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The Art of Losing

di Alice Zeniter

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24514109,135 (3.95)10
Naima has always known that her family came from Algeria - but up until now, that meant very little to her. Born and raised in France, her knowledge of that foreign country is limited to what she's learned from her grandparents' tiny flat in a crumbling French sink estate: the food cooked for her, the few precious things they brought with them when they fled. On the past, her family is silent. Why was her grandfather Ali forced to leave? Was he a harki - an Algerian who worked for and supported the French during the Algerian War of Independence? Once a wealthy landowner, how did he become an immigrant scratching a living in France? Naima's father, Hamid, says he remembers nothing. A child when the family left, in France he re-made himself: education was his ticket out of the family home, the key to acceptance into French society. But now, for the first time since they left, one of Ali's family is going back. Naima will see Algeria for herself, will ask the questions about her family's history that, till now, have had no answers. Spanning three generations across seventy years, Alice Zeniter's The Art of Losing tells the story of how people carry on in the face of loss: the loss of a country, an identity, a way to speak to your children. It's a story of colonization and immigration, and how in some ways, we are a product of the things we've left behind.… (altro)
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Questo libro, in larga misura autobiografico, è un viaggio nel passato della propria famiglia da parte di un’esponente della terza generazione di immigrati algerini in Francia, non tanto o almeno non solo alla ricerca delle proprie radici, ma con l’intento di colmare un vuoto determinato dal molto, e sofferto, non detto del proprio nonno e padre. Non si tratta, in questo caso, propriamente di immigrazione “economica”, anche se poi il risultato è quello del livellamento della famiglia con gli immigrati “poveri, ma di una scelta politica che ha portato il nonno, Alì, possidente benestante, a schierarsi con i Francesi nel 1962, al momento della guerra di indipendenza. Alì aveva combattuto con i Francesi al tempo della seconda guerra mondiale ed era stato non solo insignito di varie medaglie al merito, ma aveva ottenuto la cittadinanza francese. Nel 1962 aveva scelto, non per particolare convinzione, ma perché riteneva fosse più conveniente per sé e per la propria famiglia, di stare dalla parte dei colonizzatori ed era stato poi costretto, insieme ai suoi, a rifugiarsi in Francia. Qui la famiglia ha vissuto prima lungamente in campi profughi poi in una delle famigerate banlieue dove è stato confinato un gruppo particolare di immigrati gli harki, francesi non accolti come tali dai Francesi e algerini considerati traditori dagli Algerini. Alì in Francia rimane per sempre un non integrato, e da possidente benestante, quale era in Algeria, diventa un operaio povero che nemmeno parla francese. La prima parte del libro è la sua storia, quella di un perdente, di chi, in uno di quei momenti in cui la Storia mette di fronte a scelte epocali, ha scelto la parte sbagliata (il titolo del libro è appunto “L’arte di perdere”) mentre la seconda è la storia di Hamid, suo figlio, e della sua lunga battaglia per l’integrazione che passa anche, e principalmente, attraverso la rimozione dell’Algeria dalla sua vita e dai suoi pensieri. La terza parte è la storia di Naima, la figlia di Alì, giovane francese moderna ed emancipata, che nei tratti somatici mantiene alcuni tratti algerini e che, dopo gli attentati terroristici in Francia degli anni ‘2000, è, quasi inevitabilmente, risucchiata dalla storia della sua famiglia, di cui non conosce nulla perché suo padre Hamid ha scelto il silenzio totale, che non ammette eccezioni e che non lascia alcuno spazio alla condivisione di ricordi o di rimpianti per l’Algeria. Naima decide di andare a fondo e quindi il suo viaggio nella storia di famiglia diventa un viaggio vero e proprio in Algeria, anche in Cabilia terra di origine della famiglia, dove conosce la parte algerina della famiglia, quella che al tempo della guerra di liberazione aveva fatto un'altra scelta. Con questo Naima riesce finalmente a chiudere il cerchio.
Il libro è molto interessante per l’argomento, poco noto, e molto avvincente nella prima e nella seconda parte. Le storie di Alì e di Hamid, dolorose vicende di immigrazione, sono raccontate molto bene mentre la terza parte, quella di Naima, è meno riuscita. Ci sono troppe divagazioni, troppi personaggi poco delineati e c’è forse qualche forzatura di troppo nella descrizione della sua vita e dei suoi atteggiamenti di donna francese emancipata. Peccato, perché le prima due parti meritavano quattro stelle e forse più, ma mi devo fermare e tre e mezzo. ( )
  Marghe48 | Oct 23, 2020 |
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Alice Zeniterautore primariotutte le edizionicalcolato
Franklin, CeciliaTraduttoreautore secondarioalcune edizioniconfermato
Kober, HainerTraduttoreautore secondarioalcune edizioniconfermato
Wynne, FrankTraduttoreautore secondarioalcune edizioniconfermato
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Naima has always known that her family came from Algeria - but up until now, that meant very little to her. Born and raised in France, her knowledge of that foreign country is limited to what she's learned from her grandparents' tiny flat in a crumbling French sink estate: the food cooked for her, the few precious things they brought with them when they fled. On the past, her family is silent. Why was her grandfather Ali forced to leave? Was he a harki - an Algerian who worked for and supported the French during the Algerian War of Independence? Once a wealthy landowner, how did he become an immigrant scratching a living in France? Naima's father, Hamid, says he remembers nothing. A child when the family left, in France he re-made himself: education was his ticket out of the family home, the key to acceptance into French society. But now, for the first time since they left, one of Ali's family is going back. Naima will see Algeria for herself, will ask the questions about her family's history that, till now, have had no answers. Spanning three generations across seventy years, Alice Zeniter's The Art of Losing tells the story of how people carry on in the face of loss: the loss of a country, an identity, a way to speak to your children. It's a story of colonization and immigration, and how in some ways, we are a product of the things we've left behind.

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