Nell’epoca dei tweet, dei k, degli fb, la riscoperta del valore della lingua, come risorsa culturale, è quasi di moda. E in questa scia si muove questo intelligente libro della Marcolongo che ci riporta sui banchi di scuola, quando il greco era un mistero da svelare. E così tra aoristi, duali, costruzioni lessicali perfette con accenti toni e acuti, la Marcolongo propone un ritorno al passato, o forse ad un futuro, quello in cui ogni serio studente del liceo classico pensa di riprendere in mano una buona grammatica di greco e, addirittura, di dissotterrare il Rocci. Raccontare la bellezza infinita di una lingua semplice e complessa allo stesso tempo in poche pagine non è semplice. E anche la Marcolongo a volte, onestamente, si perde e cincischia; per carità non è un manuale, ma una sorta di diario di una ragazza che è rimasta affascinata da una lingua. Però proprio il rigore e la flessibilità di quella lingua, probabilmente, sono gli elementi che richiedono maggiore rispetto. Ciò detto il libro si legge che è una favola, sarà la nostalgia per gli ottativi e per i periodi ipotetici che rende il lettore buono buono. ( )

Solo per il titolo merita 3, sulla fiducia. Poi è un libro che riapre il cuore al periodo dai 14 ai 19 anni, al liceo classico ed ai professori di greco (3) avuti. E' fantastico, molto bello: per come è scritto ma anche per tutti i ricordi che è capace di portarsi dietro. ( )