarcerato, finisce nel ginepraio della famiglia Couderc, i cui membri sono pronti a tutto in attesa dell’eredità (decaduta, peraltro) che arriverà alla morte del padre rimbambito e sessuomane: due sorelle di poca intelligenza che si dibattono in matrimoni mediocri e la vedova del fratello, ex serva, passata di grado grazie a un’inopinata gravidanza, che guida con polso fermo la fattoria avita. E’ lei che coinvolge Jean, facendone un’amante occasionale – anche se potrebbe essere suo figlio - e un uomo di fatica di notevole efficienza: le piccole ma numerose incombenze che il giovanotto deve affrontare ogni giorno danno una momentanea requie agli incubi del suo passato, in una stasi che si riflette nell’immobilità della natura circostante. Dura poco però, perchè lentamente gli intrighi attorno a lui e la passione per la giovane Félicie (che non si capisce mai se c’è o se ci fa, se è innocente, tonta come la madre o sottilmente perfida) finiscono per risvegliare i vecchi fantasmi e lo psicopatico che è in lui. Forse nel finale c’è qualche forzatura nell’azione – il libro è di sole centosessanta pagine – ma quello che ne esce è un quadro nerissimo, costruito con un abile succedersi di rivelazioni sul passato dei singoli personaggi narrate con una lingua semplice ma sempre capace di coinvolgere: ognuna di queste rivelazioni è un gradino in discesa e questo indipendentemente dal fatto che si tratti anche di un passo verso la tragedia finale. Con simili premesse, è inevitabile che al lettore sia impossibile identificarsi con qualcuna delle figure che si aggirano per il romanzo: il suo posto, allora, è di mettersi a fianco dell’autore e analizzare con freddezza assieme a lui il piccolo microcosmo che viene rappresentato. Attenzione, però, perché il pessimismo di Simenon sarebbe capace di schiantare anche il più inguaribile degli ottimisti, anche perché non c’è, a fare da controcanto, la tranquilla bonomia del commissario con la pipa. ( )
  catcarlo | Oct 8, 2014 |
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A number of Simenon’s novels, among them The Venice Train, Belle, Sunday, and The Negro, can be grouped around the general theme malentendu or cross-purposes—the title of the Camus play that is Simenonesque in its cruelty. The Widow is firmly in this category, though its descriptions of violence and sexuality are unusually graphic for Simenon; and it is one of the few Simenons with a strong woman character in it. The woman in Betty and the woman narrator of November are similarly strong. But his women tend to be one-dimensional, guileful, opportunistic, coldly practical, unsentimental, or else easy prey. Tati the widow is a peasant who knows her own mind and possesses an ability to size up strangers.
aggiunto da SnootyBaronet | modificaTimes Literary Supplement, Paul Theroux (Mar 12, 2008)
 
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Un giovane ricco esce di prigione, non sa dove andare: si ritrova a convivere con una matura vedova in una casa di campagna lungo un canale. E' un rifugio, la promessa di una stasi biologica, di un auspicato torpore della mente. Ma altre donne interverranno a turbare quel precario equilibrio. Si scatena un inferno provinciale e insieme si accende l'occasione demoniaca per tornare al delitto.

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