Questo volume contiene i quaderni quinto, sesto, settimo, scritti a Marsiglia dal novembre 1941 all'inizio del 1942. Periodo dunque brevissimo, dove tanto più prodigiosa appare la concentrazione e l'intensità del pensiero della Weil. Qui si direbbe che venga trasporta in regola di vita metafisica quella abitudine che è tipica degli allievi della École Normale (come la Weil stessa era stata): studiare pochi testi, ma tentando di derivarne le conseguenze più ramificate, più vaste e più decisive. E proprio in questi mesi vengono a giustapporsi, per la Weil, a quelli greci antichi alcuni testi della tradizione indù, che prendono posto fra quelli per lei essenziali: innanzitutto la 'Bhagavad Gītā' e le 'Upanisad', che la Weil cominciava allora a leggere nell'originale, dopo essere stata iniziata allo studio del sanscrito da René Daumal agli inizi del 1941. Tra i 'Vangeli', la 'Gītā' e i greci antichi si viene così a creare una triangolazione abbagliante. Al di là di essa, percepiamo un azzardo peculiare della Weil: tentare di fissare una 'fisica del soprannaturale', che trasponga le nozioni di leva, forza, limite, equilibrio, gravità, livello, ecc., in un altro ambito, quello di cui meno sappiamo e da cui dipende ogni attimo della nostra vita. Ed è solo la grazia di un rigoroso pensiero analogico a permetterci di procedere, come in queste pagine, verso quella 'linea d'ombra' di ogni pensiero che è la giuntura dello spirito con la materia.