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Un invito a cena di troppo (2009)

di Ismaîl Kadaré

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1618169,593 (3.39)10
Townsfolk assume a prominent citizen betrayed them during the 1943 Nazi invasion of Albania. Years later he will be forced to reveal the secret behind his actions.
  1. 00
    La luna è tramontata di John Steinbeck (CGlanovsky)
    CGlanovsky: Involving the reactions of communities under German occupation
Nessuno
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I initially found this novel, the latest from Kadare, to be a Bridge on the Drina for the 1940s. The tics and hisses of History occur just off-camera. Barely audible. Life in the provinces continues. There is considerable traction made at the expense of the various groups within the titular town of Gjirokastër, which serves as stand-in for the Balkans as a disjointed whole. The story progresses from the Italian capitulation through the Nazi Occupation and ultimately into the postwar period where Stalin's death and the Doctor's Plot surface with the sinister air of some ancient curse.

The concluding third of the novel is an interrogation, not just of the suspected reactionaries, but of the region's foundational myths and traditions. The charges are repeated like incantations and the culpability of all those involved remains as muted as the stone of the city they inhabit.
( )
  jonfaith | Feb 22, 2019 |
Albania, 1943.
I found this an interesting, yet strange read. I'm not sure if this was down to the translation, or the style of the original text. It is set in 1943, at the time when Mussolini and the Nazis parted ways and Albania found itself abandoned by the Italians, leaving the country wide open for Nazi invasion.

The Stone City of the title is Gjirokastër, an ancient Albanian stronghold and the first city the Nazis reach when they enter Albania. The city is beautifully described in the narrative, which prompted me to Google images of the city.

This is very much a fact driven book and the only characters we get to discover much about are Big and Little Drs. Gurameto, both surgeons in the local hospital. The competition that exists between them seems to be generated by gossip in the local community rather than being actual rivalry.
Then, to the dismay of the townspeople, Big Gurameto appears to welcome the Nazi commander and hosts a lavish banquet in his honour. While this turns out to be beneficial to the town in the short term, it causes huge problems for Big Gurameto when the communists arrive.

The latter parts of the book confused me, with the women being called 'comrade' on the streets and consequently fainting and even dying. I found on-line reference to women who were hanged for partisan activities, but nothing to explain the events narrated. There is also reference to a Jewish conspiracy called 'the Joint', but I also failed to discover any reference to this, leaving me feeling that the second half of the book was more fable than fact.

I guess I learned something of Albania's history but I seem to be left with as many questions as answers. ( )
  DubaiReader | Jul 28, 2018 |
An allegoric novel, like many of Kadare's work. A main role for his hometown Gjirokastër in Albania, that is so prominent that it looks like the protagonist. Of course Kadare is again joking with the communist regime that dominated for so long his country and this time it's so hilarious that you can only wonder why so many people saw for such a long time a realistic alternative in these oppressive, even stupid, regimes.
Not all ends well, and some mysterious people pass by, die, get mad or simply survive. And this is, maybe, how life was in Albania under that regime: you were lucky, or not, or you didn't want to know anymore ( )
  Lunarreader | Apr 8, 2016 |
When Albania is occupied by the Germans during WWII doctor Guremento holds a dinner for the head of the German army. This dinner haunts him and leads to trouble when communists take over the country. ( )
  RachelNF | Jan 15, 2016 |
Kadare's ironic take on human folly and hypocrisy and the uncertainties of history combined with strong story telling makes a good read. In a strange way, makes something of the horrors of totalitarianism into dark comedy; in that, reminiscent of the Italian film 'Life is beautiful' ( )
  vguy | Oct 12, 2014 |
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Epigrafe
Dedica
Incipit
Fra il dottor Gurameto il grande e il dottor Gurameto il piccolo non c'era mai stata la minima traccia d'invidia. Benché portassero lo stesso cognome, non avevano nessun legame di parentela e di certo, se non fosse stato per la professione medica, i loro destini non si sarebbero mai incrociati, e nemmeno si sarebbero visti affibbiare quei due soprannomi, il grande e il piccolo, che sin da principio li avevano costretti a un confronto probabilmente indesiderato.
Citazioni
La giornata non era ancora finita, ma dopo quella lunga paralisi sembrava fosse passato molto più tempo. Neppure la parola pareva adatta al momento: pomeriggio. La seconda parte della giornata. Il suo didietro. Forse la sua faccia più infida, quella che per secoli era riuscita a dissimulare il suo antico astio verso la prima parte del giorno, la parte che va sotto il nome di mattino. Per non parlare dell'alba. Ed ecco che improvvisamento tutto quel rancore si era accumulato per scoppiare a sorpresa quel giorno di settembre.
Allo stesso tempo prendeva il sopravvento una relativa riconoscenza verso il destino che li aveva preservati da altri flagelli dimenticati da tempo immemorabile, come la Bisnotte, una specie di mostro del calendario che sfuggiva a ogni immaginazione, lasso di tempo privo di senso, scaturito da chissà dove, dalle viscere dell'universo, amalgama di due notti che forse si erano unite per sempre dopo aver strangolato il giorno, come nelle antiche dimore di Argirocastro si stangolavano le donne che erano state disonorate.
Proprio in una di queste case isolate qualcuno si ricordò di una cena di tanto tempo prima, una storia tramandata di generazione in generazione, sotto forma di favola o di ninna nanna, in cui si raccontava di un padre di famiglia che, per rispettare un patto, doveva invitare uno sconosciuto a cena e ne aveva dato l'incarico a suo figlio, consegnandogli il cartoncino con l'invito. Ma il ragazzo, mentre camminava alla ricerca di un passante sconosciuto, si ritrovò in un sentiero isolato che costeggiava il cimitero e, in preda al terrore, gettò l'invito al di là del muro di cinta e si  allontanò  rapidamente nell'oscurità, senza immaginare che il cartoncino fesse caduto su una tomba. Tornato a casa, disse al genitore : Ho eseguito la tua richiesta, padre. E intanto sulla soglia apparve il morto, con l'invito in mano, terrorizzando i commensali e il padrone di casa: Mi hai invitato? Eccomi qui! non fare quella faccia, adesso!
In una visione folgorante, come non gli era mai capitato prima, gli balenò in mente la scena in cui, steso sul tavolo operatorio, si rendeva conto tutt'a un tratto che il chirurgo che lo stava operando altri non era che lui stesso. La cosa lo stupiva, per quel poco che ci si può stupire nei sogni, ma ciò che lo impressionava di più era l'espressione che vedeva sul volto dell'altro. Non si riusciva a capire se lo avesse riconosciuto oppure no, aveva voglia di dirgli: Non vedi che sono io, non te ne sei accorto? Nel frattempo il chirurgo, con il bisturi in mano, sembrò  riconoscerlo, ma non lo diede a vedere più di tanto, come se avesse visto per strada un importuno, e Gurameto ebbe nuovamente voglia di dirgli: Attento, per pietà, non vedi che sono io, cioè te stesso? Ma intanto il medico si era risistemato la mascherina, e adesso per Gurameto era più difficile riuscire a decifrare la sua espressione. Inoltre quest'ultima cambiava di continuo. In certi momenti sembrava voler dire che naturalmente avrebbe avuto pietà di lui come di un suo familiare, in altri l'esatto  contrario, e cioè che chiunque avrebbe meritato la sua compassione tranne lui.
Gurameto avrebbe voluto chiedergli: Perché? Ma l'anestesia non glielo consentiva più. L'espressione del chirurgo diventava sempre più severa. Ora che ti ho in pugno, vedrai cosa ti faccio.
E il supplizio continuava: Scherzavi, tu sei me, come potrei farti del male? Poi, all'improvviso: Imbecille, non lo sai che i nostri peggiori nemici siamo noi stessi? Non hai ancora imparato che, se c'è uno da cui non puoi sperare in nessun modo di sfuggire, quello sei proprio tu? E a quel punto, nell'istante esatto in cui la mascherina si era chinata su di lui per praticare il primo taglio con i bisturi, era stato svegliato dalle sue stesse grida.
Libera gli ostaggi, Fritz! ripeté. Libera obsides! [...]
Mi hai dato un ordine in una lingua morta. Perché lo hai fatto, amico mio? [...]
La spiegazione di Gurameto fu piuttosto confusa. Non c'entrava niente il tedesco. Il latino era una lingua che aveva amato e che avrebbe continuato ad amare. Per quanto riguardava quella frase, l'aveva pronunciata istintivamente, senza pensare. Forse era la nostalgia degli anni dell'università. Dell'epoca in cui usavano il latino per confidarsi i segreti. E poi era una lingua neutra... al di sopra di quelle tempeste... al di sopra di noi... Una lingua in cui da secoli non si davano più ordini.
L'oscurità atterrisce gli inquirenti. Non noi. Anzi: in mezzo a quell'oscurità, in quel vuoto, introdurremo un altro enigma. Il loro enigma, come la loro verità, non ci interessa. Al suo posto ci metteremo il nostro.
Ultime parole
(Click per vedere. Attenzione: può contenere anticipazioni.)
Nota di disambiguazione
Redattore editoriale
Elogi
Lingua originale
DDC/MDS Canonico
LCC canonico

Risorse esterne che parlano di questo libro

Wikipedia in inglese

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