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Majgull Axelsson

Autore di April Witch

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Sull'Autore

Majgull Axelsson is married, has two children, and lives in Stockholm.
Fonte dell'immagine: Jan Ainali

Opere di Majgull Axelsson

April Witch (1997) 644 copie
Slumpvandring (2000) 164 copie
Den jag aldrig var (2004) 122 copie
Jag heter inte Miriam (2014) 108 copie
Huis der nevelen (1994) — Autore — 87 copie
Is och vatten, vatten och is (2008) — Autore — 82 copie
Rosario is dood (1989) 55 copie
Moderspassion (2011) 41 copie
La tua vita e la mia (2017) 30 copie
Svalors flykt (2023) 5 copie
-och dom som inte har (1996) 3 copie
Tio hundar och en katt (2009) 3 copie

Etichette

Informazioni generali

Nome canonico
Majgull Axelsson
Data di nascita
1947
Sesso
female
Nazionalità
Zweden
Nazione (per mappa)
Sweden
Luogo di nascita
Landskrona, Zweden
Luogo di residenza
Landskrona
Attività lavorative
journalist
auteur
Premi e riconoscimenti
Literatuurprijs voor de Noorse Raad, en de Zweedse Agustprijs voor Aprilheks
Breve biografia
Majgull Axsellson werd in 1947 geboren in Landskrona, Zweden. Ze is werkzaam als journaliste en schrijfster. Ze was jarenlang werkzaam als verslaggeefster en ook schreef ze non-fictie boeken. Ze behandelde hierin sociale onderwerpen als kinderprostitutie en kinderarbeid.

Utenti

Recensioni

Märit, un’ex giornalista in pensione che vive a Stoccolma decide di decide di recarsi a Lund per cercare la tomba comune dei malati di Vipeholm, un manicomio dove anche Lars il fratello si trovò rinchiuso dopo la morte della madre, l'unica in grado di gestirlo con amore.
Sommersa da un cumulo di ricordi Märit comprende come la propria esistenza sia stata fortemente influenzata dalla vicenda, che la fragilità della famiglia portò Lars alla rovina e all'internamento fino alla fine dei suoi giorni,
Un romanzo che affronta il tema della malattia mentale vissuta dalla società svedese degli anni sessanta come vergogna. I disabili e le persone affette da autismo, come Lars, o dalla sindrome di down erano internati in ospedali/prigioni in cui erano maltrattati, picchiati, usati come cavie. Il libro ci svela un'altra Svezia, accanto a quella emancipata e così attenta al benessere dei cittadini vi è una nazione capace di spietatezza e cinismo nei confronti dei "diversi"
… (altro)
 
Segnalato
cometahalley | Mar 19, 2020 |
Se non per qualche mia difficoltà iniziale ad entrare in empatia con la storia e la scrittura, il libro si è rivelato molto toccante, duro a tratti, come credo purtroppo ci si debba aspettare da un libro che parla di deportazioni e campi di concentramento. Durante la festa del suo 85esimo compleanno Miriam non riesce più a nascondere il suo passato. Passato fatto di un’infanzia mancata, di una improvvisa enorme responsabilità, si ritroverà a fare non sola da sorella ma anche da madre a Didi. Poi arriveranno le umiliazioni, gli stenti, la fame e il freddo ma anche la grande solidarietà tra le altre prigioniere.
Miriam, deciderà di cambiare identità, ma non sarà una scelta consapevole ma dovuta alla situazione, nella speranza di poter passare, magari, inosservata e cosi sfuggire al massacro.
“..i nazisti odiano gli ebrei più di quanto odiassero gli zingari. E però gli altri prigionieri disprezzavano gli zingari più degli ebrei. Il fatto era che nessuno, a parte le puttane e i ladri, sembrava disprezzare gli ebrei, mentre tutti si permettevano di disprezzare gli zingari”
Conoscerà Else, a cui si legherà molto, a cui Miriam fino alla fine non svelerà il fatto di essere una rom e non un’ebrea. Segreto che non riuscirà a raccontare nemmeno a suo marito Olof e alla sua amata cognata Hanna.
Libro che mi resterà per sempre impresso per avermi fatto conoscere il dottor Josef Mengele, il quale viene menzionato nel libro per le atrocità, gli esperimenti che perpetrava soprattutto sui bambini. Era il medico delle caramelle rosse, con le quali catturava e conquistava i bambini per farne poi le sue cavie. Non riesco a raccontarvi cosa fece a Didi, perdonatemi.
… (altro)
 
Segnalato
Sally68 | 5 altre recensioni | Jun 11, 2018 |
Il coraggio di una scrittrice che ha scelto di affrontare congiuntamente in un’opera di fiction due temi, ciascuno di per sé, assai delicati, shoah e contestuale sterminio dei Rom, è certamente ammirevole. Ma l’esito è complessivamente deludente. Se, da un lato, non mancano sensibilità e delicatezza dall’altro abbondano anche le inverosimiglianze. L’autrice si è certamente documentata sulla vita nei lager con uno scrupolo che sconfina nella minuzia, ma alcune delle cose che ha poi inventato per costruire il suo racconto mi hanno lasciata interdetta. Esempio: il numero marchiato sul braccio della giovane rom Malika che viene da lei parzialmente e velocemente ‘grattato via’, per farlo coincidere con quello della deceduta Miriam con cui Malika intende sostituirsi, nella convinzione di un possibile migliore destino. Passi questo (anche se non ho mai sentito di un deportato che sia riuscito a cancellarsi il numero, o parte di esso, dal braccio), ma l’identità ebraica, che è notoriamente difficilissima da definire, è anche molto difficile da fingere. Il segno giallo sottratto alla vera Miriam non fa di Malika un’ebrea e infatti Malika non lo è mai né potrebbe esserlo. L’autore della post fazione al libro ha notato questa inverosimiglianza osservando che è strano che nel prosieguo della sua vita in Svezia, dove Malika continua a farsi passare per Miriam, nessuno si sia accorto, pur in una piccola città senza ebrei, che di ebraico la sedicente Miriam non aveva nulla se non il nome. A me pare assai più strano che nessuno se ne sia accorto ben prima, nel lager, in un ambiente in cui gli ebrei erano la stragrande maggioranza. Insomma c’è stata una certa faciloneria da parte dell’autrice, come se l’identità di ciascuno fosse un abito che si dismette e si indossa con disinvoltura, mentre, a mio avviso, ciascuno non può che essere quello che è, con la sua storia, la sua cultura e, ovviamente, la sua dignità. Si aggiunga a questo che la descrizione dell’orrore mi è parsa un po’ scolastica e comunque non è stata in grado di smuovere in me le corde più profonde. In definitiva, un racconto molto (e non impeccabilmente) costruito, ma quanto sentito? Sono arrivata alla fine con fatica e un certo fastidio.… (altro)
½
 
Segnalato
Marghe48 | 5 altre recensioni | Aug 30, 2017 |

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