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Osservata dalla prospettiva (dell'epilogo) di questo volume, la trilogia dedicata al poliziotto in pensione Bill Hodges lascia alquanto perplessi. L’iniziale ‘Mr. Mercedes’ e 'Fine turno' possono essere visti quali due parti del medesimo romanzo, mentre ‘Chi perde, paga’ è una sorta di intermezzo utilizzato da King per rivisitare alcuni suoi luoghi tipici. Inoltre doveva trattarsi di un’incursione nel noir: promessa mantenuta per le prime puntate, ma che viene persa del tutto di vista fra queste pagine, in cui il Re si butta a capofitto in tematiche a lui evidentemente più cari itilizzando l’accresciuta potenza mentale di Brady Hartsfield. Nella prima puntata, il cattivone della storia era il classico serial-killer dall'adolescenza problematica, mente brillante ma deviata dalle difficoltà della vita verso territori pericolosi per il prossimo (vicino o remoto che fosse): qui si trasforma in un vero e proprio uomo nero in grado di prendere possesso delle menti e, in seguito, pure dei corpi altrui. E' innegabile che i capitoli a lui dedicate siano i più interessanti grazie alla capacità di far scendere un brividino per la schiena così tipica del loro autore: molto kinghiana è la descrizione di come Hartsfield vada a toccare le corde più dolorose presenti in ogni persona, in special modo negli adolescenti, per spingerle al suicidio portando alla perfezione un'arte sperimentata con Olivia Trelawney nonchè, avendo minor successo, con lo stesso Hodges senza dover ricorrere al paranormale. Però le stesse vicende portano l'atmosfera fuori dal seminato per finire nell'equivoco sul genere di cui all'inizio: dimenticando allora le dediche a James M. Cain, ci si trova fra le mani un lavoro dalle atmosfere classiche dello scrittore del Maine contrassegnato dagli alti e bassi purtroppo abituali negli ultimi tempi. Se i primi sono ad appannaggio quasi in esclusiva di Brady, del quale può forse risultare un po’ faticosa la ricostruzione in flashback delle imprese, i secondi riguardano i buoni dei quali – non è uno spoiler grave – nessuno muore (almeno per mano del cattivo di turno) come ormai di regola nei romanzi recenti. La coppia Holly/Jerome non brilla per particolare simpatia, mentre al povero Hodges viene inflitto un supplizio sanitario al cui confronto l’infarto di ‘Mr. Mercedes’ era una passeggiata: l’eroe spezzato è comunque una bella idea, sebbene resti l’impressione che l’autore, vista l’età non più verde, con il suo personaggio abbia praticato una sorta di esorcismo. Al termine di tali montagne russe qualitative, ci si ritrova a meditare sull’ennesimo tomo dell'omone (compreso il solito finale deboluccio – per fortuna che, se non altro, l’ambientazione è affascinante) che nulla aggiunge e nulla toglie allo status da tempo fissato: intrattiene con piacere sulla scorta di una scrittura scorrevole, ma è difficile che conquisti nuovi appassionati e, soprattutto, non spinge a controllare che non ci siano mostri sotto al letto. ( )
King termina (per fortuna...) la trilogia del detective Hodges, iniziata con Mr.Mercedes e proseguita con Chi perde paga. Trama alquanto scontata, niente di più di un qualsiasi poliziesco. Non si capisce poi se ormai li scrive lui o se c'è un ghost writer a supportarlo... Per chi ama il miglior King è meglio cercare nella produzione passata. ( )
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Get me a gun Go back into my room I'm gonna get me a gun One with a barrel or two You know I'm better off dead than Singing these suicide blues. --Cross Canadian Ragweed
Dedica
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For Thomas Harris
Incipit
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It's always darkest before the dawn.
Citazioni
«Ascolta, come fa a esserci un alto numero di feriti al City Center? Dovrebbe essere chiuso. Persino Dio è ancora a nanna».
Mia madre aveva ragione: nessuna buona azione resta impunita.
Stavolta non sarò bloccato da un infarto, pensa. Stavolta ho soltanto il cancro, Brady, una bazzecola. L'idea lo fa sghignazzare. Che male, però.
I due sogghignano, il giovane con parecchi denti in più.
Osserva i quattro giocatori di carte, soprattutto i due calvi. Uno ha un bell'aspetto, o almeno quanto può averlo lui stesso, ma il compagno ha occhi scavati e cadaverici. Il piede destro nella tomba e il sinistro su una buccia di banana, avrebbe commentato suo padre. Il pensiero che lo attraversa è troppo complicato per essere espresso a parole, troppo intriso di un misto angosciante di rabbia e tristezza. Certa gente sperpera distratta ciò che altri venderebbero l'anima per avere: un corpo sano e privo di dolore. E perché si comporta così? Perché è troppo cieca, troppo segnata dall'esistenza o troppo egocentrica per superare con lo sguardo il buio dell'orizzonte in attesa dell'alba. Che non smette mai di sorgere, a patto di continuare a respirare.
Holly fissa il crisantemo. Il fiore splende rosso-arancio sotto la lapide grigia dall'iscrizione molto semplice. KERMIT WILLIAM HODGES e, dopo le rispettive date, FINE TURNO.
[Nota dell'autore] È vero anche il numero della linea diretta statunitense per la prevenzione del suicidio citato in queste pagine … Se vi saltano in testa idee del cacchio, per usare un termine caro a Holly Gibney, non esitate a contattarlo. Perché qualsiasi situazione può migliorare, se gliene darete l'occasione.
Ultime parole
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They leave Fairlawn and walk back out into the world together.