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Vitaliano Trevisan (1960–1922)

Autore di I quindicimila passi

19 opere 135 membri 10 recensioni

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Informazioni generali

Data di nascita
1960
Data di morte
1922
Sesso
male
Nazionalità
Italy

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Recensioni

Scrittura complessa ma affascinante!
½
 
Segnalato
gianoulinetti | 2 altre recensioni | Mar 12, 2013 |
Questo e un romanzo o meglio un racconto lungo, dalla prosa che da l'affanno con le sue proposizioni molto lunghe, e a volte di difficoltosa percorrenza, che più che letta vien voglia di ascoltarla. Ci si immagina con facilità questo lungo monologo interiore recitato a teatro con il protagonista che a grandi falcata percorre la scena. (Trevisan é anche attore e sceneggiatore e qui lo si percepisce molto bene)
I quindicimila passi. Sono più o meno sette, otto chilometri. Lo so perché anche io li ho contati, o meglio li ha contati per me un contapassi, piccolo aggeggio che si mette alla cintura e conta ogni passo che fai. (oltre a calcolare le calorie bruciate e certi anche la frequenza cardiaca). Lo si deve programmare mettendo la misura della falcata di chi lo usa, io ho messo cinquanta centimetri. Cinquanta centimetri un passo, quindicimila passi 7.5 chilometri.
Sono lo spazio che separa la casa dell'io narrante, Thomas Boschieri, da quella del notaio Strazzaboschi da cui il protagonista deve assolutamente recarsi per firmare delle carte dopo la dichiarazione di morte della sorella, scomparsa da dieci anni.
In questo spazio/tempo, Thomas cammina e conta, senza mai o quasi alzare lo sguardo dall'asfalto, pensa, riflette, considera, racconta di sé, della sua famiglia. Sono pensieri agri, acidi, pieni di rabbia soprattutto nei confronti della vita e del mondo o meglio della provincia del mondo in cui abita.
Thomas, l'io narrante é malato, affetto da un bel disturbo psicotico, da bambino il grave trauma della morte della madre e due mesi dopo del padre lo "obbliga" a adottare meccanismi psichici atti a difenderlo dalla sofferenza generata da tali eventi. Svilupperà anche un attaccamento morboso alla sorella più grande, unica ancora alla realtà ma anche fonte di costruzioni deliranti sino all'agito mortifero . Thomas ha operato una rimozione massiccia di certi vissuti e sentimenti (dolore, rabbia, paura, impotenza) e come ogni rimozione degna di tale nome genera mostri: dissociazione, sdoppiamento di personalità, idee di morte, il suicidio come via d'uscita d'emergenza, comportamenti ossessivo-compulsivi che hanno lo scopo di sedare l'angoscia,(contare i passi, le pulizie ossessive), totale mancanza di relazioni significative, isolamento e ripiegamento su di sé accentuato, progettualità congetturata ma di impossibile realizzazione e fonte di un'importante conflittualità interiore( magnifica le descrizione della preparazione della valigia "perfetta" qualora la decisione di andarsene fosse agita). L'io diviso e lacerato fra ciò che si é veramente e l'apparenza ipocrita che il vivere sociale domanda. Anche qui magistrale la disgressione sull'opera di F. Bacon, le tre facce deformi, che altro non sono per Thomas o meglio per il fratello/doppio di Thomas che la reale e autentica manifestazione esterna dell'io interiore.
Il romanzo é definito "ghost stories" nella quarta di copertina, storia di fantasmi, quelli creati dalla mente malata di Thomas é narrata e costruita bene, ma Trevisan mi pare voler andare ben oltre, e la storia di una dissociazione e suo conseguente e inevitabile agito diventa pretesto per parlare e rimandarci al nostro quotidiano vivere e agire da dissociati: quello che ci porta ad accettare di vivere in luoghi terrificanti, brutti, senza aria e senza luce, rumorosi e sporchi. Che ci fa quotidianamente (e lo sappiamo! o si! che lo sappiamo!) respirare un'aria impestata, a mangiare schifezze, e a berne delle altre . Ad ascoltare notizie raccapriccianti date dai media e continuare a mangiare la nostra pastasciutta senza batter ciglio, senza che l'anima provi un fremito. Quella che ci fa identificare con la maschera che portiamo perché il nostro vero io se si manifestasse sarebbe malato e deforme come i Tre visi dipinti da Bacon. Quella che ci fa parlare di natura senza nemmeno sapere cosa sia perché ormai la identifichiamo con gli squallidi giardinetti delle casette tutte uguali, dipinte di giallino o di azzurrino. Quella che non ci fa vedere le orrende periferie, la cementificazione di quelli che una volta erano boschi (Boschieri Thomas il protagonista, Strazzaboschi il notaio, la Magnabosca una orrenda anziana vicina, nomi casuali?) e che Thomas immagina ci siano ancora e li percorre ossessivamente contando i suoi passi, anche di notte e gira e ulula e piscia negli squallidi giardinetti e miserevoli orti malati.
Eppure noi viviamo convinti di essere sani, o "facendo finta di essere sani" di gaberiana memoria. Un bluff, perché per poter vivere o meglio sopravvivere, dobbiamo rimuovere e quindi dissociarci dal nostro vero sentire e essere. Non dare ascolto e rimuovere quei sentimenti e quelle sensazioni che ci farebbero probabilmente soffrire e star male, ma che permetterebbero forse al mondo di essere un posto migliore e magari bello per viverci. Dobbiamo dissociarci dalla consapevolezza che quello che stiamo facendo a noi stessi e al mondo é esattamente all'opposto di quello che abbiamo bisogno.
Di Trevisan molto altro ancora ho intenzione di leggere.
… (altro)
 
Segnalato
Pandora59 | 2 altre recensioni | Jan 25, 2010 |
Grotteschi e arabeschi. Poe e storie di horror quotidiano.
Il grottesco é la materia, terrigna, sanguinolenta, l'arabesco é la ratio, il razionalizzare l'impossibile, magari raschiando un muro per cancellare l'ombra di un mobile, di una fotografia che sono stati tolti.
Uhm però... troppo terrigno stavolta il Trevisan per i miei gusti, sanguinolento anche, saltato a piè pari le pagine dove descrive uccisioni di animali, e il sesso é stupro o quasi o violenza mortifera.
E anche l'arabesco, ho letto di meglio uscito dalla sua penna.
L'arabesco non é molto arabescato insomma.
Il barilozzo di Amontillado invettiva incattivita ma poco conturbante e niente di nuovo che non si sia già letto e pensato in relazione alle raccomandazioni, al tirare le tasche dei potenti, all'essere figlio di.. e quindi avere sempre il culo con un cuscino sotto che para il colpo. In questo caso in relazione al mondo del cinema e suoi attori e comparse.
Non mi ha convinto. No.
Ecco.
… (altro)
½
 
Segnalato
Pandora59 | 2 altre recensioni | Jan 25, 2010 |

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