In uno scenario western una storia incalzante, dai cambiamenti repentini di sequenza come in un film.
Come sempre il tema di fondo è il rapporto tra vicende umane, violente e tragiche, e una natura indifferente, distante come governata da leggi e divinità diverse. ( )

Mi accosto sempre con un certo timore alle opere di CMC. Mi fanno paura. Perché lui de-scrive una non-umanità, il lato ombra, il nero di una fotografia.
Mentre i sentimenti, le emozioni le risveglia e le lascia tutte a te lettore. La pena, la pietas, l'amore, l'ansia, l'angoscia, la paura, il terrore che i protagonisti nemmeno sanno che cosa siano, perché sono impegnati a sopravvivere.
In questo romanzo una natura immensa e rigogliosa é spettatrice delle tristi, sordide, turpi, violente e meschine vite di questi uomini e donne, senza speranza di un futuro, un progetto per costruire la propria esistenza.
Un vagare disperato nel fango, nella polvere delle strade di un mondo torbido e denso di umori che é specchio delle loro anime.
Scrittura possente quella di McCarthy, da cui si viene ipnotizzati, dialoghi spezzati brevi, descizioni della natura che ti pare di esservi immerso. La natura canta con i suoi innumerevoli uccelli e insetti, é verde e rigogliosa quanto l'animo umano é arido e silenzioso.
Ogni volta mi succede, mi avvicino con circospezione ai romanzi di McCarthy, so che fanno male, é come gettare lo sguardo in un abisso, in un pozzo nero e ogni volta arrivata alla fine chiudo il libro con un sospiro di sollievo, mi guardo intorno e son contenta di essere tornata nel mio piccolo mondo fatto di piccole cose.
E poi penso anche che come scrive e dice lui le cose del lato nero di noi tutti, non lo fa nessuno. In un certo senso dovremmo essergli grati. ( )

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