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Elena Ferrante

Autore di L'amica geniale

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Sull'Autore

Elena Ferrante was born in Naples, Italy. Her work includes Those Who Leave and Those Who Stay, The Story of the Lost Child, The Story of a New Name, The Lost Daughter, Fragments, and My Brilliant Friend. She is the author of My Brilliant Friend which made The New York Times Bestsellers List and mostra altro The New Zealand Best Seller List 2015. She was included on Time magazine's annual list of the 100 most influential people in the world. (Bowker Author Biography) mostra meno
Nota di disambiguazione:

(fre) ATTENTION AUX COMBINAISONS POUR CET AUTEUR DANS CHAQUE LANGUE ET ENTRE LES TRADUCTIONS.

APRES UN GROS TRAVAIL DÛ DE GRANDES CONFUSIONS, UNE PARTIE DES SEPARATIONS CORRECTION COMBINAISON EST FAITE AU 3 JUILLET 2022 POUR LA SERIE L'AMIE PRODIGIEUSE..

A Noter que les EAN, ISBN, Code ASIN, Les titres des volumes ne correspondent pas toujours

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Ragione e sentimento (1811) — Introduzione, alcune edizioni38,089 copie
The Bedside Guardian 2018 (2018) — Collaboratore — 12 copie

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Informazioni generali

Nome canonico
Ferrante, Elena
Sesso
female
Nazionalità
Italië
Attività lavorative
author
Breve biografia
Elena Ferrante is the pseudonym of the otherwise anonymous author.

https://www.newyorker.com/culture/cult...

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September 2021: Elena Ferrante in Monthly Author Reads (Ottobre 2021)

Recensioni

Mi risulta difficile scrivere una recensione onesta de L'amore molesto, perché le vicende narrate non mi hanno particolarmente colpita, ma sono scritte davvero, davvero bene.

Si tratta di uno di quei romanzi psicologici dove la protagonista, Delia, si arrabatta nella sua mente in cerca delle motivazioni che hanno spinto sua madre ad annegarsi in mare. Questo tragico evento, infatti, riporterà alla luce in lei tutta una serie di questioni irrisolte, che lei, però, non ha tutta questa gran voglia di risolvere. Non che sia da biasimare, visto il potpourri di disagio nel quale è vissuta finché è rimasta con i genitori.

In generale, i romanzi nei quali fatti e percezioni si mischiano mi confondono sempre un po' e così è stato anche con L'amore molesto. Con un'aggravante, però: la madre di Delia si è annegata senza vestiti, tranne un reggiseno nuovo. I vestiti non sono stati ritrovati. Mi sorge una domanda: perché la polizia non indaga?

Questo suicidio non dovrebbe sembrare strano solo a Delia perché la madre indossava un reggiseno nuovo invece dei suoi soliti vecchi e lisi. È strano perché gli altri suoi indumenti sono spariti: possibile che nessuno a parte Delia si sia chiesto che fine abbiano fatto? So che messa così sembra tanto una quisquilia, e forse lo è, ma mentre leggevo non riuscivo a fare a meno di pensarci e questo mi ha dato un senso di irrealtà che mi ha infastidito per tutto il corso del romanzo.

Per il resto, lo stile della Ferrante mi ha colpito molto: ha un modo molto vivido di rendere situazioni di disagio e violenza. È difficile rimanere indifferenti alla lettura di certi passaggi de L'amore molesto ed è proprio per questo motivo che, sebbene questo primo lavoro della Ferrante non mi abbia entusiasmato, leggerò qualcos'altro di suo.
… (altro)
 
Segnalato
lasiepedimore | 27 altre recensioni | Sep 13, 2023 |
C’è una Napoli che si percepisce appena, a far da sfondo a questo romanzo di Elena Ferrante. Non è una scenografia con le tinte forti dell’acrilico cui l’autrice ci aveva abituato in altri suoi lavori, assomiglia più ad un acquerello in cui il quartiere “alto” del Vomero plana, senza mai veramente posarsi, su quella napoletanità più dialettale, diretta, talvolta gretta, sempre impegnata a campa' a groliapate. C’è pathos nella scrittura, ma pare un tratto di penna diluito che forse accusa un poco il colpo e la pressione della tetralogia de “L’amica geniale”, successo planetario in libreria (12 milioni di copie vendute e traduzione in 50 nazioni) ed in televisione con la serie che ne è derivata.

“La vita bugiarda degli adulti” ha la voce e il pensiero di un ragazza adolescente che pare proprio tale anche nella scrittura di un’autrice che resta, per tutti noi, un fantasma, non essendo mai stato rivelato chi veramente si cela dietro lo pseudonimo di chi scrive. E questo saper entrare nel personaggio non è comunque cosa da poco. Accanto alla crisi adolescenziale c’è il dramma familiare di una separazione, del tradimento. Parallelamente all’emersione del proprio io di giovane donna in piena esplosione ormonale e di quella necessità generazionale di prendere le distanze dagli adulti, ci sono le bugie di questi ultimi, c’è il gioco di una dialettica della menzogna cui banalmente ci siamo abituati. E tutto ciò pesa, eccome se pesa. C’è persino una sorta di maledizione familiare che il padre della protagonista si porta appresso come un macigno, che collega quella Napoli borghese, ma di sinistra, colta ma bugiarda, intellettuale, ma serva del proprio protagonismo, alla Napoli dei quartieri bassi dove qualcuno tenta il riscatto dall’ignoranza aggrappandosi ad uno status sociale non suo, dove altri fuggono ed altri ancora più semplicemente si adattano, imparano a trovare un punto di equilibrio.

Per Giovanna, figlia unica dodicenne di buona famiglia, studentessa modello, genitori entrambi professori ed una bella casa tappezzata di libri, il mondo subisce una frattura quando, da una porta lasciata aperta, capta una frase del padre, sino a quel momento modello indiscusso cui ispirarsi. Ma non sarà tanto scoprire di “essere brutta” che cambierà tutta la sua vita (siamo però lontani anni luce da “La vita accanto” della Veladiano), sarà di apprendere da quella frase buttata nell’aria di esserlo brutta come Vittoria, la zia che nemmeno sapeva di avere, la sorella del padre, l’oscuro segreto, l’innominabile.

Giovanna a quel punto si trova a cavallo tra due esistenze, quella della bambina non più giocosa, coccolata ed inconsapevole e quella della donna, non ancora tale, ma fragile anima in metamorfosi. Vittoria, questa zia dipinta come gretta, volgare, cattiva e falsa, soprattutto terribilmente bugiarda, è il vaso di pandora che Giovanna scoperchia e dal quale, così come nella mitologia greca, tutti i mali fuoriescono e si riversano nel mondo. Quel suo mondo di adolescente in cui si fatica a contenere l’emozione, si fatica a contenere bene e male, a dividere amore e odio e in cui la protagonista ora nuota tra la vita bugiarda degli adulti che la circondano.

Come in ogni saga mitologica e familiare c'è persino l'oggetto magico, un braccialetto, che passa di polso in polso e sconvolge gli equilibri di chi lo indossa e, in fondo, nella sua circonferenza delimita il recinto relazionale del romanzo alla dimensione familiare, con qualche eccezione per gli amici altolocati e altrettanto ipocriti dei genitori e per la selva di adolescenti in piena tempesta ormonale che frequenta la protagonista.

Ora, dopo l’incontro con la zia “brutta e cattiva”, Giovanna è in bilico tra due mondi, tra due Napoli. Quello borghese, colto, in cui le bugie sono fraseggi edulcorati da un italiano perfetto, dietro cui si nascondono miserie, tradimenti un po' scontati, compassioni e amori dei genitori, e quello di un mondo partenopeo plebeo, in cui si dibatte la zia serva ed ignorante, sboccato e volgare, dove la menzogna è diretta, pungente, ma aiuta a sopravvivere. Quella dimensione da cui il padre della protagonista si è affrancato grazie alla cultura, ma cui resta legato, suo malgrado, da un cordone ombelicale familiare inscindibile.

“Lo spazio dentro cui risiedevano i parenti di mio padre era indefinito, senza nome. Avevo un’unica certezza: per andare da loro bisognava calare giù, più giù, sempre più giù, nel fondo del fondo di Napoli”.

In queste sfere sociali in cui tutti mentono, in cui ognuno racconta una propria verità, in questi mondi contrapposti che però si trovano uniti nel camuffare la realtà, Giovanna impara a sopravvivere. Anzi, impara a mentire, quasi che il farlo sia il modo migliore per proteggersi dalle bugie degli adulti, sia la medicina per lenire il dolore che la affligge, per invocare un mondo migliore di quello che ha appena visto andare in frantumi, ricercare una bellezza perduta insieme alle certezze dell’infanzia, per sperare in un amore che la tocchi dentro, per esorcizzare un sessualità tanto desiderata, quanto ignota. Insomma trova una strada, che non può essere che la sua, per diventare grande. La bugia è un peccato, ma fisiologicamente connesso all’animo umano e, un po’ come anche Chiara Gamberale ci fa notare nel suo “I fratelli mezzaluna”, l’infanzia finisce quando chi cresce vede i propri genitori come persone. E le persone, si sa, mentono.

A contraltare a chi lo ha definito un romanzo adolescenziale un po’ troppo scontato se raffrontato ad altri lavori dell’autrice, ho apprezzato nella scrittura la capacità di mettere a nudo i personaggi, tanto che si crea quasi un’inversione di empatia e si finisce per compatire i genitori di Giovanna, il cui ritratto della famiglia perfetta è spazzato via da un’adultera passione giovanile, e provare simpatia per quella zia volgare e contaminante che domina, nel libro, un panorama di donne ingannate, abbandonate, fragili per molti aspetti.

C’è, in questo “La vita bugiarda degli adulti”, anche un passaggio di testimone generazionale, la fine del ventennio Settanta/Ottanta (Giovanna è nata il 3 giugno del 1979), un periodo che Elena Ferrante, da perfetta archeologa, ci fa riscoprire rovistando nei ricordi dei personaggi che popolano il libro, frugando nell’intimo familiare, tra le vecchie fotografie in bianco e nero conservate con cura. L’inizio e la fine di un viaggio, un treno diretto ad un’età nuova della propria vita. Senza mai perdere la speranza.

“Il giorno seguente partii per Venezia insieme a Ida. In treno ci ripromettemmo di diventare adulte come a nessuna era mai successo”.
… (altro)
 
Segnalato
Sagitta61 | 53 altre recensioni | Jul 8, 2023 |
Bellissimo, intenso e molto coinvolgente anche il terzo libro della storia di Elena e Lila. Ormai siamo negli anni '70, Lila ha un figlio, ha lasciato il marito e lavora come operaia in condizioni durissime, Elena si è laureata alla Normale di Pisa, ha sposato un suo compagno di università figlio di intellettuali benestanti e potenti, vive a Firenze e ha pubblicato un libro di successo. Vite distanti e molto diverse le loro, ma un filo sottile continua ad intersecare le loro esistenze e sullo sfondo i fermenti di quegli anni, le lotte operaie, il femminismo, il terrorismo ... La Ferrante anche in questo libro ha saputo ricreare uno spaccato veritiero di quegli anni attraverso le vicende personali delle due protagoniste e della miriade di personaggi che ruotano attorno a loro. Lo stile è sempre quello, fluido, scorrevole, coinvolgente e molto accattivante. Una lettura che non si vorrebbe mai terminare.… (altro)
 
Segnalato
Raffaella10 | 90 altre recensioni | Jan 30, 2023 |
Che delusione questo libro...abituata troppo bene con la Ferrante. Sempre degna di nota la sua scrittura, molto incisiva, ma la storia proprio non mi è piaciuta
 
Segnalato
Claudy73 | 41 altre recensioni | Jan 30, 2023 |

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