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First published in 1854, Hard Times is a profoundly moving, articulate and searing indictment of the life-reducing effects of the industrial revolution, and certain aspects of enlightenment thinking. Set in the fictional midlands mill-town of Coketown, the narrative centers on the industrialist, Mr Thomas Gradgrind, whose belief in scientific utilitarianism skews his world view and is a motive force, carrying the narrative towards farce and tragedy.
Gradgrind's no-nonsense abhorrence of 'fancy' extends to his implementing an ambitious education scheme that aims to exclude all 'nonsense' and keep the minds of young people focused squarely on facts.
The book is ultimately an argument in favor of fancy and radical thinking, and a damning critique of industrial capitalism and its exploitation and repression of the workers whose lives were spent (literally) in sustaining the system.
CurrerBell: The Professor and Hard Times don't have all that much in common — and even less so do CB and CD have that much in common — but there's an interesting conversational exchange in The Professor, in the last chapter but one, that reminds me of the "reason vs. sensibility" theme in Hard Times.… (altro)
Finalmente, a un mese dall'inizio dell'anno, sono riuscita a finire di leggere il primo libro del 2013. Sarà che ultimamente ho la testa persa tra altri pensieri, saranno stati gli strascichi delle festività e i malanni che hanno infestato la casa, fatto sta che ho fatto una fatica immane a finire questo romanzo. Avevo scelto di iniziare l'anno di lettura con una certezza: Dickens. Casualmente mio marito a Natale mi ha regalato Tempi difficili e mi ci sono avvicinata con tranquillità conoscendo l'autore, sebbene il titolo bisogna ammettere che non sia proprio incoraggiante. (L'altro libro scelto da mio marito è Uomini e topi... forse dovrei iniziare a indagare sullo stato d'animo del mio consorte...) Non avrei mai pensato di ricevere una delusione così cocente da Dickens, davvero! Tutto quello che avevo letto di lui fino ad ora mi era piaciuto, e per me era una salda colonna, un po' come Jane Austen o Shakespeare o Dostoevski. Dopo aver lottato contro la noia e la pesantezza, ieri mi sono imposta di finire il romanzo. E l'ho fatto, come un compito, controllando sempre il numero di pagine rimanenti e tirando un sospiro di sollievo all'ultima riga. Ma non potevo arrendermi così e allora, alla ricerca di una spiegazione, mi sono letta anche il saggio di George Orwell riportato alla fine del mio volume Einaudi e tratto da Inside the Whale, Secker & Warburg, London 1940 (traduzione di Cristina Scagliotti). E mi sono un po' consolata perché Orwell scrive che Tempi difficili, insieme a Le due città, sono i romanzi dell'autore considerati "non dickensiani" proprio perché in essi vengono a mancare i temi e i tratti tipici della sua scrittura. "Il tipico romanzo dickensiano" Oliver Twist, per esempio, "ruota sempre intorno al melodramma". Secondo Orwell dove Dickens dà il meglio di sé è nella descrizione dei personaggi ritratti nella loro vita privata e fissati nei loro caratteri immobili e peculiari. Solitamente nei romanzi di Dickens la società rimane sullo sfondo, i suoi personaggi, se lavorano, fanno un lavoro non ben definito e che comunque non è al centro della loro vita quotidiana, eccezion fatta per David Copperfield, dove il protagonista è, guarda caso, uno scrittore. "La verità è che in Dickens il giudizio sulla società è quasi esclusivamente di tipo morale". Quando l'autore attacca un'istituzione lo fa senza mai proporre delle alternative costruttive e non dà nemmeno mostra di voler sovvertire l'ordine costituito, ciò che a lui interessa è la natura umana. E quindi il suo discorso non si concentra tanto sul fatto che le condizioni di vita degli operai delle fabbriche sono il frutto di un sistema economico sbagliato, quanto piuttosto sulla necessità di migliorarle magari attraverso padroni migliori. Semplificando all'osso: se tutti siamo più buoni, il modo sarà migliore. Per quanto riguarda questo romanzo in particolare, fin da subito l'ho sentito dissonante con il mondo dickensiano a cui ero avvezza. Tutto questo parlare di fabbriche, ciminiere, operai e sindacati, banche ed elezioni politiche, senza peraltro mai approfondire gli argomenti, ma restando sempre nel vago. E poi i personaggi, così diversi dal solito e così noiosi: un padre di famiglia che decide di allevare i suoi figli nella rigidità delle discipline scientifiche escludendo dalla loro vita qualsiasi fantasia, immaginazione o moto del cuore, dei figli che crescono aridi e confusi, due operai buoni e sfortunati, una ragazza abbandonata da un padre clown. Bounderby, il banchiere "sborone" con la sua vecchia domestica dal naso adunco sono forse i personaggi più ironici e più simili a quanto da Dickens ci si aspetterebbe. Questa Louisa che dovrebbe essere la chiave di volta del romanzo proprio non mi ha convinta: cresciuta secondo i rigidi dettami del padre "eminentemente pratico" accetta di sposare il vecchio Bounderby, anche se si intravedono già segni di cedimento nell'istituzione creata dal padre. Sarà un insulso seduttore a farla crollare senza però portare il suo gesto alle naturali conseguenze. Il seduttore verrà allontanato e lei si riavvicinerà al padre che di fronte alla miseria della figlia vedrà messo in discussione tutto il suo sistema educativo e di vita e si ricrederà. Pff.... Interessante il suggerimento di mia suocera di provare a leggere la storia come un confronto tra le scienze esatte e quelle umanistiche. Ma non può esserci solo questo in un romanzo di Dickens. Mi rifarò con un bel drammone, magari francese! Uomini e topi può aspettare, e non me ne voglia mio marito! ( )
Whimsy, imagination, and sentiment have been banned in the Gradgrinds' upper-class household, but in Coketown, whose working class inhabitants fight for their very survival, the ban becomes a merciless creed. There, all that matters are the grinding wheels of production. Hard Times reflects a harsh world of grueling labor and pitiless relationships. But it is also a story of hope, of something elemental in the human spirit that rises above its bleak surroundings.
Dati dalle informazioni generali inglesi.Modifica per tradurlo nella tua lingua.
INSCRIBED TO THOMAS CARLYLE
Incipit
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Now, what I want is, Facts.
'I am three parts mad, and the fourth delirious, with perpetual rushing at Hard Times,' wrote Dickens in a letter to his friend and later biographer John Forster on 14 July 1854. (Introduction)
Citazioni
Con grilli per la testa egli intendeva l'immaginazione, ed è senz'altro probabile che la signora ne fosse tanto priva quanto poteva esserlo una creatura umana non ancora giunta alla perfezione dell'idiozia assoluta.
… quando varcò la soglia di casa aveva un'aria tutt'altro che ardimentosa, e comparve alla presenza dell'oggetto delle sue apprensioni con l'aria di un cane consapevole d'essere appena sbucato dalla dispensa.
Ultime parole
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We shall sit with lighter bosoms on the hearth, to see the ashes of our fires turn gray and cold.
He wrote in a letter to a friend a few months after finishing that the idea for the novel had 'laid hold of me by the throat in a very violent manner'; and it is this well-focused fire, what Orwell called Dickens's 'generous anger' that gives Hard Times its immense power. (Introduction)
First published in 1854, Hard Times is a profoundly moving, articulate and searing indictment of the life-reducing effects of the industrial revolution, and certain aspects of enlightenment thinking. Set in the fictional midlands mill-town of Coketown, the narrative centers on the industrialist, Mr Thomas Gradgrind, whose belief in scientific utilitarianism skews his world view and is a motive force, carrying the narrative towards farce and tragedy.
Gradgrind's no-nonsense abhorrence of 'fancy' extends to his implementing an ambitious education scheme that aims to exclude all 'nonsense' and keep the minds of young people focused squarely on facts.
The book is ultimately an argument in favor of fancy and radical thinking, and a damning critique of industrial capitalism and its exploitation and repression of the workers whose lives were spent (literally) in sustaining the system.
Finalmente, a un mese dall'inizio dell'anno, sono riuscita a finire di leggere il primo libro del 2013. Sarà che ultimamente ho la testa persa tra altri pensieri, saranno stati gli strascichi delle festività e i malanni che hanno infestato la casa, fatto sta che ho fatto una fatica immane a finire questo romanzo.
Avevo scelto di iniziare l'anno di lettura con una certezza: Dickens. Casualmente mio marito a Natale mi ha regalato Tempi difficili e mi ci sono avvicinata con tranquillità conoscendo l'autore, sebbene il titolo bisogna ammettere che non sia proprio incoraggiante. (L'altro libro scelto da mio marito è Uomini e topi... forse dovrei iniziare a indagare sullo stato d'animo del mio consorte...)
Non avrei mai pensato di ricevere una delusione così cocente da Dickens, davvero! Tutto quello che avevo letto di lui fino ad ora mi era piaciuto, e per me era una salda colonna, un po' come Jane Austen o Shakespeare o Dostoevski.
Dopo aver lottato contro la noia e la pesantezza, ieri mi sono imposta di finire il romanzo. E l'ho fatto, come un compito, controllando sempre il numero di pagine rimanenti e tirando un sospiro di sollievo all'ultima riga. Ma non potevo arrendermi così e allora, alla ricerca di una spiegazione, mi sono letta anche il saggio di George Orwell riportato alla fine del mio volume Einaudi e tratto da Inside the Whale, Secker & Warburg, London 1940 (traduzione di Cristina Scagliotti).
E mi sono un po' consolata perché Orwell scrive che Tempi difficili, insieme a Le due città, sono i romanzi dell'autore considerati "non dickensiani" proprio perché in essi vengono a mancare i temi e i tratti tipici della sua scrittura. "Il tipico romanzo dickensiano" Oliver Twist, per esempio, "ruota sempre intorno al melodramma". Secondo Orwell dove Dickens dà il meglio di sé è nella descrizione dei personaggi ritratti nella loro vita privata e fissati nei loro caratteri immobili e peculiari. Solitamente nei romanzi di Dickens la società rimane sullo sfondo, i suoi personaggi, se lavorano, fanno un lavoro non ben definito e che comunque non è al centro della loro vita quotidiana, eccezion fatta per David Copperfield, dove il protagonista è, guarda caso, uno scrittore. "La verità è che in Dickens il giudizio sulla società è quasi esclusivamente di tipo morale". Quando l'autore attacca un'istituzione lo fa senza mai proporre delle alternative costruttive e non dà nemmeno mostra di voler sovvertire l'ordine costituito, ciò che a lui interessa è la natura umana.
E quindi il suo discorso non si concentra tanto sul fatto che le condizioni di vita degli operai delle fabbriche sono il frutto di un sistema economico sbagliato, quanto piuttosto sulla necessità di migliorarle magari attraverso padroni migliori. Semplificando all'osso: se tutti siamo più buoni, il modo sarà migliore.
Per quanto riguarda questo romanzo in particolare, fin da subito l'ho sentito dissonante con il mondo dickensiano a cui ero avvezza. Tutto questo parlare di fabbriche, ciminiere, operai e sindacati, banche ed elezioni politiche, senza peraltro mai approfondire gli argomenti, ma restando sempre nel vago. E poi i personaggi, così diversi dal solito e così noiosi: un padre di famiglia che decide di allevare i suoi figli nella rigidità delle discipline scientifiche escludendo dalla loro vita qualsiasi fantasia, immaginazione o moto del cuore, dei figli che crescono aridi e confusi, due operai buoni e sfortunati, una ragazza abbandonata da un padre clown. Bounderby, il banchiere "sborone" con la sua vecchia domestica dal naso adunco sono forse i personaggi più ironici e più simili a quanto da Dickens ci si aspetterebbe.
Questa Louisa che dovrebbe essere la chiave di volta del romanzo proprio non mi ha convinta: cresciuta secondo i rigidi dettami del padre "eminentemente pratico" accetta di sposare il vecchio Bounderby, anche se si intravedono già segni di cedimento nell'istituzione creata dal padre. Sarà un insulso seduttore a farla crollare senza però portare il suo gesto alle naturali conseguenze. Il seduttore verrà allontanato e lei si riavvicinerà al padre che di fronte alla miseria della figlia vedrà messo in discussione tutto il suo sistema educativo e di vita e si ricrederà. Pff....
Interessante il suggerimento di mia suocera di provare a leggere la storia come un confronto tra le scienze esatte e quelle umanistiche. Ma non può esserci solo questo in un romanzo di Dickens.
Mi rifarò con un bel drammone, magari francese!
Uomini e topi può aspettare, e non me ne voglia mio marito! (