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Sto caricando le informazioni... Gravity's Rainbow (Penguin Classics Deluxe Edition) (originale 1973; edizione 2006)di Thomas Pynchon, Frank Miller (Illustratore)
Informazioni sull'operaL'arcobaleno della gravità di Thomas Pynchon (1973)
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Non è stata una passeggiata. Lo sapevo prima di cominciare ed è stato vero per tutte le quasi mille pagine di questo non-romanzo ambientato tra la fine della Seconda Guerra Mondiale e i primi mesi di pace. Che inizia con un ufficiale del controspionaggio britannico che, a tempo perso, coltiva banane (in Inghilterra) e con quelle crea sempre nuovi piatti per la colazione dei suoi commilitoni e continua seguendo – pressappoco – le evoluzioni del suo pseudo-protagonista Tyrone Slothrop, ricercatissimo tenente dell’esercito degli Stati Uniti che ha un’erezione ogniqualvolta si trovi accanto al punto di caduta di una V2. Sono solo i primi di oltre quattrocento personaggi che compaiono all’improvviso e che poi, dopo essere stati centrali per pagine e pagine, spariscono di colpo: a volte riemergono a sorpresa, altre svaniscono per sempre. Tutti con nomi stravaganti, quando non comici in modo scoperto: del resto, l’ironia – sovente acre, ma anche diretta, come nel viaggio di Slothrop giù per il cesso - è una delle armi che lo scrittore usa per narrarci la sua negativa visione del mondo, ma anche per alleggerire un intreccio labirintico. Se tante sono le figure che lo abitano, il romanzo sciorina un ancor maggiore numero di percorsi ulteriormente complicati da deviazioni (pseudo-) scientifiche, riflessioni sui massimi sistemi, descrizioni che partono da elementi reali per perdersi nel sogno, nei simboli, nell’allucinazione. Forse non a caso, allora, in queste pagine abbondano le droghe che, assieme a pratiche di sesso non convenzionale descritte con minuzia, raccontano di una corruzione morale e materiale senza ritorno culminante nella crociera dell’Anubis che si può facilmente immaginare filmata dal Pasolini di ‘Salò’: l’oppressione e il degrado dell’essere umano non sono terminati con il nazismo, hanno solo indossato una maschera diversa. Così, in fondo, il vero centro motore del volume è la paranoia, di cui soffrono tutti i personaggi che, più che agire, hanno l’impressione di essere burattini guidati da fili misteriosi: il più burattino di tutti è Slothrop che, tra percorsi assurdi e travestimenti umilianti (incluso un costume da maiale) finisce per disintegrarsi. Destino analogo a quello del romanzo. La quarta parte, destrutturata e saltellante qua e là senza una logica (apparente?), è come la sequenza finale di ‘2001 Odissea nello spazio’: per apprezzarla al meglio, è necessario lasciarsi andare senza la pretesa di capire tutto e neppure di dare un ordine razionale agli stimoli che si ricevono. Regola che poi vale anche per le pagine precedenti, magari là dove si parla dell’ossessione del Razzo (alla cui traiettoria allude il titolo) in cui l’autore riversa le conoscenze tecniche maturate negli anni di lavoro alla Boeing. Non si può negare che, in certi momenti, venga voglia di lanciare il libro contro il muro, ma, a parte la considerazione dei danni che ne conseguirebbero, l’attesa per il successivo pezzo di bravura trattiene la mano. Perché, ad esempio, nel procedere magmatico della storia brillano numerosi racconti dotati di vita propria che, mai banali, sanno raggiungere livelli superlativi come nei brani che narrano di Frans il massacratore di dodi, del tecnico aerospaziale pedofilo Pökler o, forse inarrivabile, di Byron la lampadina.
There’s a dirty secret tucked away in Thomas Pynchon’s novels, and it’s this: beyond all the postmodernism and paranoia, the anarchism and socialism, the investigations into global power, the forays into labor politics and feminism and critical race theory, the rocket science, the fourth-dimensional mathematics, the philatelic conspiracies, the ’60s radicalism and everything else that has spawned 70 or 80 monographs, probably twice as many dissertations, and hundreds if not thousands of scholarly essays, his novels are full of cheesy love stories. Those who have read Thomas Pynchon’s Gravity’s Rainbow know that those 700+ pages add up to more than just a novel; it’s an experience. The hundreds of characters are difficult to follow, the plot is nonsensical, sex is graphically depicted, drugs are smoked out of a kazoo and a poor light bulb goes through many humiliating experiences. But the brilliance of Gravity’s Rainbow is not in spite of its oddness but because of it. Like one of his main characters, Pynchon in this book seems almost to be "in love, in sexual love, with his own death." His imagination--for all its glorious power and intelligence--is as limited in its way as Céline's or Jonathan Swift's. His novel is in this sense a work of paranoid genius, a magnificent necropolis that will take its place amidst the grand detritus of our culture. Its teetering structure is greater by far than the many surrounding literary shacks and hovels. But we must look to other writers for food and warmth. As of course is all this jammed input — a parlous challenge to the reader's perseverance. But then however much the latter may have been strained, one must pay tribute to Pynchon's plastic imagination, his stunning creative energy, and here and there the transcendent prose: "It was one of those great iron afternoons in London: the yellow sun being teased apart by a thousand chimneys breathing, fawning upward without shame" — all marvelously descriptive of the world in which we live and are sure to die. Appartiene alle Collane EditorialiÈ contenuto inContieneHa l'adattamentoHa ispiratoHa come guida di riferimento/manualeHa come commento al testoHa come guida per lo studentePremi e riconoscimentiMenzioniElenchi di rilievo
Winner of the 1973 National Book Award, Gravity's Rainbow is a postmodern epic, a work as exhaustively significant to the second half of the twentieth century as Joyce's Ulysses was to the first. Its sprawling, encyclopedic narrative and penetrating analysis of the impact of technology on society make it an intellectual tour de force. Non sono state trovate descrizioni di biblioteche |
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Google Books — Sto caricando le informazioni... GeneriSistema Decimale Melvil (DDC)813.54Literature English (North America) American fiction 20th Century 1945-1999Classificazione LCVotoMedia:
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Difficile dar loro torto, comunque: L’Arcobaleno della Gravità è il classico libro dove non si capisce nulla tranne qualche qualche significato superficiale qua e là che ti fa arrivare strematǝ alla fine. Un po’ come l’Ulisse di Joyce, anche se devo ammettere di aver trovato il romanzo di Pynchon più comprensibile dal punto di vista dell’ambientazione: semplicemente, la storia della Seconda Guerra Mondiale e di tutto ciò che le è girato intorno mi sono più familiari della storia irlandese, quindi da questo punto di vista sono riuscita a seguirlo meglio. Per il resto, è tutto abbastanza oscuro.
Posso dire di aver capito i temi generali (e di essermi anche sentita toccata profondamente in almeno un paio di momenti), ma c’è un mole enorme di dettagli che non sono minimamente in grado di spiegarmi – e che non ho nemmeno troppa voglia di approfondire perché ammiro la capacità di scrivere romanzi di questa complessità, ma non muoio dalla voglia di passare il mio tempo libero a sviscerarne i significati. Il mio impegno in tal senso si è fermato ad accompagnare la lettura con The Gravity’s Rainbow Handbook: A Key to the Thomas Pynchon Novel di Robert Crayola e solo perché lo avevo incluso nell’abbonamento di Scribd, visto che non è in grado di dirvi molto più di quello che potete tranquillamente capire da solǝ. Può essere giusto utile come glossario dei nomi e come mappa per ricordarsi dove si è all’interno del romanzo.
Vale la pena di soffrire mille pagine per leggere questo romanzo? Difficile a dirsi. In alcuni momenti mi sono sentita così frustrata – il livello di paranoia descritto da Pynchon è stremante dopo anni passati a sorbirsi complotti su vaccini, QAnon e compagnia bella – e così annoiata – avete presente le scene di coprofilia che si mettono per disgustare i membri di un rispettabile advisory board? Ecco, una noia – che alla fine la voglia di lanciarlo dalla finestra era piuttosto forte. Allo stesso tempo, però, non penso di aver mai letto un romanzo così capace di descrivere lo sfacelo totale portato dalla Seconda Guerra Mondiale, non solo da un punto di vista fisico e materiale, ma anche psicologico e morale.
Mentre lo leggevo, poi, continuava a risuonarmi in mente Zerocalcare, quando a proposito della pandemia e della sua gestione diceva:
Ecco, se dovessi scrivervi come mi è sembrato L’Arcobaleno della Gravità nel complesso, vi scriverei che è la descrizione di una lunga discesa verso la fine. Forse non l’apocalisse e la fine di tutti i tempi (a voler essere ottimistз), ma sicuramente la fine di tutto quello che abbiamo conosciuto fino a quel momento. Roba che si adatta alla nostra contemporaneità, ma che non mi sento di consigliare troppo alla leggera, sia per la complessità della lettura, sia per la presenza di qualunque contenuto sensibile sia stato pensato dall’umanità.
Niente che invogli la lettura, mi rendo conto, ma praticamente niente di questo romanzo è appetibile se non il fatto che altrз lettorз sono lì a dirvi che è più della storia di un tizio che ha un’erezione ogni volta che sta per cadere un razzo. E se la sola idea vi sembra folle, sappiate che non è niente rispetto alla follia – la follia umana – che troverete ne L’Arcobaleno della Gravità. ( )