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Mark Bauerlein lives in Atlanta and teaches at Emory University.

Comprende il nome: Mark Bauerlein

Opere di Mark Bauerlein

Opere correlate

Theory's Empire: An Anthology of Dissent (2005) — Collaboratore — 100 copie

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Informazioni generali

Nome legale
Bauerlein, Mark Weightman
Data di nascita
1959
Sesso
male
Nazionalità
USA
Luogo di residenza
California, USA
Georgia, USA
Istruzione
University of California, Los Angeles
Attività lavorative
Professor of English
Organizzazioni
Emory University, Atlanta, Georgia, USA
National Endowment for the Arts
Breve biografia
Mark Bauerlein earned his doctorate in English at UCLA in 1988. He has taught at Emory since 1989, with a two-and-a-half year break in 2003-05 to serve as the Director, Office of Research and Analysis, at the National Endowment for the Arts. Apart from his scholarly work, he publishes in popular periodicals such as The Wall Street Journal, The Weekly Standard, The Washington Post, TLS, and Chronicle of Higher Education. His latest book, The Dumbest Generation: How the Digital Age Stupefies Young Americans and Jeopardizes Our Future; Or, Don’t Trust Anyone Under 30 (www.dumbestgeneration.com), was published in May 2008.

http://www.english.emory.edu/people/f...

Utenti

Recensioni

This book written in 2005 about Gen Y and had me researching today the results of their influence on reading in 2024 and by the numbers there are fewer and fewer of us who live for reading and cherish books.
 
Segnalato
Karen74Leigh | 16 altre recensioni | Apr 9, 2024 |
This book is flawed on every level. It posits that only an education clinging to a 75-year-old canon can primp and cajole the young into intelligent life. It argues that cultural cohesion depends entirely on the trivial references curated by elites. It mourns the passing of self-styled demigod mentors displaced by the Internet. It bristles at the threat to a Western Civilization that has utterly failed in its most critical and most basic responsibility: preservation of the planet. It winces in stylized horror at the idea of its fusty, decaying tenured academics not being daised, laureled and fawningly sung as our chosen eminences.

The Internet is Protean and readily feeds seekers of knowledge regardless of origin or class. This the self-important simply can't stand.

The literary classics are not the only source of moral exempla.
… (altro)
 
Segnalato
Cr00 | Apr 1, 2023 |
Too much negative thinking and way too many assumptions to paint an entire generation as mindless selfish cretins hellbent on instant gratification without a respect for history or the consequences of an incomplete education.

 
Segnalato
nfulks32 | 16 altre recensioni | Jul 17, 2020 |
Chi non ha un profilo su un social network? Chi usa lo smartphone solo come telefono cellulare ?Chi accende il personal computer, fisso, portatile o tablet che sia, solo per motivi professionali o di studio? Se avessi un pubblico davanti a me, nessuno alzerebbe un dito per rispondere positivamente al mio quesito e anch’io farei altrettanto! Tutti siamo armati di un mezzo che ci catapulta in un mondo che da reale è diventato virtuale, anzi no, un universo che è tanto sociale che spesso si tramuta in qualcosa di patologico.

Basta guardarsi attorno in qualsiasi ambito, locali pubblici, mezzi di trasporto e per strada per realizzare che la gente ha perso l’abitudine di parlare, tutti intenti ad armeggiare con lo smartphone.
Pare che non si possa vivere senza un costante contatto con il mondo virtuale, qualsiasi esso sia e sempre a discapito delle buone chiacchierate tra amici e dei rapporti personali, con il rischio di cadere vittima della sindrome di Hikikomori, termine giapponese dalle parole hiku "tirare" e komoru “ritirarsi" e la cui traduzione letterale è “stare in disparte, isolarsi” recentemente associato anche all’abuso di internet.

Ma questa patologia del Sol Levante non è l’unica, c’è anche il FOMO (Fear Of Missing Out), ovvero la paura di essere emarginati ed al quale sono legati molti utenti dei social network che non vogliono perdersi nulla dei profili dei propri amici, veri o virtuali che siano e temono di essere tagliati fuori da tutto quanto fa tendenza. Purtroppo c’è anche spazio, tanto cyber spazio per chi vuol farsi veramente male, il Dark Net, una grossa fetta di mondo virtuale, dagli esperti stimata 500 volte più grande rispetto al web, dove è possibile muoversi liberamente nell’illecito, dove pedofili e terroristi trovano un ambiente fertile, che si tramuta in una sorta di mercato nero per trafficanti d’armi e di droga.

Ma come è possibile tutto questo? Uno dei modi più seguiti è quello di accedere alla Dark Net per mezzo di Tor, un software che fa rimbalzare il traffico dati tramite vari sistemi crittografici e che garantisce l’anonimato degli utenti rendendo invisibile l’indirizzo IP del computer.
Sicuramente è inquietante sapere che nel ventunesimo secolo sia possibile muoversi così liberamente in siti altamente pericolosi soprattutto per i giovani, senza che si possa bloccarne il traffico da parte degli organi competenti. Il mondo della tripla W ha aperto un universo sconfinato, che comunque bisogna saper dosare con saggezza ed intelligenza per non correre il rischio di cadere nelle maglie di quella che si presenta come una nuova dipendenza e che può avere forti ripercussioni sull’autostima di utenti di qualsiasi età.

Scorrete i file degli scaffali dei libri su GoodReads alla voce "social networking" e vi renderete conto di quanti libri in tutte le lingue si occupano di questo argomento. Il mondo è diventato davvero un "social network" in tutti i suoi aspetti umani, sociali, politici, culturali, religiosi ... Puoi sapere tutto di tutti in maniera immediata se non addirittura prima che gli eventi accadano. In effetti le chat, gli sms, i tweet, le connessioni creano i fatti anticipandoli in "bits & bytes", in una vera e propria ragnatela nella quale chi segue resta imbrigliato senza comprendere bene cosa stia accadendo.

Nel giro di poche ore sono assicurati mutamenti e contraddizioni. La verità non verrà mai acquisita, la post-verità prenderà il suo posto, diventando un "post", la fotografia di un momento destinato ad allungarsi e diluirsi senza fine nel tempo e nello spazio. Ho letto questo libro uscito solo qualche anno fa e mi sono reso conto che molte delle cose che dice sono già obsolete. Tutto è destinato a cambiare perchè ogni cosa è "social", vale a dire mutabile, volatile, liquida. Se e quando tutto questo cambierà non è facile a dirsi. Sopratutto difficile dire come questa "socialità" evolverà ... Chi vivrà, vedrà ...
… (altro)
 
Segnalato
AntonioGallo | 5 altre recensioni | Nov 2, 2017 |

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