Meir Shalev (1948–2023)

Questo è un libro che non si legge, si guarda. E' un romanzo che si sfoglia, lentamente, nostalgicamente, come un album di fotografie ingiallite, in seppia o in bianco e nero, che prendono vita dalla parola scritta che ne delinea i contorni e ne sfuma le ombre. La storia è un intreccio di storie che si assapora lentamente: la si osserva crescere, poi germogliare, seme nutrito dall'amorevole calore della Madre Terra giorno dopo giorno. Non è solo la storia di un popolo che conquista la leggendaria terra promessa, la ama, la ara, la dissoda e la rende fertile: è un puzzle di storie, le storie delle vite di uomini ordinari e straordinari che costituiscono ciascuno una cellula, insignificante ed indispensabile, una parte di quell'enorme e complesso organismo chiamato Popolo. Ogni vita cresce, sogna e spera. Ma soprattutto lavora. Da ogni pagina si sentono trasudare lavoro e sudore e speranze per il futuro. Ogni creatura, animale, vegetale o umana, respira attraverso le pagine della Montagna Blu, vivendo di vita propria. Leggendolo si ha l'impressione di stare nell'immoto centro di un vortice, tutto è quieto, eppure tutto muta. Baruch è il fulcro di questa immobile mutevolezza, un narratore giovane ma antico, il Bambino cresciuto dal Nonno, cullato dai ricordi e nutrito di racconti. Baruch rimette in disordinato ordine tutto ciò che ha appreso dal Nonno e da chiunque altro sulla seconda ondata migratoria di ebrei in Israele, i coetanei compagni del Nonno, la cui generazione lui ha il compito di seppellire nel cimitero della propria antica terra. Parla di uomini e donne, parla di giovani ormai quasi tutti morti, sepolti con le sue stesse mani nel grande cimitero dei fondatori creato nel giardino della casa del Nonno. Personaggi su personaggi sfilano fra le righe di ogni pagina, ciascuno porta la propria storia, ciascuno mostra pregi e difetti del tutto umani, ciascuno compie i propri errori, ma tutto appare sacro e quasi ieratico alla luce dei ricordi. Uomini che hanno riso e hanno pianto, hanno sperato e lavorato per costruire il proprio futuro. Lentamente, un pezzo per volta, Baruch dipinge un immenso affresco mobile, nel quale passato e presente di quasi 4 generazioni si fondono, con naturalezza, senza fretta, seguendo un filo arcano che si srotola nei labirinti della memoria fino a riportare Baruch alla luce del presente ed alla vita, che, terminato il compito della sacra sepoltura di tutta la seconda ondata, spetta infine a lui vivere.… (altro)