Silvia Avallone

Un romanzo un po' autobiografico, con un tocco di Pasolini e qualcosa della Morante. Da un lato l’amore delle due protagoniste, Francesca ed Anna, cresciute all’ombra delle ciminiere dell’Ilva, diventata Lucchini, nel rione Stalingrado di Livorno; dall’altro, la vita di una città che avverte la crisi dell’acciaio, gli effetti dell’inquinamento che trasforma i gatti di Piombino in animali strani. Francesca e Anna vengono declinate con la storia delle loro famiglie, storie di miserie diverse che hanno come comune denominatore l’asfittica assenza di un futuro. E così la vita delle due madri, dei due genitori, del fratello di Anna, Alessio, diventano il modo per raccontare un’Italia che esiste e che trova sempre più difficoltà a resistere. Un buon romanzo, ma i troppi premi assegnati dimostrano il momento di incertezza anche dello stato della letteratura italiana.… (altro)

Nei casermoni di via Stalingrado a Piombino avere quattordici anni è difficile. E se tuo padre è un buono a nulla o si spezza la schiena nelle acciaierie che danno pane e disperazione a mezza città, il massimo che puoi desiderare è una serata al pattinodromo, o avere un fratello che comandi il branco, o trovare il tuo nome scritto su una panchina. Lo sanno bene Anna e Francesca, amiche inseparabili che tra quelle case popolari si sono trovate e scelte. Poi un giorno arriva l’amore, però arriva male, le poche certezze vanno in frantumi e anche l’amicizia invincibile tra Anna e Francesca si incrina, sanguina, comincia a far male… (altro)

“Qualcosa che fa pressione su qualcosa. Ne basta una, è sufficiente una sola falla nel sistema, una sola distrazione.”

Bella storia di cui ho molto apprezzato l’ambientazione fuori dai soliti schemi, sia per i luoghi che per la realtà lavorativa dell’acciaieria con relativo gergo tecnico usato, interessanti anche le storie personali dei vari personaggi, sviluppate in maniera abbastanza convincente, tranne quelli principali, e per dire ancora di quello che non mi è piaciuto: ho troppe divagazioni fini a se stesse, qualche pagina in meno avrebbe snellito la storia e anche il volume; lo scenario in generale, di emarginazione e degrado, l’ho trovato troppo forzato e questo non è che sia sempre necessario, né veritiero, anche in realtà cresciute intorno a poli industriali, infine quella che si rivela come la struttura portante del libro, l’amicizia tra le due ragazze, è secondo me invece la caratterizzazione più fiacca, molto meglio e più veri i personaggi secondari.
E infatti quello che mi ha fatto arrabbiare di più nel mio giudizio complessivo al libro è appunto il finale banalissimo incentrato sulle due ragazze, a dispetto di una tensione narrativa cosi ben tenuta fino a qualche pagina prima da tutt’altra parte, insomma, non che sia stata una delusione, ma il finale mi ha proprio indispettito…… (altro)