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Ammazzate quel fascista! Vita intrepida di Ettore Muti

di Arrigo Petacco

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Benchè fosse, per molti aspetti e in molti momenti della sua vita, un cazzone senza pari, Ettore Muti non si meritava di vedersi sporcato il nome dal gruppo di delinquenti raccolti nella Legione Autonoma a lui intitolata. Almeno questo è ciò che si deduce leggendo questo veloce eppure documentato libretto che ne racconta la ‘vita intrepida’, come dice il sottotitolo, nonché la morte misteriosa. Muti era uno nato per fare il soldato: romagnolo spaccone e con un labile senso del limite, stava bene solo in guerra, dove andò per la prima volta solo quattordicenne sul fronte austriaco per poi farsi passare tutti i conflitti della prima metà del secolo (fu a Fiume, in Etiopia, in Spagna,in Albania, in Grecia) uscendone sempre con la pelle intatta per coincidenze che sfioravano l’inverosimile. Sul resto dell’esistenza tendeva, invece, a passare come un bulldozer, si trattasse dei rapporti interpersonali o degli affetti: dimentico dei familiari a parte l’adorata madre (era pur sempre un italiano) e consumatore seriale nei confronti del gentil sesso fra le cui fila mietè successi a ripetizione grazie all’aspetto da divo del cinema. Era inevitabile che un tipo simile – stesse origini del ‘padron’, ovvero Mussolini, un passato da Ardito e l’immediata simpatia del compagno di bisbocce - diventasse fascista e facesse anche carriera: un’ascesa favorita dalle sue molte medaglie e disturbata dalla sua irrequietezza, oltre che dall’avversione per la burocratizzazione e la corruzione dei gerarchi. Per questo durò poco come segretario del PNF (non che se ne dispiacesse, peraltro) e la circostanza potrebbe anche aiutare a spiegare la sua strana fine – o esecuzione? – maturata nei confusi quarantacinque giorni badogliani senza che nessuno riuscisse, né allora né dopo, a ricostruire davvero come si svolsero i fatti. Petacco racconta tutto questo in circa duecento pagine in cui la lettura scorre veloce grazie all’ormai consolidato linguaggio divulgativo, ma comunque lontano dalle banalità e ravvivato da un funzionale uso dei flash-back e dei flash-forward: se la narrazione della prima parte dell’esistenza di Muti è resa scoppiettante dalla dedizione all’avventura del protagonista, la seconda scorre meno perché per forza di cose più minuziona, ma rende bene l’idea di come il sottobosco degli intrighi di potere in Italia sia sempre stato vivo, anche se con protagonisti diversi. In ogni caso, quel che esce dal libro è il ritratto di un uomo e di un’epoca legati in maniera indissolubile, in fondo vicini a noi temporalmente, ma – almeno pare – lontanissimi dal punto di vista psicologico. ( )
  catcarlo | Oct 24, 2014 |
«Di certo c'è soltanto che è morto.» Questo fu l'asciutto commento che seguì l'annuncio dell'uccisione di Ettore Muti, ex segretario del partito fascista, trovato cadavere con una pallottola alla nuca nella pineta di Fregene il 24 agosto 1943. Sulle ragioni dell'unico delitto eccellente che funestò i famosi «45 giorni di Badoglio» {25luglio -8 settembre 1943) si sollevò un gran polverone in cui convivevano le ipotesi più diverse e contraddittorie. Secondo la versione «badogliana», Muti venne ucciso dai carabinieri mentre tentava di fuggire, dopo essere stato tratto in arresto. Secondo la versione fascista, il suo assassinio fu invece commissionato dallo stesso Badoglio che l'avrebbe ritenuto il solo gerarca capace di tentare un controcolpo di Stato con l'appoggio dei tedeschi. Ettore Muti era in quel momento il fascista più popolare d'Italia. Quarant'anni, spavaldo, violento, coraggioso, maschilista, amante rapace «più bello di Rodolfo Valentino», riassumeva tutte le caratteristiche del camerata «perfetto». L'audacia e lo sprezzo del pericolo erano in effetti i suoi segni distintivi. Votato all'avventura per l'avventura, senza pregiudizi ideologici o morali, fin dalla prima adolescenza non mancò a nessun appuntamento con la guerra. A quattordici anni combatté con gli Arditi sul Piave, a sedici seguì d'Annunzio a Fiume e poi, dopo la marcia su Roma, partecipò come aviatore spericolato alla campagna d'Abissinia, alla guerra di Spagna, alla conquista dell'Albania e infine al secondo conflitto ondiale, guadagnandosi una quarantina di decorazioni, fra cui due medaglie d'oro e dieci d'argento. Per i suoi meriti «guerrieri», Mussolini lo nominò nel 1939 segretario del partito al posto di Starace, ma dovette ben presto pentirsene: il mestiere del funzionario e del burocrate non si addiceva a un uomo d'azione così ribelle, leale, impolitico e persino onesto. Arrigo Petacco ricostruisce la biografia tumultuosa e avvincente di questo fascista anomalo e, cercando di far luce sul fitto mistero che ne circondò la morte, rivela per la prima volta con chiarezza i movimenti, le responsabilità, le strumentalizzazioni, le vigliaccherie e le sconcertanti complicità di tutti i protagonisti >. ( )
  BiblioLorenzoLodi | Sep 8, 2014 |
Il 24 agosto 1943 Ettore Muti, ex segretario del partito fascista, venne trovato cadavere con una pallottola alla nuca nella pineta di Fregene. Sulle ragioni di quel delitto eccellente si sollevò un gran polverone in cui convivevano le ipotesi più diverse e contraddittorie. Muti era in quel momento il fascista più popolare d’italia: quarant’anni, spavaldo, violento, coraggioso, maschilista, amante rapace, «più bello di Rodolfo Valentino», riassumeva tutte le caratteristiche del camerata perfetto. Votato all’avventura per l’avventura, non mancò a nessun appuntamento con la guerra, fin da quando, a quattordici anni, combatté con gli Arditi sul Piave, in questo libro Arrigo Petacco ricostruisce la biografia tumultuosa e avvincente di questo fascista anomalo, ribelle, leale e onesto. E, cercando di far luce sul fitto mistero che ne circondò la morte, rivela per la prima volta con chiarezza i moventi, le responsabilità, le strumentalizzazioni, le vigliaccherie e le sconcertanti complicità di tutti i protagonisti del «giallo di Fregene». ( )
  BiblioLorenzoLodi | Mar 7, 2012 |
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