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Primo Levi (1919–1987)

Autore di Se questo è un uomo

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Sull'Autore

Primo Levi was born on July 31, 1919 in Turin, Italy. He pursued a career in chemistry, and spent the early years World War II as a research chemist in Milan. Upon the German invasion of northern Italy, Levi, an Italian Jew, joined an anti-fascist group and was captured and sent to the Auschwitz mostra altro concentration camp in Poland. He was able to survive the camp, due in part to his value to the Nazis as a chemist. After the war ended, Levi did chemistry work in a Turin paint factory while beginning his writing career. His first book, If This Is a Man (title later was changed to Survival in Auschwitz) was published in 1947 and its sequel, The Truce (later retitled The Reawakening) came out in 1958. These two books recount Levi's story of surviving concentration camp life. Levi also published poetry, short stories, and novels, some under the pen name Damianos Malabaila. His 1985, largely autobiographical work, The Periodic Table, cemented his world fame. Awards in tribute to his writing included the Kenneth B. Smilen fiction award, presented by the Jewish Museum in New York. Ironically, despite his surviving Auschwitz, Primo Levi appears to have died by suicide, in Turin on April 11, 1987. (Bowker Author Biography) mostra meno
Fonte dell'immagine: Primo Levi en 1978

Serie

Opere di Primo Levi

Se questo è un uomo (1947) 6,051 copie
Il sistema periodico (1975) 4,009 copie
I sommersi e i salvati (1986) 2,085 copie
Se non ora quando? (1985) 1,446 copie
La tregua (1963) 1,267 copie
La chiave a stella (1978) 883 copie
Moments of Reprieve (1981) 602 copie
L' altrui mestiere (1985) 450 copie
The Mirror Maker (1986) 292 copie
A Tranquil Star (2007) 268 copie
Collected Poems (1984) 152 copie
Auschwitz Report (1946) — Autore — 145 copie
Dialogo (1976) 88 copie
Lilit e altri racconti (1989) 84 copie
Iron, Potassium, Nickel (2005) 80 copie
Se questo e un uomo (1966) 67 copie
Tutti I Racconti (2000) 66 copie
L'ultimo Natale di guerra (2000) 62 copie
The Magic Paint (2011) 59 copie
Ad ora incerta (1988) 38 copie
Opere 2: Primo Levi (1987) 34 copie
Storie naturali (1985) 32 copie
Vizio di forma (1987) 28 copie
Primo Levi : Oeuvres (2005) 14 copie
Das Maß der Schönheit (1997) 9 copie
Poeti (2002) 7 copie
3: Racconti e saggi (1987) 7 copie
Si c'est un homme : Les clefs de l'oeuvre (1947) — Collaboratore — 5 copie
Primo Levi informatie (1989) 5 copie
L'osteria di Brema (1976) 5 copie
Racconti e saggi (1986) 5 copie
Opere complete (2016) 4 copie
Assimetria e a Vida, A (2016) 4 copie
Opere complete: 2 (2017) 3 copie
Om ikke nå, når da? (2020) 2 copie
Il processo 2 copie
Opere complete: 3 (2018) 2 copie
O Dever de Memoria (2010) 2 copie
Figure = Figures (2019) 2 copie
Czy to jest człowiek (2008) 2 copie
The occasional demon (2019) 1 copia
Prirodopisi (2023) 1 copia
Bunlar Da Mi Insan (2022) 1 copia
Periodi@02C7cki sistem (1991) 1 copia
Våpenstillstand (2020) 1 copia
Tåbrud 1 copia
Ocalaly Wybor wierszy (2014) 1 copia
Segantini 1 copia

Opere correlate

The Sunflower (1997) — Collaboratore — 1,130 copie
The Oxford Book of Modern Science Writing (2008) — Collaboratore — 803 copie
Death Dealer: The Memoirs of the SS Kommandant at Auschwitz (0204) — Introduzione, alcune edizioni647 copie
Against Forgetting: Twentieth-Century Poetry of Witness (1993) — Collaboratore — 333 copie
La notte dei girondini (1957) — Postfazione, alcune edizioni; Traduttore, alcune edizioni218 copie
Short Stories in Italian (Parallel Text) (1999) — Collaboratore — 216 copie
Primo Levi, o La tragedia di un ottimista (1996) — Associated Name — 216 copie
Granta 21: The Story-Teller (1987) — Collaboratore — 157 copie
The Penguin Book of Italian Short Stories (2019) — Collaboratore — 137 copie
The Oxford Book of Jewish Stories (1998) — Collaboratore — 131 copie
Il fumo di Birkenau (1947) — Prefazione, alcune edizioni128 copie
Granta 18: The Snap Revolution (1986) — Collaboratore — 90 copie
Granta 16: Science (1985) — Collaboratore — 82 copie
Bearing Witness: Stories of the Holocaust (1995) — Collaboratore — 79 copie
Granta 19: More Dirt (1986) — Collaboratore — 76 copie
The Grim Reader: Writings on Death, Dying, and Living On (1997) — Collaboratore — 60 copie
Granta 147: 40th Birthday Special (2019) — Collaboratore — 56 copie
The Penguin Book of Twentieth-Century Protest (1998) — Collaboratore — 31 copie
Gardens and Ghettos: The Art of Jewish Life in Italy (1989) — Prefazione — 28 copie
The Schocken Book of Modern Sephardic Literature (2005) — Collaboratore — 24 copie
The Quality of Light: Modern Italian Short Stories (1993) — Collaboratore — 13 copie
Het derde Testament : Joodse verhalen (1995) — Collaboratore, alcune edizioni7 copie
La tregua (1998) — Original book — 6 copie
Profil d'une oeuvre : Si c'est un homme, Primo Levi (2001) — Collaboratore — 3 copie

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Il privilegio, per definizione, difende e protegge il privilegio. […] Dove esiste un potere esercitato da pochi, o da uno solo, contro i molti, il privilegio nasce e prolifera, anche contro il volere del potere stesso; ma è normale che il potere, invece, lo tolleri o lo incoraggi.


La mia ammirazione per la capacità di Primo Levi di mettere nero su bianco la sua esperienza concentrazionaria e di ragionarci sopra in modo che la sua testimonianza non sia solo un racconto autobiografico, ma anche un vademecum per combattere il virus del Lager è oltremodo aumentata dopo la lettura de I sommersi e i salvati.

In secondo luogo, ed a contrasto con una certa stilizzazione agiografica e retorica, quanto più è dura l’oppressione, tanto più è diffusa tra gli oppressi la disponibilità a collaborare col potere. […] Prima di discutere partitamente i motivi che hanno spinto alcuni prigionieri a collaborare in varia misura con l’autorità dei Lager, occorre però affermare con forza che davanti a casi umani come questi è imprudente precipitarsi ad emettere un giudizio morale. Deve essere chiaro che la massima colpa pesa sul sistema, sulla struttura stessa dello Stato totalitario; il concorso alla colpa da parte dei singoli collaboratori grandi e piccoli (mai simpatici, mai trasparenti!) è sempre difficile da valutare.


Ancora una volta resto in silenzio davanti alla sua lucidità: la riflessione di Levi è sempre priva di odio, sempre consapevole e puntuale e mai consolatoria. In questo libro – il suo ultimo libro sulla sua esperienza ad Auschwitz – Levi si addentra nei luoghi più oscuri proprio in virtù della straordinaria luce del suo pensiero.

Non mi intendo di inconscio e di profondo, ma so che pochi se ne intendono, e che questi pochi sono più cauti; non so, e mi interessa poco sapere, se nel mio profondo si annidi un assassino, ma so che vittima incolpevole sono stato ed assassino no; so che gli assassini sono esistiti, non solo in Germania, e ancora esistono, a riposo o in servizio, e che confonderli con le loro vittime è una malattia morale o un vezzo estetistico o un sinistro segnale di complicità; soprattutto, è un prezioso servigio reso (volutamente o no) ai negatori della verità.


Penso che la sua consapevolezza che il Lager e i suoi preamboli non fossero finiti per sempre con la Seconda Guerra Mondiale – Levi cita spesso la Cambogia e i massacri compiuti da Israele ai danni della popolazione palestinese – gli abbia permesso di leggere la sua esperienza concentrazionaria senza i filtri che avrebbero reso quegli anni “solo” un buco nero nella sua vita e nella storia.

I «salvati» del Lager non erano i migliori, i predestinati al bene, i latori di un messaggio: quanto io avevo visto e vissuto dimostrava l’esatto contrario. Sopravvivevano di preferenza i peggiori, gli egoisti, i violenti, gli insensibili, i collaboratori della « zona grigia», le spie. Non era una regola certa (non c’erano, né ci sono nelle cose umane, regole certe), ma era pure una regola. Mi sentivo sì innocente, ma intruppato fra i salvati, e perciò alla ricerca permanente di una giustificazione, davanti agli occhi miei e degli altri. Sopravvivevano i peggiori, cioè i più adatti; i migliori sono morti tutti.

[…]

L’amico religioso mi aveva detto che ero sopravvissuto affinché portassi testimonianza. L’ho fatto, meglio che ho potuto, e non avrei potuto non farlo; e ancora lo faccio, ogni volta che se ne presenta l’occasione; ma il pensiero che questo mio testimoniare abbia potuto fruttarmi da solo il privilegio di sopravvivere, e di vivere per molti anni senza grossi problemi, mi inquieta, perché non vedo proporzione fra il privilegio e il risultato.

Lo ripeto, non siamo noi, i superstiti, i testimoni veri. È questa una nozione scomoda, di cui ho preso coscienza a poco a poco, leggendo le memorie altrui, e rileggendo le mie a distanza di anni. Noi sopravvissuti siamo una minoranza anomala oltre che esigua: siamo quelli che, per loro prevaricazione o abilità o fortuna, non hanno toccato il fondo. Chi lo ha fatto, chi ha visto la Gorgone, non è tornato per raccontare, o è tornato muto; ma sono loro, i «mussulmani», i sommersi, i testimoni integrali, coloro la cui deposizione avrebbe avuto significato generale. Loro sono la regola, noi l’eccezione.


Levi non indora mai la pillola, per nessunǝ: se siete indecisз su quale libro sulla Shoah leggere e non lo avete ancora fatto, leggete la Trilogia di Auschwitz.
… (altro)
 
Segnalato
lasiepedimore | 16 altre recensioni | Jan 17, 2024 |
Ci ho messo un bel po’, ma alla fine ho proseguito la cosiddetta Trilogia di Auschwitz, alias i tre libri scritti da Primo Levi sulla sua esperienza come prigioniero nel campo di sterminio e il suo successivo ritorno in Italia. Proprio del ritorno si occupa La tregua, scritto molti anni dopo Se questo è un uomo e molto più ponderato.

Non ho molto da scrivere: La tregua fa parte di quei libri che si leggono e dai quali si cerca di formarsi gli anticorpi per non costringere mai più nessun essere umano in un abisso di disumanità tale da dover rimparare a vivere per come siamo abituatз – così tanto abituatз che è difficile dare una definizione di cosa sia esattamente vivere. Non ce la stiamo cavando granché bene e questo fin da quando Levi era ancora vivo: ma d’altro canto, lui stesso ci ha detto che è una lotta continua, che bisogna sempre mantenere la guardia alta, senza mai rilassarsi.

A questo proposito, e ben conscia dell’irragionevolezza del paragone tra la nostra situazione attuale con quella storica dei campi di concentramento, qualcosa si è smosso dentro di me nel leggere della tregua tra Auschwitz e l’incubo di Auschwitz. Ne leggo ovunque e la sento dentro di me: la sensazione di essere sull’orlo del cambiamento e di star cadendo indietro, dalla parte delle risposte fallimentari che ci hanno portato a questo presente pantanoso.

Nel mio piccolo e per assurdo, ho sentito l’angoscia di quello che è stato e potrebbe ritornare e che, purtroppo, in alcune zone del mondo, è già ritornato. Ma anche senza l’orrore estremo dei campi di sterminio, nel mondo ci sono innumerevoli segnali di pericolo, minimizzati e sdrammatizzati con la sicurezza di chi è convintǝ che quella è storia vecchia, passata, da studiare sui libri di scuola per prendere la sufficienza e via.

Ci siamo rilassatз troppo. Come se ne esce adesso? Come si riprende la retta via senza deragliare di nuovo?
… (altro)
 
Segnalato
lasiepedimore | 27 altre recensioni | Jan 17, 2024 |
Confesso di essere arrivata piuttosto amareggiata a questa Giornata della Memoria 2018: in quest’ultimo periodo ho sentito un’affermazione razzista di troppo e ho visto un rigurgito fascista di troppo. Un sacco di gente sembra pronta a proclamare la nostra Costituzione la più bella del mondo, ma decisamente meno sembrano coloro che ne seguono (o anche solo ne conoscono) il contenuto.

Così, in questo momento di sconforto, ho pensato di riprendere in mano uno dei grandi classici, quello che per me è il resoconto per eccellenza della Shoah (senza nulla togliere agli altri, ovviamente, la mia è una mera considerazione personale): Se questo è un uomo di Primo Levi, la testimonianza che più di ogni altra mi ha fatto capire quanto male si possa fare con un niente.

L’infermiere indica all’altro le mie costole, come se fossi un cadavere in sala anatomica; accenna alle palpebre e alle guance gonfie e al collo sottile, si curva e preme coll’indice sulla mia tibia e fa notare all’altro la profonda incavatura che il dito lascia nella carne pallida, come nella cera.

Vorrei non aver mai rivolto la parola al polacco: mi pare di non avere mai, in tutta la mia vita, subito un affronto più atroce di questo. L’infermiere intanto pare abbia finito la sua dimostrazione, nella sua lingua che io non capisco e che mi suona terribile; si rivolge a me, e in quasi-tedesco, caritatevolmente, me ne fornisce il compendio: «Du Jude kaputt. Du schnell Krematorium fertig» (tu ebreo spacciato, tu presto crematorio, finito).


Ho sempre trovato la testimonianza di Levi particolarmente straziante proprio per il suo concentrarsi non tanto sulla crudeltà, ma sul totale annientamento della dignità e dell’umanità di tutte le persone ritenute inferiori e sull’incapacità di riconoscere se stessi nell’altro.

Ai piedi della forca, le SS ci guardano passare con occhi indifferenti: la loro opera è compiuta, e ben compiuta. I russi possono ormai venire: non vi sono più uomini forti fra noi, l’ultimo pende ora sopra i nostri capi, e per gli altri, pochi capestri sono bastati. Possono venire i russi: non troveranno che noi domati, noi spenti, degno ormai della morte inerme che ci attende.

Distruggere l’uomo è difficile, quasi quanto crearlo: non è stato agevole, non è stato breve, ma ci siete riusciti, tedeschi. Eccoci docili sotto i vostri sguardi: da parte nostra nulla più avete da temere: non atti di rivolta, non parole di sfida, neppure uno sguardo giudice.

Alberto e io siamo rientrati in baracca, e non abbiamo potuto guardarci in viso. Quell’uomo doveva essere duro, doveva essere di un altro metallo del nostro, se questa condizione, da cui noi siamo stati rotti, non ha potuto piegarlo.

Perché, anche noi siamo rotti, vinti: anche se abbiamo saputo adattarci, anche se abbiamo finalmente imparato a trovare il nostro cibo e a reggere alla fatica e al freddo, anche se ritorneremo.

Abbiamo issato la menaschka sulla cuccetta, abbiamo fatto la riparazione, abbiamo soddisfatto la rabbia quotidiana di fame, e ora ci opprime la vergogna.


Spero che oggi a chi osa celebrare la Giornata della Memoria dopo aver giocato con dichiarazioni e azioni fasciste e razziste vada di traverso il boccone.
… (altro)
 
Segnalato
lasiepedimore | 97 altre recensioni | Jan 11, 2024 |
"Se questo è un uomo" di Primo Levi è un libro che lascia un'impressione profonda e duratura nel lettore. È una testimonianza toccante dell'esperienza dell'autore nei campi di concentramento nazisti durante la Seconda Guerra Mondiale.

Levi scrive in modo semplice ma intenso, raccontando le vicende della sua vita nel campo di concentramento di Auschwitz con grande precisione e dettaglio. La sua narrazione non è solo una descrizione degli orrori che ha vissuto, ma anche una riflessione su ciò che significa essere umani e su come la dignità e la speranza possono sopravvivere anche nelle situazioni più estreme.

La sua capacità di descrivere le persone e le loro emozioni, le loro paure e le loro speranze, rende questo libro un'opera straordinaria. Il modo in cui descrive la degradazione e la disumanizzazione che hanno subito i prigionieri nei campi di concentramento è commovente e toccante.

Inoltre, Levi è in grado di mostrare la complessità della vita nel campo, dove anche i prigionieri stessi sono costretti a combattere tra di loro per sopravvivere. La sua analisi del comportamento umano in queste situazioni estreme è profonda e illuminante.

"Se questo è un uomo" è un libro che dovrebbe essere letto da tutti. È un'opera che ci ricorda l'importanza della dignità umana e della speranza, e ci insegna che anche nelle situazioni più difficili possiamo trovare la forza di andare avanti. La testimonianza di Primo Levi ci fa riflettere sulla natura umana e ci invita a non dimenticare mai gli orrori del passato, al fine di evitare che accadano di nuovo in futuro.

"Se questo è un uomo" è una testimonianza straordinaria della vita nei campi di concentramento nazisti durante la Seconda Guerra Mondiale. Primo Levi, un giovane chimico italiano di origini ebraiche, fu arrestato nel 1943 e deportato ad Auschwitz insieme ad altri prigionieri.

Il libro inizia con la descrizione del viaggio in treno verso il campo di concentramento, un'esperienza traumatica e disumana in cui i prigionieri venivano stipati in vagoni merci e privati di cibo e acqua per giorni. Levi descrive la disumanizzazione subita dai prigionieri, ridotti a numeri e privati della loro identità.

Una volta arrivati ad Auschwitz, Levi e gli altri prigionieri vennero sottoposti a una serie di controlli e selezioni brutali che determinavano il loro destino. Alcuni venivano selezionati per il lavoro forzato, mentre altri venivano mandati direttamente alle camere a gas.

Levi descrive la dura vita quotidiana nel campo, in cui la fame, la malattia e la violenza erano all'ordine del giorno. Ma il libro non è solo una testimonianza degli orrori del campo, ma anche una riflessione sulla natura umana e sulla dignità dell'uomo.

Levi analizza il comportamento dei prigionieri, che spesso dovevano lottare tra di loro per sopravvivere. Ma nonostante tutto, Levi mostra come alcuni prigionieri siano stati in grado di mantenere la loro umanità e la loro speranza, come una sorta di protesta contro la disumanizzazione del campo.

"Se questo è un uomo" è un libro che ci ricorda che l'umanità è fragile e preziosa e che anche nelle situazioni più estreme, la dignità e la speranza possono essere mantenute. È un'opera che ci invita a riflettere sulla natura umana e a non dimenticare mai gli orrori del passato, al fine di evitarne la ripetizione in futuro.
… (altro)
 
Segnalato
AntonioGallo | 97 altre recensioni | Jul 30, 2023 |

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