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Trionfo della morte (1894)

di Gabriele D'Annunzio

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« Guardiagrele, la città di pietra, risplendeva al sereno di maggio. Un vento fresco agitava le erbe su le grondaie. Santa Maria Maggiore aveva per tutte le fenditure, dalla base al fastigio, certe pianticelle delicate, fiorite di fiori violetti, innumerevoli cosicché l'antichissimo Duomo sorgeva nell'aria cerulea tutto coperto di fiori marmorei e di fiori vivi. »(Gabriele D'Annunzio dal Trionfo della morte[1])Trionfo della morte è un romanzo del 1894 di Gabriele D'Annunzio. Si tratta dell'ultimo della cosiddetta trilogia dei Romanzi della Rosa dopo Il piacere e L'innocente.Esempio di romanzo psicologico, nel quale la trama e l'intreccio cedono il posto all'introspezione della coscienza del protagonista, Giorgio Aurispa, nella cui mente si svolge l'intera vicenda romanzesca. Il romanzo, che apre con un passo dell'Al di là del bene e del male di Friedrich Nietzsche nell'esergo, sviluppa il tema del superomismo così come interpretato dall'allora trentunenne d'Annunzio.TramaGiorgio Aurispa è un giovane abruzzese colto e raffinato di nobile discendenza che ha abbandonato il paese natìo per trasferirsi a Roma, scevro da qualsiasi impiego, grazie all'eredità lasciatagli dalla morte del suicida zio Demetrio. Intesse una relazione con una donna sposata, Ippolita Sanzio, che deciderà poi di abbandonare il marito in favore del protagonista. Il rapporto sentimentale nato tra i due ha quell'intensità violenta e sensuale cara a D'Annunzio, così come lo Sperelli ne Il piacere, e al suo modo decadente di descrivere la passione come opera d'arte.La soggettività dell'impostazione narrativa è anche dovuta al peculiare carattere dell'eroe dannunziano, malato, debole e gelosamente chiuso in se stesso, per il quale la realtà umana si rivela senza speranza, vuota ed inutile. Persino l'amore per Ippolita alla fine non è capace di dare alcuna consolazione ed al protagonista non rimane altra scelta che quella di porre fine al "mal di vivere" che gli è insopportabile. Come nel Piacere anche in questo romanzo vi sono abbondanti ricorsi simbolici, come per il suicidio iniziale che presagisce la morte del protagonista.… (altro)
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  ScarpaOderzo | Apr 13, 2020 |
Trionfo della morte - trilogia della rosa 3

Nel romanzo che chiude questa trilogia, protagonista è la morte esplorata nelle sue varie facce, quella morbosa, nell'osservare quella degli altri, quella che accompagna sempre Giorgio Aurispa nelle sue elucubrazioni e da lui auspicata per porvi appunto fine, quella poi invocata per spezzare la sua schiavitù dall'amore verso Ippolita, quella di Ippolita per rendere reale quello che molti vagheggiano e cioè l'idealizzazione del possesso supremo nella morte della persona amata, e poi quella per lui perfetta, la morte di entrambi per fermare il vortice senza fine dei pensieri nell'estremo atto finale (ma lei non era tanto d'accordo!).
In queste pagine, ma del resto anche negli altri romanzi della trilogia, d'Annunzio con una descrittività maniacale fa dei profondi profili introspettivi dei personaggi, che denotano gli studi da lui fatti sulle scienze, moderne per l'epoca, che sancivano il rapporto tra l'inconscio e i comportamenti del genere umano.
Ci regala poi delle bellissime pagine nel capitolo sulla visita al
Santuario di Casalbordino, di una visionarietà che sconfina nel surreale, fatti ed eventi da lui osservati direttamente.
Su tutto traspare, nelle descrizioni dei luoghi, delle usanze e delle
tradizioni, l'amore per il suo Abruzzo, terra da lui mai dimenticata.
La morte quindi come voluttà estrema, lungamente pensata e poi portata a termine con fredda ed esaltata lucidità per placare le proprie nevrosi e trovare finalmente pace tra le braccia di colei che tutti accoglie indistintamente.
La lettura è molto pesante, le lunghe descrizioni a volte spossano, ma l'italiano di d'Annunzio non ha eguali per ricercatezza, varietà ed eleganza, e questo aiuta molto, per chi sa apprezzarlo, nella lettura di questo libro, che può meritatamente definirsi come un vero e proprio "Trionfo della morte"! ( )
1 vota barocco | Jun 21, 2017 |
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« Guardiagrele, la città di pietra, risplendeva al sereno di maggio. Un vento fresco agitava le erbe su le grondaie. Santa Maria Maggiore aveva per tutte le fenditure, dalla base al fastigio, certe pianticelle delicate, fiorite di fiori violetti, innumerevoli cosicché l'antichissimo Duomo sorgeva nell'aria cerulea tutto coperto di fiori marmorei e di fiori vivi. »(Gabriele D'Annunzio dal Trionfo della morte[1])Trionfo della morte è un romanzo del 1894 di Gabriele D'Annunzio. Si tratta dell'ultimo della cosiddetta trilogia dei Romanzi della Rosa dopo Il piacere e L'innocente.Esempio di romanzo psicologico, nel quale la trama e l'intreccio cedono il posto all'introspezione della coscienza del protagonista, Giorgio Aurispa, nella cui mente si svolge l'intera vicenda romanzesca. Il romanzo, che apre con un passo dell'Al di là del bene e del male di Friedrich Nietzsche nell'esergo, sviluppa il tema del superomismo così come interpretato dall'allora trentunenne d'Annunzio.TramaGiorgio Aurispa è un giovane abruzzese colto e raffinato di nobile discendenza che ha abbandonato il paese natìo per trasferirsi a Roma, scevro da qualsiasi impiego, grazie all'eredità lasciatagli dalla morte del suicida zio Demetrio. Intesse una relazione con una donna sposata, Ippolita Sanzio, che deciderà poi di abbandonare il marito in favore del protagonista. Il rapporto sentimentale nato tra i due ha quell'intensità violenta e sensuale cara a D'Annunzio, così come lo Sperelli ne Il piacere, e al suo modo decadente di descrivere la passione come opera d'arte.La soggettività dell'impostazione narrativa è anche dovuta al peculiare carattere dell'eroe dannunziano, malato, debole e gelosamente chiuso in se stesso, per il quale la realtà umana si rivela senza speranza, vuota ed inutile. Persino l'amore per Ippolita alla fine non è capace di dare alcuna consolazione ed al protagonista non rimane altra scelta che quella di porre fine al "mal di vivere" che gli è insopportabile. Come nel Piacere anche in questo romanzo vi sono abbondanti ricorsi simbolici, come per il suicidio iniziale che presagisce la morte del protagonista.

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