Israel Joshua Singer (1893–1944)
Autore di I fratelli Ashkenazi
Sull'Autore
Fonte dell'immagine: (Library of Congress Van Vechten Photographs LOT 12735, no. 1039)
Opere di Israel Joshua Singer
Perle: Uno straniero 9 copie
יאָשע קאַלב 2 copie
PERLE - UNO STRANIERO 2016 1 copia
I capolavori: Yoshe Kalb-I fratelli Ashkenazi-La famiglia Karnowski-Da un mondo che non c'è più. Ediz. integrali (2015) 1 copia
Fun a velt vos iz nishto mer 1 copia
Di Mishpokhe Karnovski: Roman 1 copia
PRINTEMPS ET AUTRES SAISONS 1 copia
Brd̜rene Askenazi I-II 1 copia
װילי 1 copia
Opere correlate
Have I Got a Story for You: More Than a Century of Fiction from the Forward (2016) — Collaboratore — 31 copie
Etichette
Informazioni generali
- Nome canonico
- Singer, Israel Joshua
- Altri nomi
- Singer, I. J.
- Data di nascita
- 1893-11-30
- Data di morte
- 1944-02-10
- Sesso
- male
- Nazionalità
- USA
- Luogo di nascita
- Bilgoraj, Poland, Russian Empire
- Luogo di morte
- New York, New York, USA
- Luogo di residenza
- Bilgoraj, Poland, Russian Empire (birth)
New York, New York, USA (death) - Attività lavorative
- novelist
short-story writer
playwright - Relazioni
- Singer, Isaac Bashevis (brother)
Kreitman, Esther (sister)
Singer, Joseph (son)
Kreitman, Morris (nephew)
Utenti
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Liste
Premi e riconoscimenti
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Statistiche
- Opere
- 30
- Opere correlate
- 5
- Utenti
- 1,135
- Popolarità
- #22,616
- Voto
- 4.0
- Recensioni
- 31
- ISBN
- 124
- Lingue
- 13
- Preferito da
- 4
Sono, infatti, molto sorpresa dal constatare che questo romanzo ha avuto pochissimi lettori finora, almeno su Goodreads. È vero che Israel è stato messo in ombra dal fratellino premio Nobel, ma ultimamente ho visto furoreggiare La famiglia Karnowski e I fratelli Ashkenazi, quindi lo facevo un autore più letto.
Anche perché merita, ragazzi. Merita davvero. Singer è uno di quegli autori capaci di descrivere la condizione degli ultimi, senza moralismi o pietismi a inquinarne la resa. A oriente del giardino dell'Eden è un romanzo di aspettative deluse e amara rassegnazione, di lotte per innalzare la propria misera condizione e straziante disillusione. Fino ad arrivare al finale, segnato da un'immagine così dolorosa, ma al tempo stesso così potente da essermi rimasta in testa, tatuata a fuoco.
Ma, in generale, A oriente del giardino dell'Eden è un romanzo che ti rimane addosso, che non può lasciarti libero: è come se vi fosse racchiuso il grido di dolore di tutti gli oppressi del mondo. Di tutti coloro che vengono sfruttati e tenuti comodamente nell'ignoranza per poter essere sfiancati a piacimento.
In particolare, sono rimasta colpita dalla seconda metà del romanzo, incentrata sul fascino malsano suscitato nelle menti “eccitabili” dall'URSS. Ho trovato terribilmente attuale l'idea che si possa creare uno stato perfetto e che qualcuno possa addirittura avere come massima aspirazione quella di andarci a stare.
Io sono, invece, convinta che essere umano e perfezione non possano andare d'accordo (almeno a questo punto della nostra storia). La perfezione implica staticità, impossibilità di cambiare se stessi e il proprio destino; impossibilità di peggiorare, certo, ma anche impossibilità di migliorare. Chi mai potrebbe volere una simile condizione per se stesso e i proprio simili?
Lasciamo la perfezione ai moscerini della frutta e teniamoci stretta la nostra terribile e gloriosa imperfezione.… (altro)