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Virtue Politics: Soulcraft and Statecraft in Renaissance Italy

di James Hankins

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In questo volume James Hankins, uno dei maggiori storici del nostro tempo, presenta un'ambiziosa nuova sintesi del pensiero politico rinascimentale nata attraverso l'analisi dei piu importanti fenomeni culturali dell'Italia e dell'Europa fra tardo Medioevo e Rinascimento che - sempre in dialogo con la filosofia classica - hanno influenzato le dottrine politiche di quei secoli e della successiva eta moderna. In particolare, l'autore indaga la politica della virtu, il progetto al centro del pensiero politico degli umanisti che insisteva sulla necessita, attraverso gli studia humanitatis, di migliorare il carattere del princeps e della classe dirigente piuttosto che riformare le istituzioni. Per fare questo Hankins passa in rassegna decine di autori, a volte celebri a volte poco noti, rivelando un nuovo volto del Rinascimento italiano: da Francesco Petrarca a Giovanni Boccaccio, da Leonardo Bruni a Flavio Biondo, da Ciriaco d'Ancona a Leon Battista Alberti, da Giorgio da Trebisonda a Francesco Filelfo, da Francesco Patrizi a Niccolo Machiavelli.… (altro)
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Virtue Politics is a magisterial work by one of the world’s leading experts on the intellectual history of the Renaissance. Selections of several of the chapters have been published previously: An early outline of Hankins’ understanding of virtue politics appeared in Beyond Reception (see my review at BMCR). Despite the range of thinkers the monograph addresses, it still presents a coherent and tightly-woven narrative. Hankins’ central thesis, contrary to the prevalent view of humanism as essentially a literary and stylistic movement, is that Italian humanism is a “movement of moral and political reform” (p. xv) and he avoids the identification of humanism with “republican”. In contrast to the frequent association between virtue politics and anti-democratic tendencies in antiquity, Hankins sees its Renaissance manifestation as compatible with different kinds of regime (p. xxi). This compatibility is possible since virtue politics concentrates on the character of the ruling elite, rather than on the redesign of political institutions; in this sense it is perhaps somewhat alien to us as an approach to political reform.
 

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Nome dell'autoreRuoloTipo di autoreOpera?Stato
Hankins, JamesAutoreautore primariotutte le edizioniconfermato
Baldassari, Stefano D.Traduttoreautore secondarioalcune edizioniconfermato
Downey, DonatellaTraduttoreautore secondarioalcune edizioniconfermato

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In questo volume James Hankins, uno dei maggiori storici del nostro tempo, presenta un'ambiziosa nuova sintesi del pensiero politico rinascimentale nata attraverso l'analisi dei piu importanti fenomeni culturali dell'Italia e dell'Europa fra tardo Medioevo e Rinascimento che - sempre in dialogo con la filosofia classica - hanno influenzato le dottrine politiche di quei secoli e della successiva eta moderna. In particolare, l'autore indaga la politica della virtu, il progetto al centro del pensiero politico degli umanisti che insisteva sulla necessita, attraverso gli studia humanitatis, di migliorare il carattere del princeps e della classe dirigente piuttosto che riformare le istituzioni. Per fare questo Hankins passa in rassegna decine di autori, a volte celebri a volte poco noti, rivelando un nuovo volto del Rinascimento italiano: da Francesco Petrarca a Giovanni Boccaccio, da Leonardo Bruni a Flavio Biondo, da Ciriaco d'Ancona a Leon Battista Alberti, da Giorgio da Trebisonda a Francesco Filelfo, da Francesco Patrizi a Niccolo Machiavelli.

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Descrizione del libro
In questo volume James Hankins, uno dei maggiori storici del nostro tempo, presenta un’ambiziosa nuova sintesi del pensiero politico rinascimentale nata attraverso l’analisi dei più importanti fenomeni culturali dell’Italia e dell’Europa fra tardo Medioevo e Rinascimento che – sempre in dialogo con la filosofia classica – hanno influenzato le dottrine politiche di quei secoli e della successiva età moderna. In particolare, l’autore indaga la politica della virtù, il progetto al centro del pensiero politico degli umanisti che insisteva sulla necessità, attraverso gli studia humanitatis, di migliorare il carattere del princeps e della classe dirigente piuttosto che riformare le istituzioni. Per fare questo Hankins passa in rassegna decine di autori, a volte celebri a volte poco noti, rivelando un nuovo volto del Rinascimento italiano: da Francesco Petrarca a Giovanni Boccaccio, da Leonardo Bruni a Flavio Biondo, da Ciriaco d’Ancona a Leon Battista Alberti, da Giorgio da Trebisonda a Francesco Filelfo, da Francesco Patrizi a Niccolò Machiavelli.

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Formare la persona e formare lo Stato nel Rinascimento italiano” (Viella) definito dalla critica un «capolavoro magistrale» e «forse il più importante studio mai scritto sul pensiero politico del Rinascimento» alla sua uscita due anni fa in inglese. In effetti il volume di Hankins segna uno spartiacque e divide la ricerca sulla teoria politica della prima età moderna in un prima e un dopo. In cosa consiste questa rottura? Nel XX secolo gli specialisti hanno raccontato il pensiero politico del Rinascimento come scontro frontale tra sostenitori delle repubbliche e dei principati. Da un lato gli amanti della libertà, dall'altro i propagandisti prezzolati del despotismo tirannico: in qualche caso addirittura in un'anticipazione della lotta tra le democrazie occidentali e Adolf Hitler. Negli ultimi venti anni, però, diversi studiosi hanno cominciato a contestare questa lettura. Troppi elementi non tornano. Anzitutto, è introvabile la contrapposizione tra repubbliche e principati cara agli storici novecenteschi: per gli umanisti la cesura corre infatti piuttosto tra le forme di governo rette, come la repubblica e il principato, e il governo illegittimo dei tiranni, i quali, invece di perseguire il bene comune, si preoccupano solo del tornaconto personale. Questo vuol dire che massima cura va posta nell'educazione di coloro che, in virtù dei loro illustri natali, sono destinati a rivestire le cariche pubbliche. Ed è precisamente a tale moralizzazione della politica che gli umanisti – in parte loro stessi tutori e docenti – indirizzarono le loro energie, nel tentativo di aiutare i futuri leader, indifferentemente repubblicani e principeschi, a liberarsi delle pulsioni egoistiche attraverso l'esempio degli antichi. Anzitutto nell'interesse dei loro sudditi.Che il libro sia destinato a venire discusso a lungo. È soprattutto una delle tesi di Hankins a suscitare perplessità. Secondo lo studioso di Harvard, l'umanesimo politico sarebbe una forma di meritocrazia finalizzata a promuovere il governo dei migliori. Nonostante gli umanisti aprissero eccezionalmente le porte delle loro scuole a qualche ragazzo del popolo di particolare talento, la ricerca storica ci dice però che a beneficiare del loro curriculum di studi improntato alla assimilazione dei classici furono quasi unicamente i rampolli della classe dirigente del tempo. Ciò non deve sorprendere: ai cultori del mondo greco e romano, infatti, non interessava tanto selezionare i più meritevoli quanto rendere più degni dal punto di vista morale coloro che, per nascita, erano chiamati a prendere in mano un giorno le redini dello Stato. Nella pratica, attribuendo alla nuova pedagogia il potere di rendere i governanti virtuosi, gli umanisti finirono così per offrire soprattutto una potente legittimazione delle vecchie gerarchie in un momento di crisi dei grandi poteri universali del Papato e dell'Impero. Le implicazioni elitiste del libro di Hankins sono evidenti. Non sorprende, perciò, che una delle obiezioni più solide alla virtue politics rimanga quella che agli umanisti rivolse un irriducibile sostenitore del governo popolare come Machiavelli: nessuna autoproclamata aristocrazia della virtù è davvero tale, dal momento che, con pochissime eccezioni, alla prova dei fatti «tutti equalmente errano» (cioè fanno il proprio interesse) «quando tutti sanza rispetto» (ossia impunemente) «possono errare».
Riassunto haiku

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