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La scuola cattolica di Edoardo Albinati
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La scuola cattolica (originale 2016; edizione 2016)

di Edoardo Albinati

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Roma, anni Settanta: un quartiere residenziale, una scuola privata. Sembra che nulla di significativo possa accadere, eppure, per ragioni misteriose, in poco tempo quel rifugio di persone rispettabili viene attraversato da una ventata di follia senza precedenti; appena lasciato il liceo, alcuni ex alunni si scoprono autori di uno dei pi©£ clamorosi crimini dell'epoca, il Delitto del Circeo. Edoardo Albinati era un loro compagno di scuola e per quarant'anni ha custodito i segreti di quella "mala educacion". Ora li racconta guardandoli come si guarda in fondo a un pozzo dove oscilla, misteriosa e deforme, la propria immagine. Da questo spunto prende vita un romanzo, che sbalordisce per l'ampiezza dei temi e la variet© di avventure grandi o minuscole: dalle canzoncine goliardiche ai pensieri pi©£ vertiginosi, dalla ricostruzione puntuale di pezzi della storia e della societ© italiana, alle confessioni che ognuno di noi potrebbe fare qualora gli si chiedesse: "Cosa desideravi davvero, quando eri ragazzo?". Adolescenza, sesso, religione e violenza; il denaro, l'amicizia, la vendetta; professori mitici, preti, teppisti, piccoli geni e psicopatici, fanciulle enigmatiche e terroristi. Mescolando personaggi veri con figure romanzesche, Albinati costruisce una narrazione che ha il coraggio di affrontare a viso aperto i grandi quesiti della vita e del tempo, e di mostrare il rovescio delle cose.… (altro)
Utente:ShanaPat
Titolo:La scuola cattolica
Autori:Edoardo Albinati
Info:Milano, Rizzoli, 2016
Collezioni:In lettura
Voto:
Etichette:n.p.

Informazioni sull'opera

La scuola cattolica di Edoardo Albinati (2016)

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Premio Strega 2016
  casafallai | Feb 9, 2019 |
Questo romanzo che non è un romanzo è vero che è:
eccessivamente lungo, a tratti noioso anzi talmente noioso da appoggiarlo sul comodino e dimenticarsene per un poco, ripetitivo, innervosente (soprattutto quando, e ancora una volta, si mettono a confronto i bei tempi andati con le generazioni di oggi, e dai basta!). Insomma si sarebbero potute tranquillamente usare le forbici senza temere di passare per censori.
Però questo romanzo che non è un romanzo è anche:
onesto, si percepisce la volontà della ricerca della verità, prima di tutto nei confronti di se stessi, di chi si era, di chi si è e come si è arrivati ad essere quello che si è; per chi quei tempi li ha solo sentiti raccontare (e per quel che mi riguarda da mio nonno più che da mio padre) è direi, quasi un manuale sociologico che in fondo riesce a fare almeno immaginare gli scontri ideologici così forti di quei tempi. Ed è una riflessione aperta sulla propria generazione (o perlomeno su quella fetta della propria generazione che si è conosciuta) e se esiste davvero qualcosa che si chiama generazione. Ma, ancora di più, è una riflessione sull’essere uomo: come declino questo essere quello che sono? Se fra le persone che conosco ci sono 5, 10, 20 stupratori, lo sono anche io almeno un poco? E’ un libro retorico sui mea culpa degli uomini? Fortunatamente no. E’ un libro femminista? Ancora meno. E’ un libro scritto da un uomo per gli uomini che pone domande e si da risposte (anche se confuse a volte) che sarebbe ora si ponessero.
Insomma, all’interno dei tanti difetti di questo libro, ho trovato una scrittura interessante, forte, anche poetica nella ricerca di una verità che alla fine non esiste o se è esiste è sempre parziale e dipende dalla porzione di realtà che si è avuto la fortuna (o la sfortuna) di vivere. Per cui il mio giudizio complessivo è buono, anche se condivido molti dei difetti che gli sono stati trovati. ( )
  eloelisa92 | Nov 30, 2017 |
Incipit
Fu Arbus ad aprirmi gli occhi. Non che prima li tenessi chiusi, ma di quello che i miei occhi vedevano non potevo affatto essere sicuro, forse erano immagini proiettate per illudermi o rassicurarmi, e io numero capace di nutrire dubbi sullo spettacolo che mi veniva offerto ogni giorno e che viene chiamato la vita. Da una parte accettavo senza discutere tutto ciò che tocca in sorte a un ragazzino di tredici, quattordici, quindici anni degli altri anni in fila che servono per portare a compimento quella “fase” (l’ho sempre sentita definire come una ” fase”, un ” momento”, anche se può durare allungo, un “momento delicato”, o addirittura una “crisi”, a cui per la verità seguiranno altri momenti e fasi altrettanto delicate o critiche, avvicendandosi l’una dopo l’altra senza intervalli fino a quando uno è grande, adulto, vecchio, e infine morto), mi cibavo senza far storie alla mensa quotidiana dove vengono apparecchiate le cose che accadono a qualsiasi adolescente, gli affari in cui è immerso e intanto cresce, si sviluppa (ecco “sviluppo”, altra parola-chiave usata degli adulti per scardinare i lucchetti dell’adolescenza, la difficile “età dello sviluppo”, lo “sviluppo della personalità”, e poi l’orribile espressione in transitiva “ha sviluppato”, che sigilla con una ceralacca untuosa i segreti genitali) magari senza un preciso ordine, ma che formano riportate immancabili del pasto di un adolescente: la scuola, il calcio, gli amici, le frustrazioni, le eccitazioni, il tutto punteggiato da telefonate e rifornimenti di benzina e cadute dal motorino – insomma esperienze comuni.
Dall’altra parte però, venivo punto da un sentimento the perplessità. Era proprio questa, la vita? Cioè, era la mia vita? Dovevo fare qualcosa perché fosse mia, o mi veniva fornita e garantita così? Me la dovevo guadagnare o meritare? Forse era provvisoria, e presto sarebbe stata sostituita da quella definitiva. Ma in questo caso dovevo cambiarla io o ci avrebbe pensato qualcun altro? Un evento esterno? La vita può essere un fatto straordinario o normale. La mia di che tipo era? Fino a quando non entrò Arbus nella storia, queste domande, che ora sono perlomeno in grado di formulare, pur avendo del tutto abbandonato la pretesa di rispondervi, non affioravano nemmeno, si dissolvevano prima di arrivare alla superficie della mia coscienza, lasciando sono un leggero tremore.

Già dall’incipit, si percepisce il tono disincantato e spesso cinico di questo libro, che rifugge dei luoghi comuni e dalle valutazioni scontate.
È difficile fare una recensione sia per la quantità del testo, sia per la sua strana forma. Non è, infatti, romanzo, anche se ci sono delle parti narrative, delle storie. In particolare, c’è il famoso delitto del Circeo (DdC), che appare e scompare nei numerosi capitoli, ma che è sempre presente sullo sfondo e viene usato dall’autore come lo specchio di un’epoca, di un quartiere, ma forse, più in generale, dell’Italia degli anni ‘60 e ’70.
Altre storie riguardano la gita della famiglia Rummo intorno al lago, con la tragica morte della bambina Giaele, le vacanze a Punta Ala con Max, l’amico fascista, gli episodi di vita scolastica, l’esperienza con i carcerati a Rebibbia.

Quindi, i luoghi sono Roma, in particolare l’istituto San Leone Magno (SLM) e il quartiere Trieste (QT), poi Punta Ala, luogo delle vacanze estive, Lavarone, per la settimana bianca, il Circeo, naturalmente, e il carcere di Rebibbia.

Ci sono numerosi personaggi nel testo, ma tutto ruota intorno a Edoardo Albinati, perché è della sua vita, delle sue esperienze e dei suoi luoghi che parla il libro. Ci sono, poi, i compagni di scuola: Arbus, il più importante, il genio della scuola, l’amico di riferimento; Rummo, lo psichiatra cattolico; Jervi, il compagno ricco destinato ad una tragica fine; Pierannunzi, figlio di un giocattolaio, di una mascolinità sovrabbondante; Marco Lodoli, con l’episodio della rottura degli occhiali; Zarattini, il più esile ed effeminato; Zipoli, che usava un quaderno per tutte le materie, cancellandolo ogni anno; Chiodi, sadico e poi suicida; Crasta, detto Bradipo, che si infilava il cappuccio della bic nell’orecchio; Picchiatello, detto Pik, autistico, il bersaglio di tutta la classe; Marco d’Avenia, al centro di un episodio sadomaso; Ferrazza, il fascista “forgiato”; Regazzoni, che con le sue e-mail cercherà invano di riunire tutti i compagni di classe.

I professori del SLM: fratel Gildo, professore di filosofia, meticoloso e freddo, fa lezioni ripetitive e noiose; Svampa, professore omosessuale di chimica, vittima di un tremendo scherzo degli allievi; De Laurentiis, napoletano, professore di lettere antiche, cultore di musica greca; Mr. Golgota, professore laico di religione, in una scuola cattolica, vittima di continue prese in giro; il Preside, dagli occhiali scuri, temuto dagli allievi; Cosmo, il più importante, quello che più ha segnato la vita di Edoardo e di Rummo. Cosmo morirà assistito da un’infermiera e da Rummo e lascerà dei quaderni con pensieri sparsi, riportati nei capitoli finali del testo.

Importanti sono anche i vari professori di ginnastica: fratello Curzio, scoperto mentre andava a prostitute, viene poi sostituito; Tarascio, professore maschio, muscoloso e rugoso, meridionale, sempre in canottiera; “Courbet”, professore al Giulio Cesare, pittore di nudi, con cui si affrontano temi sessuali nel suo atelier; Caligari, istruttore di nuoto, vuol fare diventare delle statue i suoi allievi.

I preti: fratel Barnaba, addetto alla piscina e alle attività extra scolastiche, il “prete intelligente”; padre Edoardo, della parrocchia di Sant’Agnese, conosciuto in occasione della benedizione della casa dell’autore; padre Marenzio, al centro di un episodio ambiguo, durante la vacanza a Lavarone.

Poi ci sono le donne: cosa più importante è Leda (Perdìta), la sorella di Arbus, “fuoco di Sant’Antonio della mia giovinezza”; Bettina, la ragazza tedesca diciottenne, conosciuta in Spagna e poi rivista a Roma; Rosetta Mauri, detta Rosi, la ragazza bionda innamorata, ma non ricambiata, di Jervi; Romina, la bellissima sorella di Jervi; Ilaria, la mamma di Arbus; la mamma di Pik, un’attrice somigliante a Lucia Bosè, al centro delle fantasie adolescenziali dell’autore.
Infine, i tre protagonisti del DdC, Angelo, il Legionario e Subdued, anch’essi legati alla scuola cattolica del SLM, oltre a vari personaggi del sottobosco fascista come Cassio Majuri, uno spacciatore che sarà la fine giustiziato dai suoi camerati, in occasione di un finto stupro di gruppo.

I temi
Il delitto del Circeo, di cui in parte ho già parlato.
La scuola cattolica, naturalmente.
Il cattolicesimo, nei suoi vari aspetti: Gesù, Dio, la preghiera, la Messa, la Confessione, I ritiri spirituali, il masochismo, il peccato.
La sessualità: l’omosessualità, la sensualità, la libertà sessuale e la repressione, lo stupro, la virilità e la femminilità, la psicanalisi, l’eccitazione, la verginità, il corpo maschile il femminile.
La borghesia: la classe media, l’educazione borghese, la famiglia, il matrimonio e il patrimonio, l’eredità, l’autorità, la distinzione, il gusto.
L’adolescenza: il cameratismo, la violenza, la crudeltà, il linguaggio, la morte, l’amicizia.
La politica: il fascismo, la sinistra extraparlamentare, la violenza politica.
Il carcere.
La musica.
Il cinema.
La droga.

Alla fine, penso di aver capito che libro è questo: è un insieme di pensieri che si possono leggere anche aprendo le pagine a caso, è uno Zibaldone moderno.
Ma è anche un contro Cuore, cioè un libro Cuore postmoderno, cinico e crudele, ma sempre appassionato e sincero.

In chi ha vissuto quegli anni, nella propria adolescenza e giovinezza, questo libro suscita confronti e ricordi, come se l’adolescenza di Albinati fosse una fonte di calore che, messa vicino alla propria, trasmettesse parte di questo calore, in modo da risvegliare e far emergere più nitidamente la propria memoria. ( )
  ren47 | Dec 22, 2016 |
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And that the unclean spirit, having left a body, might find seven others even worse.
--Blaise Pascal, Compendium of the Life of Jesus Christ
Dedica
Incipit
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Het was Arbus die me de ogen opende.
Citazioni
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Elogi
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Roma, anni Settanta: un quartiere residenziale, una scuola privata. Sembra che nulla di significativo possa accadere, eppure, per ragioni misteriose, in poco tempo quel rifugio di persone rispettabili viene attraversato da una ventata di follia senza precedenti; appena lasciato il liceo, alcuni ex alunni si scoprono autori di uno dei pi©£ clamorosi crimini dell'epoca, il Delitto del Circeo. Edoardo Albinati era un loro compagno di scuola e per quarant'anni ha custodito i segreti di quella "mala educacion". Ora li racconta guardandoli come si guarda in fondo a un pozzo dove oscilla, misteriosa e deforme, la propria immagine. Da questo spunto prende vita un romanzo, che sbalordisce per l'ampiezza dei temi e la variet© di avventure grandi o minuscole: dalle canzoncine goliardiche ai pensieri pi©£ vertiginosi, dalla ricostruzione puntuale di pezzi della storia e della societ© italiana, alle confessioni che ognuno di noi potrebbe fare qualora gli si chiedesse: "Cosa desideravi davvero, quando eri ragazzo?". Adolescenza, sesso, religione e violenza; il denaro, l'amicizia, la vendetta; professori mitici, preti, teppisti, piccoli geni e psicopatici, fanciulle enigmatiche e terroristi. Mescolando personaggi veri con figure romanzesche, Albinati costruisce una narrazione che ha il coraggio di affrontare a viso aperto i grandi quesiti della vita e del tempo, e di mostrare il rovescio delle cose.

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