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Gesù, il re ribelle. Una storia ebraica (edizione 2023)

di Giulio Busi (Autore)

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Utente:AntonioGallo
Titolo:Gesù, il re ribelle. Una storia ebraica
Autori:Giulio Busi (Autore)
Info:Mondadori (2023), 156 pagine
Collezioni:Mistero, Culture, Religion, Bibliomania, In lettura
Voto:****
Etichette:Nessuno

Informazioni sull'opera

Gesù, il re ribelle. Una storia ebraica di Giulio BUSI

Aggiunto di recente daAntonioGallo

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Ogni qualvolta esce un libro la cui tematica è di mio interesse e decido di leggerlo, cerco sempre di confrontarmi con quegli interrogativi che ogni buon libro pone ed ai quali sia chi l’ha scritto che chi l’ha comprato cercano di trovare non solo risposte, ma porre anche altre eventuali, ulteriori domande.

E’ il caso di questo libro appena annunziato in uscita da Mondadori. Ho avuto la possibilità di leggere uno stralcio scritto dall’autore e la presentazione editoriale. Tra i tanti interrogativi che un libro come questo pone, (ne sono stati scritti a milioni in tutte le lingue su questo argomento nel corso di duemila anni), un interrogativo me lo sono posto ed è tutto espresso nel titolo di questo post: Come fece l’uomo chiamato Gesù Cristo a diventare un uomo?

Non so se Busi affronta questo problema. Lo saprò solo dopo aver letto il libro. Per ora mi limito a cercare una risposta a questa domanda che, da sempre, mi pongo nella mia impropria e limitata fede di credente. L’editore nella presentazione del libro di Giulio Busi scrive:

Chi è, veramente, Gesù? Sappiamo cosa è diventato dopo la sua morte, in duemila anni di fede cristiana. Ma come lo considerano i contemporanei? Cosa pensano quando lo ascoltano parlare e mentre lo vedono agire? Poco prima della fine, egli pronuncia su di sé parole «Io so da dove vengo, e dove vado. Voi, invece, non sapete da dove vengo e dove vado» ( Gv 8,14). Può questo messaggio di un «re» ebreo illuminare anche l’origine e la meta della nostra vita? Attraverso un fitto e appassionato dialogo con i Vangeli, Giulio Busi traccia il profilo di un Gesù ribelle, assai diverso dall’immagine del buon pastore, mite e mansueto, trasmessa da gran parte della tradizione cristiana. È il Gesù della polemica e dell’invettiva. E, insieme, il Gesù visionario che sovverte e trascende ogni limite di spazio e di tempo, in continuo movimento tra il «qui» della sofferenza e della sopraffazione e il «là» della pace e della vita spirituale. A delinearsi con chiarezza in queste pagine è, in particolare, una «storia ebraica» del maestro di Nazaret. Per lui, infatti, gli ebrei non sono mai «loro» ma «noi». E se la sua ribellione s’indirizza anche contro l’élite religiosa giudaica, è pur sempre la ribellione di un ebreo, orgoglioso della propria appartenenza, che sa interpretare la Torah in modo straordinariamente raffinato, eppure libero, nuovo, creativo. Alla fine, Gesù è un re proscritto, su cui pende un ordine di arresto. Un rabbi itinerante braccato e costretto a nascondersi. Quando sale a Gerusalemme per l’ultima Pasqua, sa che verrà tradito, catturato, percosso, ucciso. I suoi si sbandano, rinnegano. Solo un gruppo di donne non lo lascia nell’ora più oscura. E soltanto una donna cerca il proprio maestro e per prima lo trova, all’alba, in un giardino, al di là della morte. Il giudaismo ha rifiutato il regno senza potere impersonato da Gesù. Il cristianesimo ha trasformato la missione errante dei primi discepoli ebrei, senza famiglia e senza averi, senza bagaglio e senza armi, in una realtà solida, ben costruita, capace di durare per millenni. Ma la ribellione di Gesù ancora continua.

Partiamo dal principio. Non è possibile affrontare questo argomento senza costruire le premesse, il contesto. L’uomo di cui mi accingo a scrivere non è un bambino, un ragazzo, un uomo qualunque. È niente di meno che il figlio di Dio.

Bisogna anche intenderci su questa entità che porta questo nome: Dio. Un ente superiore, una realtà ultra umana, spaziale, celeste, universale, chiamatela come volete. Certamente colui/colei che ha creato dal nulla ogni cosa. Da dove inizio, dalla parola universo?

Impropria parola se sappiamo che esistono i multiversi. Insomma questa entità creatrice del tutto, forza misteriosa e potente, fuori dal tempo e dallo spazio, ma che entrambi comprende, conosce e comanda, decide di inviare su uno dei milioni di miliardi di infiniti corpi celesti di cui sono fatti non solo i suoi spazi ma anche se stesso, decide di inviare su una palla-pianeta chiamata Terra, suo “figlio”.

Aveva bisogno di inviare un messaggio a quegli esseri umani che molto tempo prima aveva creato e messo a vivere da quelle parti. Non starò a dire e spiegare il come e il perché. Mi basta dire che decide di inseminare una donna, in una certa parte di quel pianeta, per generare un figlio, portatore di un messaggio per quella gente.

La narrazione a questo punto avrebbe bisogno di diverse spiegazioni e risposte a vari interrogativi ai quali non intendo rispondere perché mi porterebbero fuori strada nel racconto. Ciò che interessa a questo punto è cercare di capire il travaglio che dovette affrontare questo povero cristo, è il caso di dire.

Se “il mezzo è il messaggio”, questo neonato era il “mezzo” che doveva poi diventare il “messaggio”. Lui, figlio di questo ente superiore creatore del tutto, aveva un compito, una missione, un “messaggio” da comunicare, spiegare, far comprendere e alla fine far accettare non solo a quella particolare gente, quel particolare popolo, in quei determinati luoghi del pianeta, ma anche a tutti gli altri esseri allora viventi, ma anche per quelli futuri.

Ebbe scarsa fortuna, il messaggio non venne capito, continua a non essere compreso nè tantomeno accettato. Il povero cristo, è il caso di ripeterlo, venne preso per pazzo, rivoluzionario, ribelle e quant’altro. La storia la conosciamo tutti. Il punto che mi interessa in questo mio esercizio di scrittura, che spero non verrà considerata blasfema, è l’avventura che dovette affrontare nel diventare uomo in terra, lui che aveva una identità diversa, non bene definita.

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L'interpretazione di Giulio Busi su Gesù come re ribelle si differenzia dalle interpretazioni tradizionali in diversi modi significativi. Ecco alcune delle principali differenze:

Ruolo politico di Gesù: Mentre la maggior parte delle interpretazioni tradizionali di Gesù si concentra principalmente sul suo ruolo come maestro spirituale e salvatore, Busi propone che Gesù avesse anche un ruolo politico attivo. Egli sostiene che Gesù fosse un leader politico che cercava di sfidare l'autorità romana e di rovesciare l'ordine politico e religioso dell'epoca.

Contesto messianico: Le interpretazioni tradizionali di Gesù spesso lo presentano come il Messia, ma con un'accezione più spirituale e salvifica. Busi, al contrario, sottolinea il contesto messianico politico dell'epoca e sostiene che Gesù si identificasse come un re messianico che cercava di liberare il suo popolo dall'oppressione romana.

Significato dei titoli di Gesù: Busi offre una nuova interpretazione dei titoli attribuiti a Gesù, come "Cristo" (Messia) e "Re dei Giudei". Egli sostiene che questi titoli abbiano un significato politico più ampio di quanto tradizionalmente inteso, indicando il ruolo di Gesù come un re politico e un liberatore.

Azioni di protesta di Gesù: Mentre le interpretazioni tradizionali spesso vedono le azioni di Gesù, come la purificazione del Tempio, come gesti di protesta religiosa, Busi le interpreta come segni di una sfida politica diretta all'autorità romana ed ebraica. Egli sostiene che Gesù cercasse attivamente di destabilizzare l'ordine politico e religioso dell'epoca.

Contestualizzazione storica: Busi si immerge nel contesto storico dell'epoca, compresa l'occupazione romana della Giudea, per fornire un quadro più ampio delle tensioni politiche e sociali che potrebbero aver influenzato la vita e il messaggio di Gesù. Questo contesto storico è fondamentale per la sua interpretazione di Gesù come re ribelle.

In sintesi, l'interpretazione di Busi si differenzia dalle interpretazioni tradizionali di Gesù per ila sua enfasi sul ruolo politico di Gesù come re ribelle e per la sua interpretazione dei titoli, delle azioni e del contesto storico in cui Gesù visse. Questa interpretazione audace offre una prospettiva alternativa sulla figura di Gesù e sul suo impatto storico e politico.

Certo che per lui, figlio dellEnte Supremo, non fu facile diventare Uomo sulla Terra, soltanto un "microbo pianeta" nello spazio senza fine dell'Universo degli Universi. Un mistero che continua ad essere un Mistero .... ( )
  AntonioGallo | Sep 9, 2023 |
Chi è, veramente, Gesù? Sappiamo cosa è diventato dopo la sua morte, in duemila anni di fede cristiana. Ma come lo considerano i contemporanei? Cosa pensano quando lo ascoltano parlare e mentre lo vedono agire? È lui stesso a domandarlo ai suoi, in maniera insistente: «Chi dicono gli uomini che io sia?» (Mc 8,27).

Gesù proviene da un piccolo borgo rurale della Galilea. Non c’è dubbio che conosca bene la Torah, anche se tutto lascia pensare che sia un autodidatta. Si esprime con semplicità e si rivolge alla gente del popolo. La sua forza non è l’erudizione. Non è per studiare che ha abbandonato la casa, il lavoro, la famiglia. Se ne è andato, e ha scelto la vita del maestro itinerante, qualcuno dice del vagabondo, per rispondere a una chiamata. Cosa lo spinge lungo le rive del lago di Tiberiade, nella valle del Giordano, per le strade di Gerusalemme?

In principio è l’acqua. Gesù si avvicina al fiume, entra nella corrente, attende che avvolga il suo corpo. Poi si scuote, risale. Ed è allora che la vede. Una colomba lieve, leggera. Scende, dall’alto, da una distanza infinita, dal punto più lontano. Il cielo si è già aperto una volta, durante l’esilio di Babilonia. Lungo il canale Chebar, il profeta Ezechiele ha visto discendere un carro misterioso, in un fulgore di corpi, di lampi, di suoni (Ez 1,1). Ora Gesù guarda quella creatura, mansueta ma non meno enigmatica. Non importa che forma abbia scelto lo spirito, quello che conta è che venga, si posi, si libri fino a sfiorarlo. «Sei tu il mio Figlio, l’amato, in te ho posto la mia benevolenza» (Mc 1,11). Hanno udito anche gli altri? E se non hanno visto la colomba, cosa hanno potuto comprendere? Lui, sì, ha capito. Si è inciso le parole sul cuore. Non è in esilio come Ezechiele, divenuto profeta per risollevare il proprio popolo dalla pena dell’abbandono e della prigionia. Lo spirito è lì per avvicinarlo, ne è sicuro. Ma avvicinarlo a cosa? Nella vita di ogni mistico, e in questo non pensiamo che Gesù faccia eccezione, esiste una porta che separa «prima» e «dopo». C’è insomma un’esperienza biografica iniziale, che segna la presa di coscienza dei propri poteri spirituali. Un simile cambiamento può concretizzarsi in una visione, una percezione uditiva, un trauma o un’emozione debordante. Il vaso dell’anima si riempie, tracima, spande la propria energia per tutto il fisico, pervade la mente fino a trasformarla. L’apparizione dello spirito in forma di colomba e il risuonare della voce celeste sono a un tempo familiari e stranianti. Familiari perché ricordano le esperienze dei profeti biblici, che Gesù e i suoi contemporanei conoscevano intimamente. Ma sono anche stranianti. Quando il cielo si è aperto per lui, Ezechiele è stato sopraffatto da una scena arcana, stracolma di dettagli, un congegno cosmico su cui, nei millenni successivi, si è concentrato l’esoterismo ebraico. I quattro esseri viventi, che all’aspetto sembrano avere figura umana, ciascuno con quattro facce e quattro ali, descritti da Ezechiele, sono molto diversi dalla colomba solitaria che si libra su Gesù. Complessità da una parte, semplicità disarmante dall’altra.

Gesù «vede» la colomba, e «sente», grazie a lei, la forza divina, così lieve eppure tenace. È una presenza nascosta, interiore, quasi impalpabile, che lo lambisce. Affinché la colomba potesse arrivare a lui, si sono aperti i cieli. Secondo la concezione antica, la volta celeste separa il nostro mondo visibile da quello, invisibile, di Dio. Solo un prodigio può socchiudere, in casi eccezionali, la cortina celeste, spessa e opaca. Chi ha il privilegio di vedere al di là, si affaccia su di una dimensione al di fuori e al di sopra del tempo. Così è successo al profeta Ezechiele e così accade ora a Gesù. L’esperienza visiva e uditiva del Giordano segna una svolta decisiva.

D’ora in poi, Gesù è dentro e fuori dal tempo. È nel corso mondano degli eventi, della sofferenza, della gioia, della morte. Ma è anche fuori di questo tempo, immerso nell’eternità, in un «oltre» cosmico. Lui, che ha visto, passerà la vita, e accetterà la fine, nella consapevolezza di un tempo al di là del tempo. Come trasmetterla, una simile consapevolezza, come farla toccare, e vedere, a chi non ha potuto vedere né toccare?

Nel magistero di Gesù, il tempo ha una funzione fondamentale. Nelle sue parole e nei suoi atti, il tempo si muove, si trasforma. C’è un presente continuo, a cui egli fa costantemente riferimento, a cui richiama i discepoli. È il presente dello spirito, che viene, anzi, che è già venuto, come già è discesa la colomba sul Giordano. E c’è un tempo dell’incompletezza e della morte, dell’attesa e della delusione, che dev’essere superato, sconfitto. Portare tutti oltre il velo del visibile, farli passare attraverso il varco celeste, ecco la sua missione, l’annuncio che ha ricevuto quando si è immerso nel fiume dello spirito. Ci sono due forze che si scontrano qui. C’è la fede nel Dio che si è fatto uomo, e che lo vuole immacolato, onnisciente, da sempre e per sempre. E poi ci sono i Vangeli, che ci parlano di esperienze felici e di momenti d’ira, di certezze e di dubbi. Ogni mistico vive in prima persona il vortice dello spirito. Come fulmini che illuminano per un attimo e poi scompaiono, tornano a sciami, si oscurano, tacciono, così la coscienza del divino è intermittente, incostante, benefica e stravolgente.

Cercate nei Vangeli un protagonista sereno, impassibile? Troverete un uomo che trema, si adira, è felice con gli amici e furioso con gli avversari. Ma lo troverete dopo il Giordano. Dopo il cielo che si apre per lui e fa discendere, nel tempo, la colomba che viene da oltre il tempo.

aggiunto da AntonioGallo | modificaIl Sole 24 Ore Domenica (Sep 3, 2023)
 
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Chi è, veramente, Gesù? Sappiamo cosa è diventato dopo la sua morte, in duemila anni di fede cristiana. Ma come lo considerano i contemporanei? Cosa pensano quando lo ascoltano parlare e mentre lo vedono agire? Poco prima della fine, egli pronuncia su di sé parole «Io so da dove vengo, e dove vado. Voi, invece, non sapete da dove vengo e dove vado» ( Gv 8,14). Può questo messaggio di un «re» ebreo illuminare anche l'origine e la meta della nostra vita? Attraverso un fitto e appassionato dialogo con i Vangeli, Giulio Busi traccia il profilo di un Gesù ribelle, assai diverso dall'immagine del buon pastore, mite e mansueto, trasmessa da gran parte della tradizione cristiana. È il Gesù della polemica e dell'invettiva. E, insieme, il Gesù visionario che sovverte e trascende ogni limite di spazio e di tempo, in continuo movimento tra il «qui» della sofferenza e della sopraffazione e il «là» della pace e della vita spirituale. A delinearsi con chiarezza in queste pagine è, in particolare, una «storia ebraica» del maestro di Nazaret. Per lui, infatti, gli ebrei non sono mai «loro» ma «noi». E se la sua ribellione s'indirizza anche contro l'élite religiosa giudaica, è pur sempre la ribellione di un ebreo, orgoglioso della propria appartenenza, che sa interpretare la Torah in modo straordinariamente raffinato, eppure libero, nuovo, creativo. Alla fine, Gesù è un re proscritto, su cui pende un ordine di arresto. Un rabbi itinerante braccato e costretto a nascondersi. Quando sale a Gerusalemme per l'ultima Pasqua, sa che verrà tradito, catturato, percosso, ucciso. I suoi si sbandano, rinnegano. Solo un gruppo di donne non lo lascia nell'ora più oscura. E soltanto una donna cerca il proprio maestro e per prima lo trova, all'alba, in un giardino, al di là della morte. Il giudaismo ha rifiutato il regno senza potere impersonato da Gesù. Il cristianesimo ha trasformato la missione errante dei primi discepoli ebrei, senza famiglia e senza averi, senza bagaglio e senza armi, in una realtà solida, ben costruita, capace di durare per millenni. Ma la ribellione di Gesù ancora continua.
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