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Waging heavy peace : a hippie dream di Neil…
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Waging heavy peace : a hippie dream (originale 2012; edizione 2012)

di Neil Young

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7584029,587 (3.56)28
An iconic figure in the history of rock and pop culture (inducted not once but twice into the Rock and Roll Hall of Fame), Neil Young has written his eagerly awaited memoir.
Utente:ErinRuth2010
Titolo:Waging heavy peace : a hippie dream
Autori:Neil Young
Info:New York : Blue Rider Press, c2012.
Collezioni:La tua biblioteca
Voto:
Etichette:MR-3

Informazioni sull'opera

Waging Heavy Peace: A Hippie Dream di Neil Young (2012)

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Perché Neil Young ha scritto questo libro? Perché si è ripulito da alcool ed erba e non riesce più a buttar giù una canzone, perché si è rotto un alluce in piscina, perché è un modo facile per fare i soldi (vedi alla voce Keith Richards). Di sicuro lo ha fatto a modo suo, da testone un po’ egocentrico qual è, e come si descrive, abituato a prendere una decisione a poi portarla avanti come un carrarmato: trattandosi di un artista dalla carriera ondivaga, non ne poteva venir fuori altro che un libro ondivago, dove il passato ha lo stesso peso del presente e del futuro e in cui i capitoli sono messi a caso, a seconda di quanto passava per la monte del loro autore al momento di metterli su carta. Perché il Canadese ha deciso in partenza che questo è il suo libro e nessun’altro ci deve mettere mano (è ‘The loner’ si o no?) si tratti di un ghostwriter – non sia mai! – o di un editor: figura che, però, sarebbe stata più che mai necessaria perchè Young è un signor musicista, ma uno scrittore alle prime armi e, grazie all’occhio di qualcuno esperto, ci si sarebbero potute risparmiare le ripetizioni e le pagine che non vanno da nessuna parte, appesantendo la lettura magari proprio appena dopo un momento particolarmente interessante. Insomma, ‘buona la prima’ funziona con il rock ‘n’ roll, assi meno con la scrittura. Va bene che Neil abbia a cuore i suoi progetti presenti e futuri, ma quando si legge per l’ennesima volta, e con parole simili, di Puretone/Pono (formato digitale con qualità da analogico), di Linevolt (auto elettrica) o del nuovo disco dei Crazy Horse che verrà (quando? Boh, mah…) si finisce per perdere la pazienza e accelerare senza rimpianti. Per non parlare della descrizione minuziosa, da vero appassionato, delle automobili o delle case della sua vita nonchè dei trenini, il che, se non altro, rivela il maniaco di meccanica ed elettronica nascosto nell’artista: in mezzo a tutto questo, i ricordi escono a volte come lunghi capitoli, a volte come schegge improvvise. Di ordine cronologico, ovviamente, neanche a parlarne, con frequenti ritorni negli stessi luoghi e tempi, magari con un’angolazione appena diversa: gli anni giovanili (dagli Squires ai primi Buffalo Springfield) sono una specie di manuale di sopravvivenza che i giovani gruppi dovrebbero leggere, ma le parti migliori sono quelle dedicate a illuminare i primi anni Settanta, tra l’età hippie che andava morendo e l’avvio del successo discografico grazie anche a una dedizione alla musica che mette in secondo piano qualsiasi altro aspetto. Un po’ a denti stretti, verso la fine, arriva l’ammissione di essere stato a volte intrattabile ed eccessivamente spigoloso – in poche parole: uno stronzo – ma chi è alla ricerca di rivelazioni esclusive rimarrà di certo deluso: Young dà ragione ai Lynyrd Skynyrd riguardo ad ‘Alabama’, ma è anche capace di buttar lì una Grace Slick che gira nuda per casa e poi di passare subito ad altro (a parte il monumento alla moglie Pegi, le figure femminili sono quasi sempre in secondo piano). La musica, dunque: molto spazio è lasciato a colleghi e collaboratori che diventano amici a volte inseparabili in una carriera che si svolge senza particolari intoppi (anche se i periodi più bui vengono un po’ tralasciati) e regala una stabilità economica costante che consente a Young di realizzare presto i suoi desideri (controbilanciata, peraltro, non una notevole serie di sfighe sanitarie, sia personali sia che coinvolgono la sua famiglia). Il tutto raccontato con una lingua il più semplice possibile per precisa scelta – tanto che si nota la differenza quando è la penna di Jimmy McDonough a ricostruire le parole di David Briggs – e rivolgendosi spesso al lettore dandogli del tu, anche per invitarlo a mollare il volume, in caso non piacesse: un atteggiamento nello stile del ruvido personaggio, ma, se non ci fosse scritto ‘Neil Young’ in copertina, si finirebbe per essere molto meno indulgenti. ‘Sii grande o sparisci’ vale anche per i libri, Neil! (Ultima nota per il titolo italiano, bruttissimo: non si poteva fare uno sforzo e tradurre l’orignale ‘Waging heavy peace’?). ( )
  catcarlo | Oct 8, 2014 |
If this is starting to sound random and a little irritating, that’s because it is. But as the book rolls on, it gathers heft and builds toward a vivid but disjointed picture of Young’s life.
 
Not many authors explain their reasons for writing books as bluntly as Neil Young does in “Waging Heavy Peace.” First of all there’s the thing now known as the Keith Richards phenomenon: there turns out to be a large and lucrative market for memoirs from rock stars. In a two-page chapter called “Why This Book Exists” Mr. Young explains that his book will be a goose that lays a golden egg. He’s writing it because it will earn him enough money to stay off the stage for a while, which he badly needs to do for mental and physical reasons. “It all started when I broke my toe at the pool,” he explains.....
aggiunto da melmore | modificaNew York Times, Janet Maslin (Oct 28, 2013)
 
His distinctly unplugged prose can plod along in an artless, ruminative sort of way, or it can – very occasionally – take wing. The style turns out to be as unpredictable a combination of awkwardness and grace as his music, lurching from sudden insights – "the muse has no conscience", he notes, meditating on his readiness to do the dirty work of firing colleagues who fail to meet his standards – to the occasional aside of such startling banality that the reader pauses, searching in vain for a redeeming irony: "California really is beautiful if you've never been there. It's worth a visit for sure." There are lots of exclamation marks, and even an "OMG", which sounds odd coming from the pen of a 66-year-old man.
aggiunto da melmore | modificaThe Guardian, Richard Williams (Oct 19, 2013)
 
That a musical shape-shifter like Neil Young would take an unorthodox approach to his memoirs is to be expected. Indeed, this charming, poignant volume is much like Young’s oeuvre: sustained periods of pure delight punctuated by sudden, unexpected turns. The stream in Young’s stream-of-consciousness is more like a river that’s burst its banks.

Seemingly unfettered by editors, and certainly not by chronology, Young tells us what he can remember in the manner and order he remembers it and – as he frequently informs his readers – has a blast doing so. We get a cursory tour of his upbringing in Winnipeg and the Ontario town of Omemee, and his early days in Toronto’s Yorkville music scene. A good portion of the book deals with the 1970s, and Young writes with passionate nostalgia about his work with bands such as Buffalo Springfield, CSNY, and Crazy Horse. Inevitably, the book is in part a paean to the many people Young has lost over the years, including David Briggs, his long-time producer and best friend.

Young is an avid collector of guitars, model railways, and vintage cars (he cannot describe a journey without telling us what he was driving). He also has an entrepreneurial streak, and allots a considerable – some might say inordinate – amount of space to his current pet projects: a hybrid electric car and a master-quality digital music format.

Fans are bound to feel frustrated by the book’s many omissions. For example, we never find out when Young first picked up a guitar. And though he speaks lovingly of both parents, he fails to mention his mother’s death. Young’s sons Ben and Zeke both have cerebral palsy, despite being born to different mothers. Although Young devotes a good number of pages to Ben, more insight into his personality and the challenges of raising him would have helped round out the picture.

Young’s relative lack of attention to his personal life feels less like self-editing than simple honesty: he often describes his life as being “dedicated to the muse.” Drugs and alcohol form an integral part of that muse. Young explains that he hasn’t written a single song since going sober in 2011. He may, however, have found a different outlet for his creative side: Young credits sobriety with unleashing his inner author, and we can apparently look forward not only to another instalment in his memoirs, but a book of fiction as well.
aggiunto da VivienneR | modificaQuill & Quire, Emily Donaldson (Jan 27, 2013)
 
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Titolo canonico
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Titolo originale
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Data della prima edizione
Personaggi
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Luoghi significativi
Eventi significativi
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Epigrafe
Dedica
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For Ben Young, my Hero, my Warrior.

And his mother, brother, and sister.
Incipit
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I pulled back the plastic sticky tape from the cardboard box.
Citazioni
Ultime parole
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(Click per vedere. Attenzione: può contenere anticipazioni.)
Nota di disambiguazione
Redattore editoriale
Elogi
Lingua originale
DDC/MDS Canonico
LCC canonico

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An iconic figure in the history of rock and pop culture (inducted not once but twice into the Rock and Roll Hall of Fame), Neil Young has written his eagerly awaited memoir.

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