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Sto caricando le informazioni... Tutti i racconti (1971)di Flannery O'Connor
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I negri sarebbero andati via [la presenza dei negri nelle fattorie, per i contadini bianchi è la garanzia di non essere all'ultimo posto] e sarebbero rimaste le due famiglie, contro lei e suo marito! La signora Shortley cominciò ad immaginare una guerra di parole, a vedere parole inglesi e parole polacche avanzare spavalde per aggredirsi: non frasi, soltanto parole, bla bla bla bla, scatenate e laceranti, avanzare spavalde e infine venire alle mani. Vide le parole polacche, sporche, onniscienti e non riformate, gettar fango sulle nitide parole inglesi, finchè tutto diventava sporco. Le vide ammicchiate in una stanza, tutte le parole morte e sporche, quelle degli altri e anche le sue. come i cadaveri nudi del cinegiornale" [riferimento ai cinegiornali che riportavano le immagini dei morti nei campi di sterminio]. Anche nel secondo volume ci sono racconti coinvolgenti, che descrivono un mondo triste. Prevale l'ambientazione campestre, più precisamente quella degli stati del sud degli Stati Uniti, mentre la città viene percepita come nemica, infida, pericolosa. La religione è quella in cui Dio appare crudele o, comunque, mai misericordioso. Personaggi spesso cattivi, poco affettivi. Gli inizi di ogni racconto sono stupendi ed entrano direttamente nella storia, con poche pennellate. Ad esempio: "La finestra della camera da letto della signora May era bassa e dava a oriente, e il toro, argentato dalla luna, vi stava sotto a testa alta, quasi aspettando, come un dio paziente sceso a corteggiarla, di udire la donna muoversi nella stanza" (Greenleaf) Qui i due protagonisti, la signora May e il toro, entrano in scena direttamente, in un'ambientazione notturna e campestre. "La settimana prima. Mary Fortune e il vecchio avevano trascorso le mattinate a guardare la macchina che scavava la terra e la gettava nel mucchio. Si stava fabbricando in riva al lago nuovo, in un lotto venduto dal vecchio a un tale che voleva metter su un circolo di pesca. Nonno e nipote ci andavano ogni mattina verso le dieci e il vecchio parcheggiava la macchina, una Cadillac annosa e malconcia color more sul terrapieno che sovrastava il luogo dei lavori" (La veduta del bosco) Molto bello Non si può essere più poveri che da morti, che poi diventerà la base per il romanzo Il cielo è dei violenti. "Oltre all'espressione in folle, di quando era sola, la signora Freeman ne aveva altre due: "marcia avanti" e "marcia indietro" che usava in tutti i suoi rapporti col mondo" (Brava gente di campagna) Forse il più bello Rivelazione: "La sala d'aspetto del dottore, che era molto piccola, era quasi piena, quando entrarono i Turpin, e la signora Turpin, che era molto grossa, la fece sembrare ancora più piccola con la sua presenza. La signora si fermò, torreggiante, a un capo del tavolino con le riviste in mezzo al locale, dimostrazione vivente del fatto che era inadeguato e ridicolo. I suoi occhietti neri e vivaci soppesarono tutti i pazienti, mentre studiava la possibilità di sedersi" Forse sarà stato perchè ero reduce dalla lettura, peraltro interrotta a metà , di un romanzo giapponese insopportabilmente fastidioso per la prosa scarna, povera, del tutto ignara dell'esistenza del congiuntivo (e non ho ben capito se per colpa del giapponese o della traduzione) da risultarmi assolutamente illeggibile, ma di fatto quando ho iniziato questi racconti è stato come prendere una boccata d'ossigeno, come tornare a respirare dopo una lunga apnea. La prosa precisa, ariosa, ricca di metafore, perfetta nel descrivere il profondo sud americano, prevalentemente rurale, luminoso, assolato, che riporta alla memoria vecchi film con Paul Newman, è un vero godimento. E per contrasto è proprio in questo paesaggio, così apparentemente radioso, che si sviluppano le storie crudeli, spietate a volte efferate di una serie di personaggi collerici e rancorosi, che non conoscono umiltà , in uno conflitto continuo tra arroganza intellettuale e gretta ignoranza infarcita di pregiudizi e stupidità , e dove alla fine gli equilibri sono ristabiliti da una giustizia suprema che si abbatte con puntuale precisione sui personaggi come in una sorta di "giudizio universale" tutto terreno. E nonostante lo sconcerto provato nel riconoscermi nei tipi più di quanto non avessi creduto possibile, o forse proprio per questo, penso che questo diventerà uno di quei libri che stazionano perennemente in una pila di fianco al mio letto, a portata di mano per essere riletto in qualsiasi momento. ContieneEverything that Rises Must Converge [short story] di Flannery O'Connor (indirettamente) A Good Man is Hard to Find [short story] di Flannery O'Connor (indirettamente) The River di Flannery O'Connor (indirettamente) The Life You Save May Be Your Own di Flannery O'Connor (indirettamente) A Temple of the Holy Ghost di Flannery O'Connor (indirettamente) Good Country People di Flannery O'Connor (indirettamente) The Displaced Person di Flannery O'Connor (indirettamente) A Circle in the Fire di Flannery O'Connor (indirettamente) Ha come guida per lo studentePremi e riconoscimentiElenchi di rilievo
Fiction.
Short Stories.
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Google Books — Sto caricando le informazioni... GeneriSistema Decimale Melvil (DDC)813.54Literature English (North America) American fiction 20th Century 1945-1999Classificazione LCVotoMedia:
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Flannery O’Connor ha avuto vita breve e sofferta e a trentanove anni, nel 1964, è morta della stessa terribile malattia che aveva già ucciso suo padre. A guardarla nelle foto, con il filo di perle, l’occhiale da brava ragazza studiosa, sembra impossibile che abbia potuto concepire queste short stories di angosciante tristezza, ambientate quasi tutte in quel Sud nel quale era nata e cresciuta. Sono storie di agricoltori e di gente di provincia, oppressa dalla cappa soffocante dell’ignoranza e della miseria e dall’ossessione per "i negri". Sono racconti durissimi, che non fanno nessuna concessione al romanticismo o alla voglia di lieto fine e nelle quali la storia della padrona di una fattoria maciullata da un toro inferocito prende quasi il ruolo di intermezzo rilassante fra quelle del nonno che spacca la testa alla nipotina, del figlio che uccide la madre per errore o del ragazzino che si impicca a una trave della soffitta. Questi momenti terribili sono raccontati con un tono mai compiaciuto del dettaglio orripilante: la voce della O’Connor sembra voler mantenere una sorta di distacco emotivo da ciò che racconta, su tutto calando piuttosto un velo di tristezza sconfinata.
Non sappiamo la fine della povera ragazza minorata abbandonata al bar di una stazione di servizio dal balordo che l’ha sposata solo per fregarle l’automobile. Forse la madre la ritroverà ma questo non ci consola. Il volume è uno di quei libri che si lasciano con un sottile, anche se inconfessato, senso di liberazione. Con tutto ciò Flannery O’Connor è una scrittrice da leggere: magari al momento giusto, quando i meccanismi di autodifesa sono al loro posto e prontamente reattivi. ( )