Jhumpa Lahiri

Non è il genere di libri che amo: polpettoni lunghi 60 anni, tra stati diversi, basati su culture che non mi appartengono. Cio' non toglie che la L. sia bravissima, e che riesca davvero a dare una caratterizzazione davvero realistica a tutti i personaggi.
Il titolo del romanzo sarebbe 'The lowland', che rende benissimo rispetto alle ambientazioni. Non capisco cosa c'entri 'La moglie'. Che tra l'altro dopo tutte quelle pagine mi sta anche un poco sulle balle.
E' un romanzo di gente triste, per me. Mentre a volte, nelle letture, si ritrova tra le pagine qualcuno che piacerebbe fosse vivo, per scambiarci due parole, per vedere che dice e come si muove, per osservarlo da lontano, tra questi personaggi invece non ce n'e' uno che vorrei incontrare sulla mia strada. Sono descritti cosi' vividamente che sono contento di non avere curiosità, nè interesse, nè altro. Li lascio volentieri a questo mondo di carta, un poco mesti, un poco fallimentari, un poco soli. Un libro di sconfitti, checche' se ne dica.… (altro)

La giovanissima autrice anglo indiana ci regala un romanzo sobrio, senza quelle sfumature etniche così convenzionali e di moda, ma ricco di sentimento. C'è una storia in questo libro che suscita una riflessione sulla cultura meticcia, su un fenomeno diffuso e destinato a diventare ancora più tipico del nostro tempo: quell'essere in bilico tra il mondo di appartenenza da cui si è sradicati e il sentirsi riplasmati in un contesto di vita nuovo. La vicenda di Gogol legata ad un nome insolito è la vicenda di chi crescendo smarrisce il senso di appartenenza ad un paese e ad una famiglia e dopo un percorso di conquiste e di sconfitte lotta per ritrovarlo, più vicino al cuore di quanto pensasse.… (altro)